Abitare dove è accaduto qualcosa di impensabile: una città priva di immigrati, dove ti svegli al mattino e non c’è più la signora delle pulizie moldava, l’operatore ecologico cingalese, il fruttivendolo marocchino, o l’ucraino che fa l’uomo di fatica al mercato rionale. Il pensiero collettivo si divide fra coloro che ne gioirebbero (per fortuna sempre in minoranza) e quelli che lo troverebbe disastroso per gli equilibri sociali. Nel giro di poco tempo anche i primi finirebbero (e come dubitarne) nella schiera dei secondi. È il mondo che ci illustra questa pellicola, terzo lungometraggio del campano Francesco Patierno, dopo Pater familias e Il mattino ha l’oro in bocca.
Nel cast troviamo al servizio del regista un Abatantuono che si fa “mostro”, interpretando l’imprenditore Golfetto, pubblicamente xenofobo e blaterante – la cui frase “prendete il cammello e tornate a casa” si rifà alla reale esibizione del politico AN Prosperini su una TV privata lombarda – , Mastandrea, cinico ed egoista poliziotto dalla maschera perennemente indolente, e la Lodovini, una maestra di scuole elementari che crede ciecamente nell’integrazione, seppur consapevole dei limiti di una società ancora non del tutto matura per accettarla. Seppur da omaggiare per gli intenti, parliamo di un film dai contorni scarni, che si basa in gran parte sulla consistenza della sola sceneggiatura (che ha mutuato l’idea di base dalla pellicola Un giorno senza messicani di Sergio Arau), con una fotografia di impianto minimalista e una scenografia essenziale. Eppure il messaggio arriva e arriva eccome. E questo messaggio altro non è se non una domanda che aleggia costantemente tra le sequenze di Cose dell'altro mondo: ma davvero noi italiani siamo stati capaci di perdere così in fretta la memoria collettiva di popolo di migranti?
Tra istrionismi di Abatantuono, ripetuti paradossi tragicomici e molta riflessione, il film può essere apprezzato da chi cerca un giusto mix tra risata a denti stretti e un tocco di distaccata drammaticità. Quello di Patierno, più che un film fanta-storico, altro non è che una riflessione in movimento: non offre una prospettiva, ma sembra solo assecondare le fantasie apocalittiche che fluiscono da una linea di ragionamento esclusivamente razziale che sta facendo troppo rapidamente proselitismo (e che, come la storia tristemente ci insegna, attecchisce maggiormente nei periodi economici più oscuri), specie alla sommità del nostro stivale, essendo spesso incoraggiata (purtroppo) anche da figure istituzionali. Onore agli autori e ai produttori che hanno avuto il coraggio di cogliere il momento storico con la lente della necessaria autocritica sociale, anche se i risultati al botteghino possono risultare tutt’altro che stratosferici. Questo perché in Italia parlare di intolleranza non è affatto un esercizio di stile, ne mai lo sarà.
TITOLO ORIGINALE: Cose dell’altro mondo; REGIA: Francesco Patierno; SCENEGGIATURA: Diego De Silva, Giovanna Koch, Francesco Patierno; FOTOGRAFIA: Mauro Marchetti; MONTAGGIO: Cecilia Zanuso; MUSICA: Simone Cristicchi; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2011; DURATA: 90 min.
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