Quello di Sorelle mai rappresenta per Marco Bellocchio un “ritorno a casa” sotto diversi aspetti. Materiale, innanzitutto: il film, anticipato da Sorelle nel 2006, è stato realizzato nell'arco di più di dieci anni, dal 1999 ad oggi, nella cittadina di Bobbio, dove ogni estate il regista presiede un laboratorio di recitazione. Il lasso di tempo in cui si svolge la storia corrisponde quindi a quello che ha visto l’autore di La Cina è vicina avvicinarsi per poi allontanarsi periodicamente dal suo paesello natale, anche lui, come i personaggi che racconta, legato da un rapporto di amore-odio verso una provincia che al tempo stesso lo attrae e lo respinge.
In secondo luogo, un ritorno “alla casa” in senso tematico. Dopo aver trovato una vera e propria seconda giovinezza nell’immaginare i risvolti privati di alcuni episodi storici (vedi Buongiorno, notte e Vincere), la filmografia bellocchiana chiude il cerchio e approda là da dove era partita. Nella prima parte è proprio lo stesso montaggio a suggerire un significativo parallelo con I pugni in tasca, giustapponendo alle scene di interni famigliari e alle riprese nel cimitero un contrappunto di spezzoni tratti dall’indimenticata opera prima. Le location rimangono uguali a sé stesse, ma manca il volto contratto di Lou Castel, la sua rabbia, prima repressa e poi sfogata nel più tragico dei modi, contro un nucleo famigliare che lo opprimeva. Un espediente apparentemente autoriferito, questo, ma che in realtà prosegue una riflessione inaugurata tre decenni fa, quando argomenti quali casa e famiglia e i rispettivi modelli “borghesi” dettavano l’ordine del giorno nel dibattito sessantottino. Oggi il Bellocchio-pensiero al riguardo appare per forza di cose più ponderato, ma non per questo meno sensibile all’immobilismo e all’asfissia che proviene dai cosiddetti ambienti sociali primari.
Infine, Sorelle mai è un ritorno personale: malgrado non appaia mai in scena, il cognome di quasi tutti gli attori principali, la familiarità di un Gianni Schicchi commovente e l’impressionante somiglianza con il figlio Piergiorgio (già accreditato in altre pellicole paterne, ma nei panni del protagonista un’autentica sorpresa) contribuiscono a fare del regista una presenza immanente a tutto il film. Si respira dell’autobiografismo sentito tanto nel personaggio di Giorgio, che dalla mediocrità di Bobbio e della provincia non riesce ad emanciparsi, quanto in quello della sorella Sara – ovvero Donatella Finocchiaro, fra i pochi volti noti coinvolti –, un’aspirante attrice che per seguire la propria strada è spesso costretta ad abdicare ai propri doveri di madre. Ma l’atmosfera è “intima” anche grazie alla particolare naturalezza che contraddistingue tutta l’operazione: quando non va ad infilarsi in qualche forzatura troppo “scritta” (l’episodio con Alba Rorwacher, ma anche il finale, sia pure bello e significativo per l’economia del racconto) Sorelle mai è una grande pagina di sperimentazione cinematografica, in grado di regalare alcuni importanti momenti di verità.
TITOLO ORIGINALE: Sorelle mai; REGIA: Marco Bellocchio; SCENEGGIATURA: Marco Bellocchio; FOTOGRAFIA: Marco Sgorbati, Giampaolo Conti; MONTAGGIO: Francesca Calvelli; MUSICA: Carlo Crivelli, Enrico Pesce; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2010; DURATA: 105 min.
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