Durante il mese di giugno il Museo Nazionale del Cinema ha presentato, presso la sala 3 del Cinema Massimo di Torino, una rassegna sul cinema di Age e Scarpelli (al secolo Agenore Incrocci e Furio Scarpelli), i due sceneggiatori sicuramente più significativi della commedia all'italiana nel suo stile più pungente. Il loro intenso rapporto professionale iniziò nel 1949 con Totò cerca casa (di Steno e Monicelli) e proseguì per quasi quarant'anni legandosi all' attività di ben quarantacinque registi. Le loro sceneggiature rincorrono la metamorfosi del pensiero popolare mettendo in scena senza imbarazzo, ma, anzi, con orgoglio e divertimento vizi e virtù degli italiani: una sorta di cinema specchio della struttura socio–culturale del nostro paese, delle sue abitudini, tradizioni, debolezze e ostinazioni, utilizzando come efficace mezzo d'indagine una satira tanto coinvolgente da confondersi con l'ironia.
Un esempio su tutti: I soliti ignoti, uno dei risultati più brillanti dell'intenso rapporto artistico dei due con Mario Monicelli (proseguito poi con La grande guerra, Risate di gioia, I compagni, L'armata Brancaleone). A questo film, datato 1958, si fa risalire l'origine di quella particolare derivazione nostrana della commedia denominata, appunto, "commedia all'italiana", potendovi riscontrare, rispetto ai film comici precedenti, tutto un complesso di elementi talmente innovativi da considerare aperta una nuova fase del cinema nostrano. Innanzitutto risulta straordinario il taglio narrativo dell'opera che, per la prima volta, introduce quella forte ambiguità tra dramma e commedia che risulterà poi essere il carattere distintivo del genere. La storia si potrebbe prestare infatti sia ad una soluzione di tipo comico che ad una di tipo drammatico, e a supporto di questo vi è l' introduzione della novità in assoluto più clamorosa: la morte violenta di uno dei personaggi, Cosimo (Memmo Carotenuto), che viene travolto da un tram mentre fugge dopo un tentato scippo. Le gags si miscelano ai drammi quotidiani, dai più piccoli ai più tragici: e qui, per la prima volta in una pellicola brillante, compare addirittura la morte.
La svolta di questo film appare radicale anche nel nuovo modo di trattare gli eroi che, cosa fino ad allora inedita per il cinema "leggero", vengono connotati socialmente ed espressi "a tutto tondo": contro la tendenza all'omologazione dei personaggi in voga nel cinema degli Anni Cinquanta, qui il bozzetto lascia il posto a delle personalità ben definite, distinte anche da una forte sensibilità per le sfumature dialettali. Michele (Tiberio Murgia) e la sorella (Claudia Cardinale) parlano marcatamente siciliano, Capannelle (Carlo Pisacane) sfoggia un fortissimo accento bolognese, Cosimo parla un colorito dialetto romano, mentre Norma (Rosanna Roy), la ragazza di cui si innamora il protagonista Peppe (Gassman), è lombarda.
Il film segna anche l'avvio di un impiego in chiave comica di attori già noti in collocazioni diverse: Marcello Mastroianni per esempio, ma soprattutto Vittorio Gassman che, per le sue caratteristiche fisiche (il naso aquilino, lo sguardo accigliato) aveva recitato sempre in ruoli da antagonista; l'alchimia di un cast ricco ed eterogeneo poi - che oltre ai sopra citati attori vide il debutto di Claudia Cardinale e la partecipazione davvero straordinaria di un già famosissimo Totò - contribuisce non poco a rendere I soliti Ignoti una pellicola ancora oggi piacevolissima, di ottimo gusto pur nelle sue venature amare, ma proprio per questo vere. La regia monicelliana, inoltre, riesce ad esprimere il miglior compromesso tra il cinema d'autore e il film da botteghino; l'interesse di questo regista per le vicende collettive, per le storie di gruppo più che per i casi singoli, gli permette di partire da una realtà minima per arrivare all' immediata percezione di una dimensione più ampia e, proprio per questo, universale. Il tema dell'amicizia virile, tradizionalmente estraneo, fino ad allora, alla cultura spettacolare italiana (ed invece centrale in quella americana), è una delle caratteristiche nuove più importanti ed accattivanti di questo film: il mondo maschile diviene quasi una metafora di quello dell'infanzia, nel quale i personaggi vivono la dimensione della banda come una liberazione dalla famiglia e come dimostrazione della loro crescita e della raggiunta autosufficienza.
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