Vuoti a rendere PDF 
Mario Bucci   

Vuoti a rendere è un film tipicamente europeo, fatto di vita e parole, dialoghi e incomprensioni, silenzi e sorrisi, che raccontano la possibile rinascita di un anziano professore di liceo, Josef, ormai lontano dai propri studenti, e che ha scelto il pensionamento piuttosto che l’isolamento intellettuale (è uno stupido ragazzo che ha gli Stati Uniti come modello intellettuale e scolastico a fargli perdere la pazienza e a fargli decidere di abbandonare l’insegnamento). Come la maggior parte dei lavoratori che va in pensione, Josef non riesce a staccare con il proprio senso di necessità produttiva, il proprio senso di partecipazione alle cose comuni, e prova prima a lavorare come corriere su due ruote (con finale disastroso) e poi in un supermercato, come riciclatore di bottiglie vuote (da qui l’allusione del titolo sia al prodotto consumistico che alla condizione dell’anziano). A casa ci sarebbe sua moglie, Eliska, ma Josef è troppo “stimolato” per condividere con lei quel che resta di un matrimonio ormai svincolato dalla quotidianità del lavoro, ma che come questo si ripete nell'abitudinarietà di gesti comuni.

Josef ha infatti bisogno di continuare a sentirsi utile, ma non è però solo il lavoro ad avergli lasciato uno stimolo vitale, ma anche il sesso, le cui visioni lo sollecitano tutte le notti, quando immagina le donne che incontra durante il giorno come sensuali starlette di certo cinema pruriginoso, pronte a spogliarsi davanti a lui in uno scompartimento di un treno immaginario. Questa distanza, sia fisica che intellettuale, Eliska comincia ad avvertirla, fino a che non troverà in un falso (e adulto) studente di tedesco il sorriso che le regalerà una notte più appassionata di altre, riaccendendo la fiamma del matrimonio con suo marito Josef. Sostituito sul posto di lavoro da una macchina capace di selezionare bottiglie vuote a rendere (ma non in grado di sostituirsi al calore con il quale era entrato nella vita dei clienti), Josef troverà di nuovo il proprio ruolo all’interno della coppia: un abbraccio in mongolfiera, per ritrovarsi ancora una volta vicini alla persona amata per una vita intera. Più che la terza età dunque, Vuoti a rendere sembra più interessato a capire il senso della coppia, il senso del matrimonio, dell’innamoramento (in parallelo c'è anche la storia d’amore tra la figlia di Josef e Eliska e un collega del professore) e della morte. In Vuoti a rendere, infatti, questa presenza è molto forte (la morte del lavoro; la debolezza del corpo anziano; la mongolfiera finale che sfiora l’acqua in una sorta di ritorno alla vita primordiale) e viene continuamente rielaborata per insaporire questa commedia con una leggera venatura malinconica, capace di far sorridere con molta tenerezza.

Vincitore del premio del pubblico e di quello per la miglior sceneggiatura al Karlovy Vary International Film Festival nel 2007, è arrivata anche nelle nostre sale la terza e conclusiva parte di una trilogia sulla vita, particolare come poche nel cinema. Vuoti a rendere di Jan Sverák è infatti il terzo lavoro diretto dal regista ceco, figlio dello sceneggiatore e attore di tutti e tre gli episodi, Zdenek Sverák. Coppia davvero singolare dunque, proprio perché maturata da un rapporto di crescita sia personale (rapporto padre/figlio), sia professionale (regista/attore), che non sfiora certamente i livelli di Fronçoise Truffaut e Jean-Pierre Léaud, ma che in qualche parte del film mostra a volte un tocco leggero vicino a quello di certi lavori della coppia francese. Questo terzo capitolo conclusivo però, a differenza degli altri due lavori della coppia, Scuola elementare (che ottenne solo la nomination all’Oscar) e Kolya (che invece ottenne l’Oscar come miglior film straniero), non mostra la stessa forza narrativa delle due pellicole precedenti, e rimane una “semplice” commedia leggera che si lascia vedere nonostante il già visto, il già sentito, nonostante un percorso obbligato che spinge la storia su emozioni a tratti soporifere, ma che hanno almeno la capacità di non irritare e non offendere l’intelligenza dello spettatore. Anzi, c’è nel film un’amara riflessione sulla società consumistica (gli affetti umani contro la meccanicità del quotidiano, la dissoluzione del sistema scolastico, il vuoto sociale derivante dalla perdita del ruolo produttivo) che rende il lavoro della coppia Sverák (Jan è anche produttore del film) forse più intelligente proprio sotto il profilo ideologico, come una favola sociale che sa guardare dentro la coppia (la famiglia, il nucleo vitale della società) e fuori di essa (i condizionamenti esterni, produttivi e sociali) mantenendo un buon equilibrio, girando con misura attorno ai due lati della medaglia.

Non un film che può insegnare (come Josef, il professore), non un film che può far riflettere davvero (come Josef, che arriva in ritardo sulle conclusioni), Vuoti a rendere sembra più il piacevole racconto di un nonno dopo un pranzo di comunione: può affascinare, interessare, sorridere, ma a volte anche annoiare, come certi modi di dire, assai didascalici, di tutti i nonni. Con rispetto per l’età, ovviamente.

TITOLO ORIGINALE: Vratné lahve; REGIA: Jan Sverák; SCENEGGIATURA: Zdenek Sverák; FOTOGRAFIA: Vladimír Smutny; MONTAGGIO: Alois Fisárek; MUSICA: Ondrej Soukup; PRODUZIONE: Gran Bretagna, Repubblica Ceca; ANNO: 2007; DURATA: 100 min.

 


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