Amor, giochi, non desiderare PDF 
di Barbara Lorenzoni   

Non hanno la spessore e la forza enunciativa dei Racconti morali di Rohmer o di Kieslowski.

Non desiderare la donna d'altri di Susanne Bier, L'amore fatale di Roger Michell e I giochi dei grandi di John Curran cercano però onestamente di percorrere in piano strade ampiamente battute dove si incrociano drammi individuali e familiari, indagini psicologiche e, qua e là, atmosfere da thriller.

Tutti e tre focalizzano fragilità, inquietudini, limiti della coppia, intrinseche al rapporto a due, oppure portate dall'esterno, dovute a fatti, anche improvvisi e tragici, che mettono in difficoltà relazioni, scompongono famiglie, ma non provocano danni devastanti. Per quanto, infatti, le sofferenze e le crisi non manchino, tutti e tre gli autori hanno scelto un finale aperto, che contiene uno spiraglio di speranza e che permette di intravedere per i personaggi un nuova fase all'orizzonte.

In particolare, Non desiderare la donna d'altri e L'amore fatale sono accomunati da un analogo elemento diegetico: eventi esterni alla coppia, fortemente drammatici, innescano un meccanismo a catena che destabilizza relazioni sostanzialmente stabili e rodate. Tutto parte da fatti drammatici che prima di tutto producono uno shock nei due uomini, alle prese con travagli interiori, con serie crisi di coscienza. Dal punto di vista stilistico, si può dire che entrambi i registi affidino il significato, il valore delle loro storie ad una 'estetica dell'emotività', che, pur con strumenti ed esiti differenti, raccoglie e rappresenta con efficacia il modo in cui il conflitto interiore dei protagonisti maschili si riversa all'esterno per pervadere ogni contatto con gli altri.

Il film scandinavo, il cui titolo originale, Fratelli rende sicuramente molto di più l'idea portante del film, si inserisce, senza sfigurare, nel solco del cinema di Bergman e di Lars Von Trier e ha in quest'ultimo, tra l'altro, il produttore esecutivo. La Bier scava insomma, priva di timori e con grande lucidità, tra le pieghe più nascoste dei rapporti interpersonali, senza risparmiare i lati più scabrosi, senza evitare di affondare il coltello nella piaga. L'attore protagonista è Ulrich Thomsen, protagonista anche di Festen. La materia umana scelta dalla regista è quella che appartiene ad una famiglia unita e serena il cui unico neo è la diversità tra i due fratelli: uno, Michael, realizzato, militare in carriera, sposato e padre di due bambine, e l'altro, Jannik, mal tollerato soprattutto dal padre, fallito e con precedenti penali. Già dal primo incontro tra i due, quando Michael riporta a casa il fratello appena uscito dal carcere, si intuisce che i rapporti tra loro non sono mai stati facili.

Micheal, eroe senza macchia e senza paura, moralmente integro e incorruttibile, richiamato in missione in Afghanistan dopo la cacciata dei talebani, viene dato per morto in seguito ad un incidente aereo. In realtà, fatto prigioniero, è costretto a colpire a morte un connazionale prigioniero come lui, pur di aver salva la sua di vita, pur di mantenere la possibilità di tornare nel suo caldo nido famigliare. Un montaggio alternato segue contemporaneamente le vicende che interessano la famiglia di Michael, rimasta in Danimarca: il fratello, deciso a dare una nuova piega alla sua vita, si avvicina sempre di più alla giovane cognata e alle nipoti, per aiutarle a superare il lutto. I sentimenti sono trattenuti appena sotto la superficie: Jannik e Sarah potrebbero andare oltre la vicinanza affettiva data dalla sofferenza comune per la mancanza di Michael, ma non è da qui che scaturirà il dramma che si avverte nell'aria. Quando, come avveniva nei film americani postbellici, l'eroe torna a casa, sorprendendo tutti, non trova un adulterio in atto.

Eppure niente è come prima: Michael non riesce a ritrovare la felicità che la sua famiglia gli dava, sconta il prezzo del suo comportamento in guerra, perché lotta con il terribile ricordo della sua vile azione e quel peso, di cui non riesce a parlare, si riversa sugli altri, su quelli che ha più vicino, per trasformarli in nemici contro cui scagliarsi. L'orrore della guerra non può che generare altro orrore, sembra affermare l'autrice con questa vicenda, quindi anche gli uomini più equilibrati possono diventare vittime delle loro stesse azioni.

Così tutto il disagio di Michael, che lo ha portato a stravolgere la realtà, esplode in una violenza che ricade sulla famiglia, su quel tesoro prezioso per il quale è riuscito a commettere la prima, imperdonabile violenza. L'obiettivo della regista cerca un taglio intimista che si alimenta di una fotografia sottoesposta, di inquadrature piene di imperfezioni, di immagini talvolta sporche, con molti dettagli e primi piani, raccordi approssimativi nel montaggio che risentono di molte prove del 'Dogma' e che vogliono essere segno estetico delle tensioni, delle sofferenze dei personaggi. L'approccio di Michell all'estetica dell'emotività è decisamente più intellettuale e concettoso, come suggerisce la forte impronta che proviene dal testo di McIwan a cui il film s'ispira, filtrato dalle teorie esposte dal protagonista nel film sull'amore come stratagemma biologico per garantire la sopravvivenza del genere umano. Viene veicolato innanzi tutto dal tema del confronto di ogni individuo con il ricordo e con le proprie responsabilità.

La struttura del film è ad anello: si chiude nello stesso luogo in cui era iniziato e vorrebbe dell'inizio recuperare la serena atmosfera. Tutto quello che sta in mezzo è come una lunga digressione, una lunga, infelice parentesi che sconvolge la vita individuale e sentimentale di Joe, professore e scrittore (come i protagonisti maschili di I giochi dei grandi) inglese. Quel giorno, immersi in un contesto idilliaco per il paesaggio e i colori da cui sono circondati, un 'locus amoenus' in piena regola, Joe e Claire si ritrovano per un pic-nic 'speciale', in cui, come scopriremo più tardi, Joe ha intenzione di chiedere in moglie Claire. Improvvisamente, un colpo di scena: fa la sua comparsa un pallone aerostatico che strascina un bambino a pochi metri d'altezza. Nella lotta per portare a terra il bambino, partecipano diversi uomini accorsi: solo uno di loro non si arrende, ma è destinato a morire. Questo fatto non solo cancella in un attimo l'intimità tra Joe e Claire, ma si trasforma in un ricordo scomodo, scomodissimo per Joe che lo farà diventare un'ossessione. Anche Joe, come Michael, si è macchiato di una colpa terribile di cui sente di dover rendere conto prima di tutto a se stesso, un atto di omissione, quello di aver lasciato andare la mongolfiera.
Mentre i rapporti con Claire si fanno via via più tesi, compare una figura che è come un fantasma, davanti alla finestra di Joe: la sua ossessione, che fino a quel momento aveva vita solo nella sua mente, ha preso corpo, è Jed, il ragazzo che lo ha aiutato nella lotta con la mongolfiera.

Una musica da thriller, lente carrellate di esterni, di sapore hitchcockiano, frequenti immagini riflesse, il punto di vista del regista che si identifica con le soggettive di un'immaginaria spia nella casa dove vivono Joe e Claire rappresentano il cortocircuito emotivo che si sta verificando in Joe. Jed è uno psicotico, insegue Joe convinto che sia innamorato di lui, ma nello stesso tempo sembra conoscere tutte le inquietudini che ne alimentano il senso di colpa, per questo è la materializzazione dei suoi tormenti. Qui il film mostra la sua debolezza nell'affidare il senso degli incontri, ripetuti, tra Joe e Jed alla recitazione dei due attori, Daniel Craig e Rhys Ifans, più che ad una evoluzione nelle elucubrazioni di Joe. Del resto le sue ossessioni lo stanno indirizzando ormai a dedicare tutto il suo tempo e le sue energie alla ricostruzione del giorno in cui ha cercato di fermare la mongolfiera, per rintracciare con sicurezza le sue eventuali responsabilità nella tragica conclusione della vicenda.

Sceglie invece una prospettiva di disincantata osservazione più che di vera e propria analisi, Curran, con I giochi dei grandi, in cui guarda le due coppie protagoniste come pesci in un acquario. In questo caso il motivo scatenante della crisi non è esterno ma tutto interno alle coppie. La conclusione che l'autore trae dai tradimenti incrociati dei quattro amici sembra recitare: tradimenti, ma niente di grave, come potrebbe essere altrimenti ai nostri giorni? I tempi veloci del villaggio globale, che onnivoro consuma e divora ogni cosa, sembrano condizionare anche la vita e la durata delle coppie, per frammentare le relazioni in tanti piccoli segmenti che hanno vita propria e che stentano a ricondursi ad un progetto a lungo termine. Troppe le incognite, le sollecitazioni esterne, troppi e impellenti i bisogni individuali di affermarsi, di coltivare e coccolare la propria personalità, come fanno un po' tutti i personaggi di questo film, più impegnati a guardare il proprio ombelico che a interagire con il partner ufficiale, con l'unica eccezione di Terry, vittima dell'immagine idealizzata del matrimonio che si è creata.

Troppe e impellenti le esigenze di muoversi in assoluta libertà, per poter con stabilità e continuità praticare la condivisione di sentimenti e le responsabilità nei confronti dell'altro. Lo sguardo di Curran non è per nulla rassicurante sullo stato attuale delle relazioni sentimentali, per quanto si possa generalizzare.

Così, questa sorta di scambio delle coppie che avviene nei tradimenti narrati dal film destruttura le vite parallele delle due coppie di amici sposati e, prima ancora di presentarsi come elemento destabilizzante per le famiglie, è strumentalmente usato dagli adulteri in un gioco pericoloso, ma attraente, che serve a riaffermare se stessi al di sopra di qualunque cosa. La trama ricorda il recente Closer, ma qui non ci sono filtri intellettualistici nel modo in cui i personaggi si rapportano all'amore. Il film coglie con efficacia le bassezze, le ipocrisie e le debolezze che si legano inevitabilmente e certi tradimenti a portata di mano, neanche troppo cercati, che valgono solo per quanto promettono, per quanto illudono di poter diventare in condizioni più favorevoli e agevoli, senza il legame preesistente, che rappresenta un 'comodo' impedimento.

Il 'topos' della doppiezza nei rapporti tra i quattro personaggi è rappresentato da un bosco, vicino alla città, che è, allo stesso tempo, rifugio per gli incontri della prima coppia clandestina e luogo di svago per Hank e Jack o per Jack e i suoi figli.

In una coppia, la moglie, Terry, ama non più corrisposta il marito Jack, nell'altra, tra Hank e Edith regna una sorta di pacata e rassegnata indifferenza. Il tradimento di Jack e Edith è doppio perché mette in crisi l'amicizia oltre che l'amore; i personaggi comunque compongono tra loro, nelle dinamiche a quattro, un microcosmo chiuso che certo dimostra una maggior tenuta delle coppie prese singolarmente. Così, anche quando Terry, per ripicca, decide di ripagare il marito e l'amica con la stessa loro moneta, anche quando tutti gli altarini vengono a galla e le tensioni deflagrano, non accadono scene madri, non scoppia un vero dramma. Semplicemente si realizza quello che era nell'aria da tempo e che nessuno aveva il coraggio di affrontare.

 


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