About Elly PDF 
Viviana Eramo   

Orso d’argento a Berlino 2009, è arrivato anche nelle nostre sale About Elly, firmato dal regista iraniano Asghar Farhadi. Come fosse una convenzionale commedia generazionale, la pellicola inizia seguendo la gita fuoriporta di tre coppie di trentenni, amici fin dai tempi dell’università. Accompagnati da regia e montaggio che senza incertezza seguono scambi di battute giocose, maldestri balletti e cene consumate seduti in cerchio sul pavimento, i protagonisti e le dinamiche tra di loro sembrerebbero non tradire sostanziali differenze con ciò che da sempre siamo abituati a vedere quando sul (grande) schermo prendono forma queste nostalgiche reunion. Se non fosse, infatti, per un doppiaggio piuttosto zoppicante e per il velo che le donne dell’allegra comitiva indossano con disinvoltura anche sopra un paio di jeans, con difficoltà si rintraccerebbero, in questa prima parte, le impronte dell’origine iraniana del film.

Tuttavia, lo stupore più forte che Farhadi, qui al suo terzo lungometraggio, riserva allo spettatore è il progressivo sconfinamento del film in derive via via sempre più vicine al noir e al thriller psicologico. A piccoli passi, grazie ad una sceneggiatura ben scritta, alle ottime interpretazioni degli attori e ad un regia che sa guidare il passo, la pellicola lega alla sparizione della Elly del titolo non solo l’aurea mistery dettata da un supposto annegamento senza l’immediato ritrovamento del corpo, ma anche un ulteriore slittamento. Notevole dunque, la costruzione del film, che dopo aver inserito il momento di grande svolta drammaturgica è capace di lasciarlo da parte per fermarsi a guardare. È questo, infatti, che succede quando Farhadi decide di non guidare lo spettatore alla scoperta di che fine ha fatto Elly, la cui sparizione viene sapientemente relegata fuoricampo, sopraffatta dal contemporaneo incidente accaduto ad uno dei figli della compagnia. La sceneggiatura sceglie, viceversa, di concentrarsi sulle reazioni scatenate dal tragico evento, portando a galla le reali posizioni dei personaggi e le loro dinamiche relazionali. Con l’ingresso in campo del fidanzato di Ellie, il film conferma questa direzione, spostando definitivamente l’attenzione della morte della ragazza al confronto/scontro tutto interno alla micro-comunità.  Come il modello antonioniano da cui il film sembra trarre ispirazione, a suo modo, About Elly tematizza i difetti di comunicazione, il potere del taciuto e del non visto. Chiara, inoltre, la contrapposizione tra i due sessi che progressivamente la pellicola costruisce e che culmina con la violenza perpetrata alla bella Sepideh (Golshifteh  Farahani, già ammirata in Nessuna verità). Ma le donne di questo Iran contemporaneo, del quale poco o nulla è dato vedere, sanno imporre le proprie volontà di fronte all’insicurezza e codardia degli uomini. Il film, così, a sorpresa, pur legandosi ad uno stile concreto e realista, quasi dimentica i “piccoli fatti” che mette in campo per farsi carico di un senso e di un peso più ampi. Più di qualcuno ha voluto leggere, nel ritratto di questo gruppo di amici, l’immagine di quella borghesia iraniana che si vorrebbe progressista e che, viceversa, non riesce a scollarsi di dosso vecchi e stantii tradizionalismi, ancora diffusi nelle menti e nelle azioni di una generazione nata proprio a cavallo della rivoluzione del 1979.

Il merito più grande del film, indipendentemente dal fatto che si possano/vogliano leggere impliciti riferimenti all’Iran di Ahmadinejad, è dunque la lucidità con la quale costruisce questi progressivi slittamenti, tradendo ogni volta le aspettative dello spettatore. About Elly, così, si conferma capace di giocare con le regole di genere, evitando al contempo di fare sua l’autoreferenzialità tipica di certi prodotti, che esauriscono la loro forza espressiva dentro le maglie dei loro giochi narrativi. Qui, paradossalmente, quegli stessi giochi appaiono come depotenziati a favore di una carica universale, come se la partita si giocasse su un piano insieme concreto ed astratto, materiale e spirituale. Ecco perché l’inquadratura che rivela la verità sulla condizione di Elly scorre via veloce e rimane invece centrale ed irrisolto lo scontro, ricco di dolore, delusioni e domande, sull’infedeltà, l’amore, l’appartenenza e la libertà.

TITOLO ORIGINALE: Darbareye Elly; REGIA: Asghar Farhadi; SCENEGGIATURA: Asghar Farhadi; FOTOGRAFIA: Hossein Djafarian; MONTAGGIO: Haydeh Safi-Yari; MUSICA: Andrea Bauer; PRODUZIONE: Iran; ANNO: 2009; DURATA: 119 min.

 


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