Candidato a sorpresa PDF 
Pietro Sannino   

North Carolina, elezioni 2012. Il megalomane, sessuomane e vanesio Cam Brady, deputato democratico in cerca del suo quinto mandato, ha una particolarità: essendo stato l’unico a candidarsi, vincerà automaticamente la tornata senza dover ricorrere alle urne. Ma proprio mentre sta per firmare l’atto che lo vincola al seggio, si fa avanti lo sfidante Marty Huggins, curioso omino dalla spiccata religiosità e dai modi scarsamente virili. Will Ferrell, l’ormai indiscusso interprete delle più importanti commedie demenziali dell’ultimo decennio, è il deputato uscente, che con la sua pressoché vergognosa mancanza delle più elementari nozioni culturali, riesce a rendere grottesca ogni sua uscita pubblica. Non gli è da meno il goffo e insignificante sfidante, che sfoggia una fisionomia che è l’antitesi di quella dell’uomo americano vincente, il quale imparerà presto a colpire con ogni arma a disposizione pur di spuntarla. Quest’ultimo è impersonato dall’irresistibile Zach Galifianakis, il barbuto e psicopatico Alan de Una notte da leoni (e relativo sequel), il cui nome, che sembra uno scioglilingua, è già sulle bocche dei cinefili del genere di mezzo pianeta. Inizia così una rassegna di bassezze dove l’unica preoccupazione dei candidati sembra essere quella di smascherare le debolezze dell’avversario, aggrappandosi a qualsiasi stereotipo attinto dalla peggiore demagogia, quella che negli States fa maggiormente presa sul popolino.

Per dirla con tre parole ricorrenti in qualsiasi discorso elettorale tinteggiato a stelle e strisce: America, Gesù, Libertà! Incredibile vedere quanto la natura tragicomica delle campagne presidenziali, basate principalmente sulla ricerca del consenso dell’elettorato fondamentalista-religioso e sull’adescamento (in termini statistici) del maggior numero possibile di immigrati votanti, riesca a calzare alla perfezione alla trama di questa pellicola, diretta da Jay Roach (regista del trittico di Austin Power e di Ti presento i miei) e permeata da un alone di graffiante ironia verso quel modo di intendere la politica nei suoi risvolti più biechi, quelli legati ai grossi gruppi industriali e alle lobby che finanziano a suon di milioni di dollari le campagne di qualsiasi aspirante politico (seppur con qualche eccezione). Questo aspetto viene reso al meglio grazie anche alla partecipazione al lungometraggio di due pesi massimi come Dan Aykroyd e John Lithgow, che qui vestono i panni rispettivamente di Wade e Glenn Motch, fratelli e proprietari dell’omonima oscura multinazionale, entrati in affari con i cinesi e decisi a servirsi del vincitore del seggio di deputato irrorando di bigliettoni la campagna di chi si dimostra più servile. Da togliere il fiato (dal ridere) i passaggi più surreali e scorretti (ma che attingono dalla triste realtà), quelli basati sull'eterna lotta al terrore dell’America: in uno spot della campagna di Cam Brady, che lo stesso visiona assieme al suo fido collaboratore Mitch (un Jason Sudeikis da incorniciare), lo sfidante viene additato come un probabile affiliato alla Jihad e ad Al Qaeda, solo perché “non si è mai sottoposto alla macchina della verità” (il fatto che non vi sia alcun motivo apparentemente valido a costringerlo a questa prova poco importa) e pone l’inquietante interrogativo: “dov’era Marty Huggins l’11 settembre?”. “Bingo”, è il commento compiaciuto del candidato a quest’ultima delirante insinuazione… Ma Huggins ha più di un occasione per risalire nei sondaggi, come quando al termine di un serrato confronto sfociato in rissa, schiva un pugno di Brady, il quale va malauguratamente a colpire un bambino di pochi mesi in braccio alla madre.

Insomma, non sono solo gli immaginari candidati in questa contesa a colpire basso, ma sono gli stessi autori (vi è il contributo degli sceneggiatori Chris Henchy e Shawn Harwell) a pescare dal peggior bagaglio di violenze, oscenità e volgarità assolutamente gratuite, nel nome del bene supremo di questo genere di commedia: la risata di pancia micidiale, di quel tipo che dopo un po’ ti fa dire “basta, pietà!”. Uno slogan all’irriverenza, un assalto all’arma bianca a quei richiami ai valori che saltano fuori nei discorsi dei politicanti solo alla bisogna, un mostruoso colpo di genio comico dalla natura tentacolare, che potrebbe decretare (perché no?) l’ingresso di Galifianakis nel clan “Frat Pack”, grazie a questa sua esilarante performance al fianco di storici appartenenti al gruppo quali Ferrell e Roach. Non certo una gemma da incastonare nel panorama cinematografico, e neppure l’ombra di una reale intenzione di fare satira ad alti livelli, ma pur sempre una pellicola di quelle che lasciano il segno e qualche battuta indecente nella memoria degli appassionati.

Titolo originale: The Campaign; Regia: Jay Roach; Sceneggiatura: Shawn Harwell, Chris Henchy; Fotografia: Jim Denault; Montaggio: Craig Alpert, Jon Poll; Scenografia: Michael Corenblith; Costumi: Daniel Orlandi; Musiche: Theodore Shapiro; Produzione: Everyman Pictures, Gary Sanchez Productions; Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia; Durata: 85 min.; Origine: USA, 2012

 


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