Oblivion PDF 
Maurizio Ermisino   

Può un film non molto originale essere, a modo suo, originale? Dipende da che punto di vista lo si guarda. Oblivion, del nuovo talento sci-fi hollywoodiano Joseph Kosinski, a prima vista può riproporre molte situazioni giù viste nei film che appartengono al cosiddetto filone post-apocalittico: siamo nel 2077 e Jack Harper (Tom Cruise) è l’ultimo uomo rimasto su una Terra devastata da una guerra contro gli alieni; gli umani hanno usato le armi nucleari per sconfiggerli, ma così hanno distrutto il proprio pianeta. E Harper lavora per controllare delle macchine che succhiano dalla Terra le ultime risorse vitali prima di abbandonarla, e difenderle dagli Scavengers, gli ultimi alieni rimasti che continuano a minacciarle. C’è poco da fare: ogni volta che sul grande schermo vediamo i simboli della nostra civiltà distrutti ci viene la pelle d’oca. Era così sin dalla Statua della Libertà ne Il pianeta delle scimmie, con la Manhattan sepolta dalle acque in A.I. – Intelligenza artificiale per arrivare alla Times Square deserta di Io sono leggenda. Guarda caso viene sempre utilizzata New York, un po’ la culla e il simbolo della civiltà occidentale di oggi. Lo schema è sempre quello: togliere la vita, il movimento, la folla dove ce n’è in abbondanza. E Oblivion, in questo senso, fa il suo lavoro: a colpire qui è l’immagine dell’Empire State Building ricoperto di terra in modo che spunti solo la sommità.

Tutta la prima parte di Oblivion vive di un’atmosfera surreale, inquietante, sospesa. A pensarci bene sembra una versione live action e dark di Wall-E: entrambi i film raccontano dell’ultimo essere rimasto su un pianeta deserto, ed entrambi sono ispirati alla fantascienza degli anni Sessanta e Settanta. Si parlava di originalità. Se dobbiamo dirla tutta, in Oblivion abbiamo trovato tanti, forse troppi rimandi ad altri film del genere: oltre a quelli citati ci abbiamo visto Interceptor, I figli degli uomini, Solaris, Matrix, The Island e anche l’irraggiungibile 2001: Odissea nello spazio. E il gioco di rimandi potrebbe continuare ancora a lungo, perché ognuno di voi potrebbe divertirsi a trovare qualche riferimento ad altre opere. E forse è davvero difficile, per non dire impossibile, oggi, essere davvero originali in un film di questo filone, dove l’immaginario è ormai sedimentato da molte visioni che hanno già detto quasi tutto su come potrebbe essere il nostro futuro. Oblivion però non è originale tanto nell’immaginario, quanto nel tono, un misto tra fantascienza e dramma della gelosia, che si scatena tra il protagonista, la sua affascinante e fredda moglie/assistente (Andrea Riseborough) e una misteriosa donna che Jack soccorre (Olga Kurylenko). E nello sviluppo delle vicenda, che cambia più volte strada, con almeno tre colpi di scena che riescono a sorprenderci quando ci aspettavamo una storia già più o meno vista o conosciuta. Oblivion in qualche modo è riuscito a sorprenderci. Come nel film di un altro promettente autore della nuova fantascienza, Moon di Duncan Jones, anche Oblivion parla in realtà della nostra memoria, della nostra identità. Il lavoro, il progresso, i governi non devono mai farci dimenticare chi siamo, non devono toglierci l’anima, il nostro Io. È l’alienazione, l’omologazione il vero pericolo della nostra epoca, non l’Apocalisse.

Quanto a Kosinski, Oblivion, seppur non completamente riuscito, rappresenta un passo avanti rispetto al più freddo e piatto Tron Legacy. È un regista che viene dalla pubblicità, e si vede. Ma questo non deve essere visto come un difetto. Kosinski dimostra di avere già un suo stile, molto estetico, certo, e i suoi marchi di fabbrica: un uso dei colori tendente alla monocromia, delle scenografie fredde ed essenziali, un uso insistito dei chiaroscuri, e delle luci al neon. Se Tron Legacy era un film derivativo, nel senso che recuperava un immaginario presente nel film originale, Oblivion nasce dalla fantasia di Kosinski (era stato pensato per essere il suo primo film, e quindi doveva essere “povero”, e “vuoto” per usare un budget basso). Dato il tema, è inevitabile che si sia rifatto ad altri film. Ma il ragazzo la stoffa ce l’ha. E allora lo aspettiamo al suo prossimo film. Che forse sarà davvero, finalmente, originale.

 


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