Lezioni di regia - Modelli e forme della messinscena cinematografica PDF 
di Mattia Plazio   

Tra i volumi che negli ultimi anni la UTET Libreria ha dedicato con sempre più passione e dovizia d'intenti al fantasmatico mondo della "settima arte", si avvertiva la mancanza di un manuale che, dopo la sceneggiatura e il montaggio, affrontasse più da vicino l'affascinante pratica della regia cinematografica, soffermandosi su forme e principi di un universo che, nelle sue più svariate declinazioni, si presenta così complesso e articolato. Ci ha pensato Dario Tomasi - già autore, insieme a Gianni Rondolino, del Manuale del film, una bibbia per i giovani appassionati -, con il suo Lezioni di regia, un'opera che senza avere folli pretese di universalità si pone la giusta ambizione di guidare lo sguardo curioso del lettore/spettatore "dentro" le diverse scelte di regia adottate dai più grandi maestri di oggi e di ieri, con l'obiettivo, nel contempo, di svelare i trucchi, i segreti e gli stili della messinscena cinematografica, intesa qui come tecnica esclusiva attraverso cui il cinema ha realizzato (e continua a realizzare) se stesso in quanto linguaggio espressivo autonomo.

La struttura del libro è quella di un percorso a tappe: otto capitoli per otto situazioni drammatiche e narrative ricorrenti (la conversazione, la parola scritta e letta, la sparatoria, l'inseguimento, il bacio, il sesso, lo specchio e il sogno), per ognuna delle quali Tomasi individua, descrivendoli, i modelli o (viceversa) le forme alternative che si sono via via imposti come dominanti nel cinema classico, moderno e postmoderno. Il tutto corredato da una ricca quanto godibile galleria di esempi che chiama a rapporto i più grandi registi della storia del cinema, in un percorso capace di illuminare ancora una volta le peculiarità espressive che distinguono fra loro diverse concezioni di cinema e diversi modi di "trattare" il linguaggio cinematografico.

Al di là del rigore analitico con il quale l'autore sviluppa la sua materia, Lezioni di regia è tuttavia, prima di ogni altra cosa, un atto d'amore nei confronti della "settima arte" e di un certo modo di avvicinarsi al suo mondo. Se è vero, come scrive Tomasi, che il cinema è "un impasto di suoni e immagini che racconta una storia - o perlomeno mette in scena una situazione -, costruisce un senso e fa nascere un'emozione in chi queste immagini vede e questi suoni ascolta", allora bando ad approcci critici che strizzino l'occhio a orizzonti interpretativi totalizzanti (e per questo "limitati") quali la psicologia, la letteratura o la filosofia, sacche di sapere e di conoscenza in molte occasioni gravide di prospettive nell'indicare un percorso di comprensione del senso, ma che troppo spesso abbiamo visto monopolizzare forme e contenuti del "parlare di cinema". E spazio invece ad uno sguardo che sia più squisitamente cinematografico, che ne privilegi, su tutte le altri componenti possibili, la dimensione espressiva più pura, nella convinzione che soltanto partendo da considerazioni legate al modo in cui un artista plasma la propria materia si possa arrivare al cuore della sua "visione". Ejzenstein docet.

Ed è al grande regista e teorico russo e alle sue famose Lezioni - capaci di far innamorare intere generazioni di cineasti - che l'autore rende omaggio con un libro il cui pregio forse migliore, così come quello del suo più illustre predecessore, è di accendere la curiosità, incoraggiando i più intraprendenti fra i suoi lettori ad imbracciare la propria macchina digitale, così impolverata e tristemente riposta nella sua custodia, e a scendere in strada con l'intento, e l'entusiasmo, di "ricostruire" qualche sequenza epica. Per provare a diventare regista.

 


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