IX Festival Internazionale Cinema delle Donne - Frontiere di Mai Masri PDF 
di Mauro Brondi   

Per la forza drammatica del tema trattato senza indulgere in facili enfasi. Emergono toni amari, senza però mai scendere nel patetico. Colpisce la capacità della regista di mantenere intatta la spontaneità delle ragazze e dei ragazzi malgrado la tragicità del loro mondo.

La motivazione della giuria che ha premiato il lavoro di Mai Masri come migliore documentario al Festival Internazionale Cinema delle Donne 2002 mette bene in luce la doppia voce che anima il video: amarezza (uguale a tragedia, dramma) e spontanietà dei ragazzi (uguale a speranza, energia).
La Masri filma immagini attualissime con grande sensibilità ed energia poetica. Il video racconta la storia di amicizia fra due bambine che vivono in due diversi campi profughi palestinesi, una in Libano, l'altra vicino a Betlemme e che comunicano attraverso lettere ed e-mail. Ma la storia in realtà è una storia di amicizia più grande, fra gruppi, che si sviluppa in modo naturale attraverso immagini che diventano sempre più intense e drammatiche.

Il documentario è vicino ad uno spirito da reportage, per cui la camera a volte si introduce e documenta le condizioni di vita dei profughi, altre volte si trova nel mezzo della folla dei manifestanti palestinesi, altre volte ancora indaga gli sguardi e le espressioni delle protagoniste.

Ma di particolare intensità e di grande valore sono le immagini dell'incontro fra i diversi gruppi di profughi alla frontiera con il Libano. Divisi dal sottile ma imprenetrabile fil di ferro, si incontrano amici e parenti che si ritrovano per brevi istanti, per un abbraccio, un bacio, una stretta di mano. L'immagine del filo spinato torna più volte nel documentario e diventa metafora di divisione forzata e assurda, di libertà negata; ma è sul piano del reale che Frontiere esprime tutta la sua forza, attraverso la luce calda dei Territori, la terra, i corpi dei ragazzi che si muovono e soprattutto la voce, colonna sonora fondamentale del film.

Durante i momenti dell'incontro alla frontiera ci sono le grida, i richiami, le canzoni che sono in primo piano rispetto alle immagini. A questo proposito, oltre all'augurio che questo video possa essere trasmesso dalle televisioni di tutto il mondo (negli Stati Uniti è stato da poco comprato dalla BBC: "il signore e la signora Bush potranno vederlo più volte", ha commentato ironicamente la regista durante la presentazione del film al Festival Cinema delle Donne), si unisce la speranza che venga tradotto con l'uso di sottotitoli.

Oltre ai contenuti, sono fondamentali i toni utilizzati dalle ragazze, dato che il suono è un elemento vivo del film, come raramente siamo abituati a sentire. Questo è solo uno dei video palestinesi che recentemente stanno viaggiando, più o meno facilmente, in vari festival, università, televisioni (ospitati al Cinema delle Donne altre due opere interessanti: Questo non è vivere di Alia Arasoughly e Sopravvivere di Ghada Terawi, oltre al documentario del 1995 della stessa Masri su Hanan Ashrawi, ex portavoce palestinese, Hanan: una donna del suo tempo), e che testimoniano il tentativo di creare una rete informativa alternativa rispetto ai notiziari "politically correct" occidentali. In essi troviamo il valore di una visione che, mentre racconta, tenta di documentare, mostrare, raccogliere pezzi di reale e di Storia. Raccontare è ancora un modo per farsi sentire, per comunicare e per combattere: si potrà presto parlare di un neorealismo palestinese?

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