Watchmen PDF 
Maurizio Ermisino   

The Times They Are A-Changin'. È la canzone di Bob Dylan protagonista dei titoli di testa, che ripercorrono la storia degli Watchmen dagli anni Quaranta ai giorni del racconto. È una canzone che ci spiega come le cose per i protagonisti siano cambiate, dalla gloria alla decadenza. Siamo in un 1985 “alternativo”, in cui Richard Nixon è ancora presidente degli Stati Uniti e la Guerra Fredda  tra America e Unione Sovietica è arrivata al livello di guardia. Un eroe, il Comico, viene assassinato, e gli altri ex compagni, ormai “in pensione”, riprendono i contatti per capire che cosa si nasconda dietro la sua morte. È il punto di partenza di Watchmen, tratto dalla graphic novel di Alan Moore e portata sul grande schermo, pur essendo considerata "infilmabile", da Zack Snyder, già autore di 300, tratto dall’altro maestro dei fumetti Frank Miller.

I tempi stanno cambiando. E Watchmen cambia definitivamente la prospettiva sul supereroe. Più di come Frank Miller con il fumetto Il ritorno del cavaliere oscuro, e poi Christopher Nolan con il film Il cavaliere oscuro, abbiano fatto con Batman. I “guardiani” sono uomini comuni che si sono messi una maschera, a volte rozza, a volte ridicola, e hanno deciso di fare i vigilantes. Con esiti a volte nobili, altre discutibili. Perché si tratta di esseri umani. C'è chi è violento con le donne. Chi è violento e basta. Chi è troppo sensibile, fino a fare cilecca con la donna amata. Chi partecipa a momenti oscuri della storia americana, come il Vietnam o l'assassinio di Kennedy. Chi ha fatto del suo essere eroe un'impresa commerciale (riferimento al cinema e al mercato in generale?). E chi ha superpoteri, come il Dottor Manhattan, non è più umano ed è sempre più disinteressato alla nostra razza. Quella di Watchmen è la smitizzazione, la decostruzione, la caduta definitiva del supereroe, che eravamo abituati a vedere puro, disinteressato, incorruttibile. Watchmen ci porta dietro la maschera, dentro il costume del supereroe. E dentro c'è l'uomo. In questo senso il film è vicino a due opere come Batman Begins di Christopher Nolan e Unbreakable di M. Night Shyamalan. Due film che parlano di supereroi, ma soprattutto di uomini, in cui i protagonisti per quasi tutta la durata dell'opera fanno i conti con se stessi, prima di capire ed accettare la propria natura di eroi. Due persone che vediamo con il loro volto, prima che trovino una maschera o un costume che rafforzi la loro consapevolezza di un dono, di una missione, di un compito. Unbreakable/Batman Begins e Watchmen vivono anche di opposti: se nei primi due vedevamo nascere un eroe, qui lo vediamo morire. E allora Watchmen sembra compiere un passo in più nella direzione tracciata: quello di spezzare l'eternità imperturbabile dell'eroe, che, da Superman in poi, siamo abituati a vedere sempre giovane e immutabile. Qui gli eroi invecchiano, muoiono, si passano il testimone di madre in figlia.

L'ardita impresa di filmare l'opera infilmabile è toccata a Zack Snyder. Il suo approccio al cinefumetto è diverso da quello di Frank Miller. Se quest'ultimo incolla le figure degli attori su fondali che sono la riproduzione al computer, stilizzata e in bianco e nero, delle sue stesse tavole, Snyder ricerca invece un'immagine cinematografica più convenzionale. I suoi film sono live action, a colori, meno stilizzati e più realistici di quelli di Miller. Ma Snyder ricrea comunque l'atmosfera del fumetto attraverso la fotografia: in 300 il gioco di chiaroscuri riprendeva le luci e le ombre tipiche dell'autore di Sin City, con il rosso sangue come altro colore chiave. Qui la fotografia ha toni più uniformi, cupi. Il blu notte sembra dominare la scena, a ricordarci che viviamo in una lunga, interminabile notte. Ma c'è anche un lavoro di desaturazione che ci riporta a un certo stile televisivo degli anni Ottanta, e che serve a farci entrare nell'epoca in cui è ambientata la storia. Snyder fa un largo uso del ralenti, vero e proprio marchio di fabbrica. Spesso lo porta all'eccesso, arrivando quasi a fermare l'immagine per avvicinarsi e citare la tavola dei fumetti, per fermare l'attimo in quella immagine fissa che appartiene a questa specifica forma d'arte. Si veda ad esempio la scena della caduta del Comico, e la si confronti con quella sulla pagina scritta.  In una delle ultime scene, su un vidiwall, sta andando in onda il famoso spot della Apple (di Ridley Scott) ispirato a 1984 di Orwell. Un modo per contestualizzare l'azione nell'epoca in cui avvengono i fatti, ma anche per avvicinare l'opera di Moore a quella di Orwell: la lucidità con cui i due artisti riescono a evocare scenari distopici, immaginari ma perfettamente logici e plausibili, è la stessa. In Watchmen è orwelliana la soluzione per la pace nel mondo, che era la stessa del regime totalitario al centro di 1984: trovare un nemico da temere e odiare per unire la popolazione. Così, se in 1984 c'era sempre un nemico da combattere, e non importava chi fosse, qui è l'umanità a essere unita nella sua totalità, da cui scaturisce la pace tra U.S.A. e U.R.S.S. e la fine della Guerra Fredda, per combattere un nemico esterno, alieno. E creato ad arte.

Chi lo ha fatto, in Watchmen, dice questo: “non sono il cattivo dei fumetti”. E questa frase basta a definire tutto un mondo: quanto di più lontano ci possa essere dall'epica e dall'iconografia dei supereroi a cui siamo abituati. Intimista, dal ritmo assorto e carico di interrogativi, decadente e crepuscolare, Watchmen toglie definitivamente il supereroe dal pop.

TITOLO ORIGINALE: Watchmen; REGIA: Zack Snyder; SCENEGGIATURA: David Hayter, Alex Tse; FOTOGRAFIA: Larry Fong; MONTAGGIO: William Hoy; MUSICA: Tyler Bates; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2009; DURATA: 163 min.

 


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