Lui è un capitano militare in missione nella ex Jugoslavia con l’obiettivo di catturare un criminale di guerra, l’altro è un giovane pacifista solito a sit-in e manifestazioni contro ogni tipo di iniziativa violenta. Distanti per generazione, scelte di vita e di pensiero, sono in realtà molto più vicini di quanto non possa sembrare. E non solo perché i nostri due protagonisti sono, in realtà, padre e figlio.
Francesco Lagi, autore teatrale, sceneggiatore e già regista di un episodio di 4-4-2 – Il gioco più bello del mondo, dirige una commedia dai contorni farseschi col chiaro intento di prendersi gioco degli estremismi esasperati. I due protagonisti forniscono una buona, e in qualche caso divertente, rappresentazione di quell’atteggiamento ottuso che tutti, prima o poi, abbiamo dovuto incontrare nella vita. L’atteggiamento di chi ha sposato – a ragione o a torto – una visione del mondo, dimenticando sfumature e punti di vista differenti e finendo per ridurre il tutto ad un imperativo svuotato di senso. Nel film, prima che una connotazione politica (mai presente in maniera evidente), la farsa sembra prendere di mira un malcostume (italiano?) tipico, figlio dell’arroganza e della superficialità, come dell’incomunicabilità, fattore quest’ultimo, ben evidenziato nel film dal rapporto fra padre e figlio. Lagi, così, oltre a raccontare a suo modo il mondo delle cosidette "missioni di pace", coglie e ironizza su un atteggiamento, una deriva comportamentale di cui non possiamo non prenderci gioco, senza tuttavia evitare di preoccuparcene. Militarismo, pacifismo, clero e famiglia sono le linee guida di una comédie humaine allo sbaraglio, senza reali punti fermi, in barba alle convinzioni che i personaggi proclamano a gran voce. Il film ha il merito di trasformare il tutto in una piacevole commedia, capace di non prendersi mai troppo sul serio, nonostante i temi importanti messi in campo. A tratti il risultato è quasi esilarante quando Lagi immagina un Che Guevara in crisi (di valori) ciondolarsi dentro un negozio IKEA alla ricerca di una sedia da acquistare o pensare a Maradona come possibile candidato a ricoprire una carica istituzionale.
C’è da rilevare, tuttavia, che Lagi non riesce a trovare la giusta misura e i suoi toni farseschi finiscono per allentare il racconto, rendendolo poco incisivo e mai davvero pungente. Ed è un peccato. Lo si vede soprattutto nella scrittura, quando i principali snodi drammaturgici (la coincidenza della meta di viaggio dei due protagonisti, la cattura del ricercato di guerra) appaiono frettolosi, privi di solida struttura, con qualche deriva decisamente stonata (le incursioni pulp relative al criminale di guerra). Il tutto si salva, in parte, grazie alle interpretazioni degli attori (Silvio Orlandi, Alba Rohrwacher, Filippo Timi, Francesco Brandi) e alla voglia e coraggio di narrare con ironia i tratti grotteschi di una società tutt’altro che immaginaria.
TITOLO ORIGINALE: Missione di pace; REGIA: Francesco Lagi; SCENEGGIATURA: Umberto Contarello, Filippo Gravino, Francesco Lagi, Marco Pettenello; FOTOGRAFIA: Arnaldo Catinari; MONTAGGIO: Danilo Torre; MUSICA: Bugo; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2011; DURATA: 90 min.
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