Si è perso ormai il conto delle pubblicazioni riguardanti Orson Welles, il regista che con la sua opera laboriosa e tormentata ha contribuito a scrivere, e riscrivere, la storia del cinema. Ma una così copiosa produzione su un unico argomento si deve proprio alla caratteristica polisemia del lavoro di Welles, che inevitabilmente genera ad un foltissimo numero d'interpretazioni.
Ebbene, questa è la volta di Gherardo Casale che tenta di far chiarezza su quell'intricato complesso di citazioni, rimandi, omaggi e rivisitazioni del drammaturgo inglese, che l'autore de La signora di Shangai ha messo in scena nel corso di tutta la sua carriera artistica.
Attraverso un percorso efficacemente suddiviso in quattro tappe fondamentali (Shakespeare e la poetica di Orson Welles, La formazione, Shakespeare per il teatro, "Macbeth" per lo schermo), Casale ripercorre la strada che portò il regista a misurarsi, in teatro come al cinema, con i testi di Shakespeare che costituirono per lui una vera e propria passione o forse, sarebbe meglio dire, un'ossessione. Una strada che inizia dall'assimilazione e il superamento della lezione di Gordon Craig, verso la scelta di una lettura shakespeariana completamente antinaturalista, con il programmatico scopo di costruire una "reality of illusion" che costringa lo spettatore a fruire in maniera cosciente della finzione cui sta assistendo.
A sostegno del punto di vista di Casale, in appendice si può consultare una nutrita selezione di documenti (fotografie, scritti e bozzetti) che arricchiscono e completano questa pubblicazione che celebra il grandioso omaggio allo scrittore inglese che Welles, alla stregua di Bergman con Strindberg, perpetuò durante tutta la sua carriera.
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