Strana l'atmosfera di questo 22 Torino Film Festival. Sezionato in quattro cinema e sbracato lungo tutto il centro storico torinese, la manifestazione è apparsa decisamente ridimensionata rispetto all'abbuffata della scorsa edizione: meno film, meno sale, meno spettatori e meno incontri. La sensazione sembra piuttosto quella di un evento in cerca d'identità, ancora indeciso tra l'essere trampolino di lancio per giovani talenti o vetrina per quel cinema italiano che non va a Venezia.

Un cinema, questo bisogna ammetterlo, di sempre maggior qualità soprattutto alla luce dei lavori proposti nel Concorso DOC 2004, opere spesso molto diverse tra loro, ma che testimoniano la vivacità di una pratica di cinema anche da noi finalmente sulla strada dell'emancipazione e dell'incontro con il grande pubblico.

Vincitore della sezione è risultato Aral. Fishing in an invisibile sea di Carlos Casas e Saodat Ismailova, produzione italo/uzbeca dal taglio etno-atropologico, in cui l'agonia del grande lago asiatico (vittima di uno dei maggiori disastri causati dall'uomo) è il pretesto per raccontare la triste agonia di tre generazioni di pescatori vissuti in riva alle sue sponde. Presentato come una serie di riflessioni dei personaggi (i cui interventi fuori dal campo e del tempo non entrano mai nell'inquadratura) immersi in una quotidianità difficile e povera, il documentario si pregia di splendidi paesaggi ghiacciati dal freddo, affidandosi ai suoni ed ai silenzi sterminati di una natura sì ostile, ma anche splendidamente generosa di orizzonti sconfinati.

Le due menzioni speciali sono invece andate a due lavori molto diversi tra loro: Maquilas di Giuseppe Gaudino e Isabella Sandri e L'enigma del sonno di Enrico Cerasuolo e Sergio Fergnachino.

Ambientato in pieno deserto ai confini con il Texas, il documentario di Guadino e Sandri racconta le maquilas di Ciudad Juarez, fabbriche più o meno grandi dove i clandestini in attesa di passare il confine o semplici messicani poveri si ritrovano a lavorare al di fuori di qualsiasi protezione o regola. Il tutto presentato concedendo ad ogni momento il giusto tempo e creando un affresco contemporaneo e sconsolante della durata di due ore. Prodotto dalla torinese Zenit Arti Audiovisive in collaborazione con Arte, ZDF e Les Films d'Ici, L'enigma del sonno è invece un documentario di taglio scientifico, ma dagli intenti divulgativi. Un prodotto televisivo calibrato al millesimo, ma piacevolmente sostenuto da poche inquietanti domande di fondo: Perché dormiamo? Cosa accade quando dormiamo? C'è differenza tra le malattie del sonno e della veglia?

Tra gli altri documentari in concorso, da segnalare il bel lavoro di Marco Bertozzi Rimini Lampedusa Italia, che, seppur viziato dal tema forse ormai già troppo indagato, racconta di una comunità di pescatori lampedusani emigrati in Romagna; ed il graffiante e spietato Motoboy di César Meneghetti ed Elisabetta Pandimiglio, viaggio sincopato nei bassifondi e nel sottoproletariato urbano di Buenos Aires, in cui i pony express locali (motoboy appunto) sono quotidianamente vittime di incidenti anche mortali.

Maglia nera all'ultimo lavoro di Gianfranco Pannone Pietre, miracoli e petrolio, che prova a raccontare la vicenda del petrolio in Basilicata sbagliando tutto ciò che si poteva sbagliare: fuori fase il ritmo e inspiegabili alcune scelte registiche, e soprattutto di montaggio, a tutta prima dettate più dall'urgenza dei tempi di consegna che da una scelta ben ponderata. Terminata la proiezione rimane forte la sensazione di amaro in bocca, di fronte all'occasione ghiotta di un bel soggetto buttata alle ortiche da uno dei più promettenti documentaristi del nostro cinema.