In un’era in cui all’uscita di ogni film siamo abituati a leggere “tratto dall’acclamato bestseller”, o “ispirato al grande romanzo”, o “basato sul videogame di successo”, leggere che una pellicola è “liberamente ispirata ai racconti fatti a tavola da Fausto Mesolella” ci comunica subito un senso di intimità, di calore umano. Una carezza. Quella carezza verso il pubblico di cui parla Fabrizio Bentivoglio, attore protagonista di alcune delle migliori pagine del recente cinema italiano, qui al suo esordio dietro la macchina da presa. Fausto Mesolella è invece il chitarrista degli Avion Travel, con cui lo stesso Bentivoglio ha condiviso il palco anni fa nello spettacolo La guerra vista dalla luna. Proprio durante quel tour sono nati questi racconti. Che parlano della Caserta degli Anni Settanta, e della passione per la musica che portava chiunque amasse suonare a compiere qualunque missione. Come Fausto, giovane alle prese con la leva militare e una sgangherata orchestra da festa di paese. Fino a che nel casertano non arriva il maestro Riverberi (interpretato dal regista stesso), artista a fine carriera, che gli chiede di accompagnarlo. I racconti fatti a tavola sono qualcosa di mitico, sfuggente, visionario. La memoria e l’alcool sfumano tutto, come ci ha raccontato Bentivoglio, e ogni volta il racconto diventa diverso, muta, vive di vita propria, si trasfigura. Ed è così anche il film del regista milanese: immaginifico, visionario, sospeso e rarefatto. Ma anche delicato. Mescola episodi di vita vissuta, virati sul grottesco, anche grazie a grandi interpretazioni (su tutti un Toni Servillo con riporto, pancia e barba, nei panni del bidello e direttore dell’orchestrina del paese e il fratello Peppe, lui con parrucca, nel ruolo di un crooner che non ci vede molto), a veri e propri momenti onirici, come la bellissima scena di Fausto messo in vetrina con la sua chitarra. O la citazione de I vitelloni di Fellini (ma il regista assicura che non è stata cercata, è venuta da sé) tra le nebbie del nord, dove Fausto (ormai ribattezzato Johnny) segue il mastro Riverberi. Che il musicista in vetrina sia un presagio di quello che sarebbero diventati la musica e l’arte ai giorni nostri, cioè solo marketing e mercato? Potrebbe darsi. Perché nell’opera di Bentivoglio si respira una nostalgia per quegli anni, che oggi sembrano lontanissimi, in cui c’era più solidarietà e meno competizione, meno arrivismo e più passione. Quello di Bentivoglio è uno sguardo affettuoso, soffice, che non vira mai nel dramma anche le situazioni più difficili. È proprio vero, come scriveva Leopardi, che i ricordi, anche quelli dolorosi, col tempo diventano dolci. E così è visto con affetto anche l’impresario/faccendiere interpretato (alla grande) da Ernesto Mahieux. Uno così scalcinato da ripetere “the show must come on”! Perché, seppur sognato e sognante, il film è anche un percorso nel sottobosco e nell’umanità varia che abitava e abita il mondo dello spettacolo. In questo si sente qualche eco de L’uomo in più di Sorrentino (con cui Bentivoglio ha lavorato ne L’amico di famiglia), nel racconto di vite continuamente sull’orlo del fallimento. Ma Lascia perdere, Johnny! si inserisce pienamente anche nel filone del romanzo di formazione, e il Fausto/Johnny somiglia un po’ ai protagonisti di Ovosodo e My name is Tanino. È un racconto di crescita, un omaggio a tutti i maestri che Bentivoglio ha avuto nella vita, ma anche a tutti i nostri maestri. Il suo è un film da coccolare e da cui essere coccolati, che speriamo abbia una vita lunga. È un film di attori: insieme a quelli citati, tutti strepitosi, ricordiamo anche Valeria Golino nel ruolo di una dolce parrucchiera, e Lina Sastri in quello della madre di Fausto. È un film intimo e riuscito proprio perché Bentivoglio si è circondato di amici, di persone che ama e di cui si fida. “Le cose sono di chi le sa usare” ricorda il maestro Riverberi a Fausto/Johhny quando gli dice di prendersi la chitarra. La macchina da presa allora è di Fabrizio Bentivoglio, che speriamo abbia un futuro anche dietro ad essa, oltre che davanti. TITOLO ORIGINALE: Lascia perdere, Johnny!; REGIA: Fabrizio Bentivoglio; SCENEGGIATURA: Fabrizio Bentivoglio, Umberto Contarello, Filippo Gravino, Valia Santella; FOTOGRAFIA: Luca Bigazzi; MONTAGGIO: Esmeralda Calabria; MUSICA: Fausto Mesolella; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2007; DURATA: 104 min.
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