Con Quando sei nato non puoi più nasconderti , Marco Tullio Giordana sfida le aspettative di pubblico e critica, firmando una pellicola che evita di ancorarsi alle precedenti dell'autore (Pasolini un delitto italiano , I cento passi , La meglio gioventù ), non scandagliando più gli anni Settanta, che per il regista contribuirono in modo sostanziale a formare la coscienza civile, sociale e culturale dell'Italia di oggi, ma abbracciando l'ambivalente e contraddittoria contemporaneità, riflessa in una situazione contingente e spinosa come quella identificata dall'immigrazione clandestina, al centro dell'omonimo romanzo al quale il film si ispira, scritto da Maria Pace Ottieri.
Una dimensione complessa e sfaccettata, capace di sollevare riflessioni, dubbi, ipocrisie e stati d'animo imbarazzanti nello spettatore italiano, che Giordana – insieme al suo fidato team di sceneggiatori (Stefano Rulli e Sandro Petraglia) - decide di scandagliare senza ricorrere a sociologismi, tentando di infrangere la temibile barriera del diverso, dell'altro da sé. Per fare questo, il regista assume il punto di vista incontaminato di Sandro (l'esordiente e sorprendente Matteo Gadola), un ragazzino bresciano di dodici anni, a cui nella vita non manca nulla, almeno secondo una mappa di bisogni dettata dalla fenomenologia del benessere attuale: corsi di nuoto, playstation, computer e una bella casa con piscina. Il tutto sostenuto dall'affetto incondizionato dei genitori Bruno e Lucia, interpretati da Alessio Boni e Michela Cescon (Primo amore di Garrone), ai quali Sandro è profondamente legato. Sandro è abituato a stare a contatto con gli immigrati, perché la fabbrica di suo padre (self-made man del nord italiano, sempre in bilico tra paternalismo e pragmatismo) ne impiega molti; e non è un caso che Giordana abbia scelto Brescia, prima città interrazziale della nostra penisola, affamata di manovalanza da accogliere, se non altro per scopi economici. Lo sguardo del giovane è destinato a mutare radicalmente nel momento in cui, durante una vacanza in barca tutta al maschile (con il padre e il suo migliore amico, Popi) al largo della Grecia, Sandro precipita in mare senza essere visto dal padre. La fine sarebbe certa, se non fosse recuperato da Radu, adolescente rumeno che sta tentando di raggiungere l'Italia con la sorella Alina su una carretta di clandestini, guidata da due squallidi e viscidi scafisti.
Una volta emerso dalle acque del Mediterraneo, trasfigurato in una sorta di liquido amniotico materno, Sandro non è più lo stesso di prima. È nato due volte, parafrasando il titolo del famoso romanzo di Pontiggia, non solo perché – per sopravvivere, ed evitare di essere rapito – è costretto a rinnegare la sua identità di italiano benestante, ma perché sotto la maschera protettiva di curdo vive un'esperienza ai margini della dignità umana, tra escrementi raccolti in sacchetti di plastica e mele marce, che gli squarcia il velo dell'ignoranza e dell'indifferenza. Quando sei nato non puoi più nasconderti può pienamente definirsi come il racconto di formazione di Sandro, il suo doloroso apprendistato alla consapevolezza della responsabilità e della comprensione che si scontra, però, in modo inevitabile con le ragioni e i sentimenti degli "altri", nella fattispecie Radu (Vlad Alexandru Toma) e la sorella Alina (Ester Hazan), che il ragazzino adotta fattivamente ancor prima di convincere i suoi genitori a farlo dal punto di vista legale. Ma il percorso verso l'integrazione non segue traiettorie né lineari né tanto meno scontate. L'ambizioso obiettivo del film è quello di ribaltare e scardinare dall'interno le molteplici prospettive condensate attorno alla questione dell'immigrazione, riuscendo con esiti piuttosto altalenanti a proporre categorie rappresentative della realtà alternative alle nette dicotomie bidimensionali proposte dai mass-media.
Se, infatti, la prima parte del film rappresenta con la giusta fluidità narrativa il mondo, spesso in "soggettiva", di Sandro, la presa di coscienza del ragazzo successiva all'esperienza in mare, ritratta con un lirismo poetico che rievoca L'atalante di Jean Vigo, perde paradossalmente d'aderenza al protagonista e si disperde nei meandri di personaggi stereotipati (i due proprietari del barcone, così come gli amici di famiglia dei genitori di Sandro, rampanti e materialisti) e di sequenze dilatate per eccesso, come la permanenza di Sandro sul barcone e nel centro di accoglienza pugliese, dipinto come un lager-prigione, e condotto dal fermo Padre Celso-Andrea Tidona): immagini dal forte impatto etico, ma cinematograficamente poco potenti. Quando Giordana torna a focalizzarsi sul percorso intimo e personale di Sandro, la pellicola si risolleva regalando un finale aperto e duro, ambiguo e non conciliato (che rimanda a Il ladro di bambini di Amelio), dove ancora più nitido appare il rapporto di significazione reciproca tra il titolo – Quando sei nato non puoi più nasconderti – e il testo filmico, rapporto che diventa la principale chiave di comprensione del film stesso.
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