Dopo (almeno secondo la distribuzione italiana) il malinconico e delicato Sous la sable, François Ozon, trentenne, francese e omosessuale, continua la sua personalissima riflessione sulla coppia, confrontandosi con una pièce di Reiner Werner Fassbinder, scritta con inquietante lucidità a soli diciannove anni.
“Depuis longtemps je voulais faire un film sur un couple, sur la difficulté de vivre à deux et de supporter le quotidien. En découvrant la pièce de Fassbinder au théâtre, j'ai réalisé que je n'avais pas besoin d'écrire un scénario original, puisque cette pièce existait, et qu'elle correspondait exactement à ce que j'avais envie de raconter.”
Al centro dell’opera una coppia omosessuale, Franz (Kafka?), un giovane inquieto e remissivo alla sua prima esperienza con qualcuno dello stesso sesso, e Leopold (Bloom?), cinquantenne piacente e dominante, ripresi nella quotidianità claustrofobica della loro convivenza, con una regia appena percettibile, al servizio dell’intreccio e della recitazione.
Scelte che a tutta prima rimandano a film come Querelle e alla sua messa in scena così spiccatamente teatrale, da Kammerspiel tedesco, ma che allo stesso tempo ne rifuggono i toni cupi e la distribuzione verticale dei conflitti. Se in Querelle passare dal ponte della nave al porto e poi alla banchina, corrispondeva ad un avvicendarsi dei drammi personali compresenti nell’opera, in Gocce d’acqua su pietre roventi, Ozon opta per un’orizzontalità (e quindi un’equivalenza) dei conflitti, utilizzando l’estetica per facilitare l’orientamento dello spettatore.
I protagonisti diventano allora attori/personaggi particolarmente caratterizzati, veri e propri tipi, collocati in una dimensione quotidiana e spalleggiati con ironia dal kitsch degli arredi Anni Settanta. Il rosso malpelo, preda inerme dei suoi turbamenti, la biondina procace e spensierata e l’estremismo estetico della transessuale che ha cambiato sesso per amore, sono i magnifici interpreti della sofferenza per un uomo che, complici l’individualismo e l’età, ha compreso prima di loro l’utopia di una coppia felice.
Di pari passo con le riflessioni sull’amore, o meglio sulla possibilità di un amore, implicite nei gesti e nei conflitti che caratterizzano la strana convivenza, l’intreccio si arricchisce di tutte le sfumature possibili, proponendo nuove dinamiche. La visione idealista del giovane Franz, convinto che l’amore possa superare la superficialità quotidiana, si scontra con le scenate isteriche di Leopold, che una volta sedotta la sua preda, si gongola di detenere Il diritto del più forte (secondo l’etica fassbinderiana) e di poterla lasciare in qualunque momento. Dramma che condizionerà anche il suo tentativo di riavvicinamento ad Anna, pretesto per una riedizione del rapporto a tre, prima, e a quattro poi, con l’arrivo di Vera.
Qui Leopold, finalmente, incarna l’unica alternativa possibile alla noia generata dalla quotidianità a dalle relazioni durature, l’idea di un amore inteso come pasto frugale da consumarsi in una sera, senza impegni o legami, perché fonte di sofferenza. E che presuppone un sacrificio, la relazione di coppia, e una vittima, il giovane Franz che muore suicida.
Le cartoline su cui scorrono i titoli di testa del film già ci spiegano che stiamo per vedere qualcosa di artefatto, necessariamente teatrale, ma nello stesso tempo tipico, come tipica è la noia generata dalla convivenza prolungata di due amanti o spedire un’anonima cartolina da una qualsiasi città tedesca. Abusando di inquadrature frontali, Ozon ci racconta una storia d’amore e di prigionia, non solo mentale, ma soprattutto fisica, cosicché tutto avviene nell’interno di un appartamento qualunque e le uniche concessioni verso l’esterno sono inquadrature frontali di esistenze di pesci in un acquario, sbirciate attraverso i vetri delle finestre.
“Un procédé à peu près systématique chez Fassbinder, consiste à rétrécir le champ de l'écran par des amorces de murs, de portes, de vitres, de plantes vertes qui recadrent et emprisonnent encore plus les personnages. Ses cadres sont très vite implacables, et le fait de filmer parfois les actions derrière des vitres donne l'impression de voir les personnages comme des poissons dans un aquarium.”
Pur stemperandola con l’ironia (anziché con il sarcasmo), Ozon ripropone la visione masochistica e sofferente che Fassbinder aveva delle relazioni di coppia, come lotta impari tra dominatore e dominato, omaggiandone l’opera e le idee.
L’effetto per noi consumatori di videoclip da decine di immagini al minuto non può che essere straniante. Il rifiuto della costruzione visiva di un dialogo secondo la dialettica campo/controcampo, l’indugiare ossessivo sui primi piani, sul grottesco dei corpi (sia nell’estetica che nelle loro movenze) e della scenografia kitsch, se decisamente non spettacolari, hanno però il pregio di avvicinare lo spettatore al minimalismo che pervade l’esistenza, sviluppando un’empatia per quelle piccole cose con cui, senza pensare, abbiamo a che fare ogni giorno.
“Les disputes sur des problèmes quotidiens et des détails à priori anodins provoquent chez le spectateur une complicité gênée qui rend plus proche les personnages. Il me semblait important de donner de la grandeur à ces petites choses.”
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