È uscito finalmente in sala il nuovo lavoro dello Studio Ghibli Karigurashi no Arrietty, una storia che già quarant'anni fa Miyazaki e Isao Takahata avevano in mente di realizzare scrivendo un primo adattamento di The Borrowers di Mary Norton. Quel progetto è però rimasto nel cassetto per tutti questi anni fino a riemergere dopo il 2008, quando poi è stato deciso di affidarne la regia al promettente Hiromasa Yonebayashi, classe 1973, già animatore principale su La città incantata (2001), Il castello errante di Howl (2004) e Ponyo sulla scogliera (2008).
L’azione si sposta dall’Inghilterra degli anni Cinquanta al Giappone odierno. Un ragazzino di nome Sho va a trascorrere dalla zia i giorni che lo separano da un complicato intervento al cuore, in una casa immersa nel verde che cela più di una sorpresa. Sho, infatti, si accorge subito della presenza di una piccola creatura dalle fattezze umane, alta una decina di centimetri, che girovaga per il giardino. Si tratta di Arietty, una borrower – così si chiamano i minuscoli personaggi di questa specie – di 14 anni che vive con i suoi genitori sotto il pavimento della cucina. I borrower vivono un’esistenza parallela a quella degli esseri umani, "prendendo a prestito" (questo è, del resto, il significato del titolo originale nipponico, Karigurashi no Arrietty, cioè "Arrietty, colei che prende in prestito") quanto gli è necessario per sopravvivere; piccoli oggetti, lasciati incustoditi dai padroni di casa, che acquistano, nel mondo borrower, nuove funzionalità e rinnovato valore, come uno spillone che si trasforma in spada. I "rubacchiotti" prestano costante attenzione a non essere scorti dagli esseri umani, che metterebbero in pericolo la loro permanenza nella casa e forse la loro stessa esistenza. Ma la grande curiosità di Arietty non potrà nulla di fronte all’irresistibile richiamo incarnato da Sho, e i due si avvicineranno, innescando importanti sconvolgimenti nelle loro vite.
Intrigato dall’idea di "prendere in prestito" come modalità di azione più sostenibile e meno consumistica, in uno scenario globale che parla di crisi economica e debacle finanziarie, Miyazaki supervisiona questo delicato e poetico racconto di formazione e crescita, dove ancora una volta l’incontro con l’altro da sé diventa uno strumento di arricchimento interiore e di confronto con se stessi e con i propri cari. Il film, come spesso accade nelle opere dello Studio Ghibli, delinea, con precisione tecnica e dovizia di dettagli, l’incontro tra due diverse personalità (e soprattutto due mondi) che sapranno prendere il meglio l’uno dall’altro superando gli ostacoli. Il debutto alla regia di Yonebayashi apre di fatto una nuova stagione per lo Studio Ghibli, che si prepara ad affrontare l’inevitabile passaggio generazionale tra i due grandi maestri fondatori e le leve che sono state formate in questi anni. Le capacità tecniche del regista di Arietty non sono in discussione: manca però quel colpo d’ala verso l’eccellenza stilistica e tematica che Miyakazi sapeva imprimere. Pervaso da un tono malinconico e contemplativo, che però non gli impedisce di assurgere a vero e proprio inno alla vita e al coraggio – fondamentale in tempi cupi e incerti come questi –, il film resta comunque un inizio incoraggiante e merita assolutamente la visita dello spettatore, soprattutto in virtù della straordinaria inventiva di alcune soluzioni estetiche e narrative nella costruzione dell’universo dei borrower.
TITOLO ORIGINALE: Karigurashi no Arrietty; REGIA: Hiromasa Yonebayashi; SCENEGGIATURA: Hayao Miyazaki, Keiko Niwa; FOTOGRAFIA: Atsushi Okui; MONTAGGIO: Rie Matsuhara; MUSICA: Cécile Corbel; PRODUZIONE: Giappone; ANNO: 2010; DURATA: 94 min.
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