Gli amici del bar Margherita PDF 
Andrea Bettinelli   

Partendo da una vecchia fotografia scattata nel 1954, Taddeo (Pierpaolo Zizzi) racconta le vicende goliardiche e sentimentali di un gruppo di habitués del bar Margherita di Bologna, da lui frequentato in gioventù. Sul filo della voce fuori campo di Taddeo, vengono rievocate le figure di Al (Diego Abatantuono), donnaiolo e capo carismatico del gruppo; Bep (Neri Marcoré), a cui gli amici mandano all'aria il matrimonio imminente facendolo innamorare di una prostituta locale; Gian (Fabio De Luigi), aspirante cantautore cui viene fatto credere di essere stato selezionato al Festival di San Remo; Manuelo (Luigi Lo Cascio), siciliano ossessionato dalle donne e ricettatore di auto rubate; Zanchi (Claudio Botasso), proprietario di una sartoria e molestatore delle sue operaie; Sarti (Gianni Ippoliti), venditore di abiti. Già queste note bastano a capire come il film sia sorretto da un’intenzione di equilibrata coralità: le diverse linee narrative vengono equamente distribuite tra i vari personaggi, nessuna personalità prevale sulle altre perché al regista conta restituire il senso, l'emozione e l'atmosfera di una città e di un periodo storico.

È una caratteristica tipica di tutto il cinema di Avati, questo taglio universale e collettivo. Ma qui si complica con un tentativo di riflessione sul significato e sull'importanza della memoria. Nella scena che chiude il film, quella della fotografia di gruppo da cui scaturisce la cornice narrativa, Taddeo (alter ego del regista) si stacca dagli amici e si posiziona, fuori quadro, dalla parte del fotografo, opponendo alle proteste degli altri una motivazione appena sussurrata: "è più bello da qui!". È più bella la nostalgia del ricordo che la vita stessa? Questa dichiarazione di poetica, dal vago sapore proustiano, parrebbe adatta a sintetizzare la natura profonda dell'opera del regista bolognese. Gli aneddoti che si intrecciano lungo il film sono all'insegna di una comicità goliardica e provinciale, sulla linea di Amici miei, con qualche punta atroce (si veda lo scherzo/vendetta a Gian, cui viene fatto credere di essere stato ammesso al Festival di San Remo; o ancora alla morte del nonno di Taddeo, il quale cerca di occultarne il cadavere per non interrompere la sua festa di compleanno), ma ingentilita da quel tono di amabilità tipica delle commedie di Avati, con sempre un fondo di malinconia che incornicia la storia. Al centro del racconto, in linea con la tradizione novellistica cui il film si rifà, è ovviamente l'elemento erotico, la relazione tra i sessi vista dalla parte dei maschi, secondo i cliché dell'avversione verso il matrimonio e dell'elogio dell'avventura e del libero incontro, come si vede nell'episodio del sabotaggio delle nozze di Bep.

Per quanto riguarda il rapporto tra cinema e storia, invece, bisogna notare che, mentre ne Il papà di Giovanna si cercava di traguardare la Storia con la S maiuscola (nella fattispecie, l'epoca fascista), qui l'attenzione è orientata verso un’osservazione più minuta e spicciola dei costumi sociali: le prime automobili, la televisione e gli elettrodomestici, il rito collettivo del Festival di San Remo ascoltato alla radio. Prevale insomma un racconto in tono minore, più intimista, che è forse tra le corde migliori del cinema di Avati. Certo, l'impressione finale è che la magia dell'amarcord non funzioni del tutto: il racconto nel procedere si sfilaccia e perde in forza emotiva, non riuscendo a commuovere fino in fondo. Lo Cascio non sembra a proprio agio quando deve recitare sopra le righe. Resta, tuttavia, l'eleganza della ricostruzione d'ambiente, seppur con poco pathos, come una fredda cartolina ingiallita.

TITOLO ORIGINALE: Gli amici del bar Margherita; REGIA: Pupi Avati; SCENEGGIATURA: Pupi Avati; FOTOGRAFIA: Pasquale Rachini; MONTAGGIO: Amedeo Salfa; MUSICA: Lucio Dalla; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2008; DURATA: 90 min.

 


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