Million Dollar Baby PDF 
di Marco Capriata   

Titolo dal suono ingannevole nella sua altisonanza semantica, che dimostra come il cinema di Eastwood elabori un linguaggio filmico rinnovatore dei generi, al fine di ricondurli ad una chiave di lettura prevalentemente esistenziale, intrisa di un pessimismo razionale divulgatore di una poetica autoriale ormai innegabile, in grado di fornire una visione sempre aggiornata della realtà contemporanea con le sue grettezze e miserie. Se, infatti, Mystic River rappresentava una tragedia classica calata in un contesto moderno, in cui a prevalere era la legge atavica della vendetta, Million Dollar Baby, artatamente sembra offrirci una storia di ambito meramente sportivo, dimostrando come invece Eastwood sia regista in grado di andare oltre la gabbia narrativa del genere di partenza, approfondendo le psicologie dei suoi personaggi e proponendoci un esempio di nuovo romanzo sociale dell'America periferica e rinnegata.

Eastwood realizza un film che ritrova la malinconia e il senso di disillusione de Gli Spietati, ma gravato da un livore asettico che ammorba gli ambienti ed i corpi fantasmatici che lo attraversano, come se il grigiore fotografico, in cui le figure sono calate, fosse la chiave esegetica di un mondo perduto, in cui il nostro autore si aggira, lasciando che siano i volti segnati dalla vita e dal tempo a trasmetterci la sensazione tattile del dolore e del fardello esistenziale da cui sono oppressi.

L'autore soppesa le parole e cesella le inquadrature, definendo traiettorie visive capaci di racchiudere le entità materiali del suo cinema e dando loro il respiro necessario per esprimere la gamma di emozioni di cui si fanno portatrici, evidenziando la voce extra/intradiegetica di Scrap (Freeman), quale narratore e spalla attoriale-pugilistica, cui spetta l'incombenza di tirare le fila di un racconto vigoroso, dove la tensione redentrice pare non trovare sbocco.

La palestra e il pugilato assurgono a ruolo di metafore esistenziali di individui perduti, afflitti da un'affettività negata, distillata nel rapporto paterno instaurato tra Frankie (Eastwood) e i suoi allievi, o nei rimbrotti amichevoli rivolti a Scrap. Confidenze che il coriaceo allenatore inizialmente rifugge verso Maggie, in quanto potenziale incarnazione di quella figlia perduta, presente solo attraverso la metonimia materiale delle lettere rispedite al mittente, e accumulate in un ripostiglio della sua casa. Il regista ripropone ancora una volta il peso di un'assenza, di un rapporto privo di sfoghi sentimentali, in cui il mancato contatto umano cui delegare il proprio sentire, trova il suo surrogato nella fede, con i suoi dubbi sinceri e disarmanti nella loro blasfema semplicità. È come se Eastwood ricercasse una propria redenzione esistenziale attraverso un percorso cinematografico frastagliato di rapporti padri-figli contrastati e negati, che qui raggiunge il suo acme emotivo, dimostrandoci il senso d'amore cui può giungere un padre nei confronti del proprio sangue, del proprio essere.

Azioni che erroneamente vengono ricondotte ad un discorso etico, da parte di chi vi vuole intravedere un proclama ideologico e politico, ma che in realtà trascendono ogni discorso di tal fatta, dimostrando come il percorso intrapreso da Frankie (Eastwood) non escluda un confronto con la propria religione e i propri principi, tanto da determinarlo ad un gesto per lui preferibile al senso di inane indifferenza dietro cui gli sarebbe stato, forse, possibile trincerarsi. Atto determinante, estremo nel suo essere opera d'amore e di conciliazione con il proprio passato, tanto da consegnarci infine, nient'altro che un'ombra opaca e impercettibile del protagonista, racchiusa in uno spazio limitato ed accogliente, dove rammentare ed assaporare persino quel senso di redenzione e felicità tanto agognata e spesso rifuggita per timore di ferirsi.

 


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