Election PDF 
Marco Doddis   

Un antico detto cinese recita più o meno così: “Una montagna non può nascondere due tigri”. Per una cultura come quella cinese la presenza contemporanea di due leader in una stessa istituzione risulta impensabile. Ancor più che nel mondo occidentale, la cui storia ha presentato esempi occasionali di condivisione politica tra due pares (il consolato romano), in quello orientale si avverte l’imprescindibile necessità di far emanare il potere da una singola fonte. Naturalmente, ciò è valido anche per quelle organizzazioni segrete dalle tradizioni antichissime, sviluppatesi in posizioni antitetiche rispetto alle autorità formalmente riconosciute. È il caso delle Triadi, società federative attive da secoli in tutta la Cina: un tempo valvole di sfogo dei malcontenti popolari, le Triadi rappresentano oggi i più potenti gruppi mafiosi cinesi. Ogni due anni, gli anziani si riuniscono per eleggere un capo, un presidente. Uno solo, naturalmente. La diarchia non è contemplata.

È all’interno di questo steccato che si muove Johnnie To nel suo Election. Il film, primo capitolo di un dittico completato da Election 2 (2006), racconta proprio le vicende elettorali della Wo Sing, la più antica e influente Triade di Hong Kong. I papabili per la carica più prestigiosa sono Big D (Tony Leung Ka-Fai) e Lam Lok (Simon Yam), che danno vita a una sanguinosa lotta per impadronirsi della statuetta simbolo del potere, un bastone con la testa di drago. Dopo essere stato eletto, Lok si trova a dover gestire la convivenza con quel grosso “pesce” che è il suo avversario. Un accordo di cooperazione sembra poter sancire la pace. Ma il potere ha un sapore unico: non può essere condiviso. Nella pancia della montagna, una delle due tigri è dunque di troppo. Lok attende solo che Big D esca allo scoperto (il rivale gli propone esplicitamente di spartire la leadership) per eliminarlo. I due contendenti sono molto diversi tra loro. Lok pare un calcolatore paziente, un individuo a suo modo normale, che si rimette al volere del gruppo di appartenenza. Big D è, invece, una sorta di guappo con gli occhi a mandorla, è esagerato, esasperatamente scenografico nei suoi atteggiamenti da boss in erba. Istintivamente, proviamo simpatia per il primo, insofferenza per il secondo. Costui, è palese, non potrà mai avere la tempra del capo. Infatti, viene convinto a piegarsi alla leadership di Lok, che gli prospetta però anche un futuro passaggio di consegne.

Proprio l’accordo forzato tra i due si pone come una cesura nel tessuto narrativo. Dopo più di un’ora, l’azione, lo spettacolo del western metropolitano unito a quello del noir hongkonghese, lasciano concretamente spazio all’analisi dei rapporti e dei legami comunitari. Da quel momento Johnnie To, sulla scorta della sceneggiatura di Yau Nai-Hoi e Yip Tin-Shing, si muove con maggiore coerenza rispetto alla più debole frazione iniziale. Insomma, sono le ultime quattro sequenze a conferire spessore alla pellicola, a tirare le fila del discorso principale: l’ineluttabile morsa del potere, capace di rendere egoisticamente cieco e sordo anche chi dovrebbe sottostare a logiche di gruppo. Non ci sono soci, né tanto meno fratelli: con il bastone del comando tra le mani, anche i valori più importanti, come fedeltà, amicizia e lealtà, possono essere accantonati. Le sequenze in questione (cerimonia del giuramento tra i sodali della Triade; falso tradimento di Big D ai danni di Lok; esaltazione di Big D alla vista della città, su cui egli suppone di aver messo le mani insieme a Lok; uccisione di Big D e della moglie da parte di Lok in mezzo a un branco di scimmie urlanti) disegnano dunque un’ineluttabile parabola sul potere, che non può non chiamare in causa alcuni classici del gangster movie. Tuttavia, più che sul versante propriamente antropologico e filosofico (gli echi shakespeariani si odono a malapena, soprattutto sul piano della messinscena), la riflessione di Election sembra interessante su un cotè  storico-politico.

La Triade è un elemento fondamentale della storia cinese. Per quanto riguarda Hong Kong, poi, come ha dichiarato lo stesso Johnnie To, la storia delle Triadi coincide con la storia dell’ex colonia britannica. Le società segrete hanno sempre rappresentato un importante collante anti-istituzionale, un elemento di opposizione nei confronti dei governanti, dunque degli inglesi. Con il passaggio di Hong Kong alla Cina e la creazione della Regione Amministrativa Speciale (dal 1997, pur facendo formalmente parte della Repubblica Popolare, l’ex colonia gode di uno statuto speciale) sono rimaste disattese le speranze di chi auspicava maggiori aperture democratiche da parte di Pechino. Election fotografa questo stato di cose, descrive una situazione di cambiamento in cui organizzazioni come la Triade rimangono sulla cresta dell’onda proprio perché in grado di garantire agli adepti quella mobilità e quel livello di partecipazione ai processi decisionali negati a livello politico. La Triade è insomma un surrogato di una democrazia latente, anche perché non ricorre a forme di reclutamento familiari, legate al sangue: tutti, teoricamente, possono farne parte. Le prospettive indicano un deterioramento di questa situazione. Lo dimostra il finale del film, in cui il duplice omicidio compiuto da Lok avviene proprio sotto lo sguardo del figlio: uno sguardo dapprima atterrito, ma poi sempre più complice. Il ragazzo, infatti, dopo la paura iniziale, fugge in macchina in attesa dell’arrivo del padre per poi passargli le chiavi con la freddezza di un compare. Su questo ideale passaggio di consegne, commentato da un melodia dolce ma ambigua, decisamente discrasica (sembra un dolce happy-ending, non un epilogo di sangue), si chiude la pellicola.

Per Johnnie To, dunque, la violenza si perpetua e non c’è modo di arrestare la spirale. Anzi, con Election 2 la situazione sembra deteriorarsi ulteriormente: evidenziando la perdita di autonomia del potere delle cosche, incapace di convivere con quello piombato dall’alto del governo cinese, il regista mostra il definitivo decadimento della Hong Kong di inizio millennio. Della Triade si va conservando solo il lato cruento (la violenza del secondo capitolo è ancora più esasperata), mentre si perdono tutti quei codici morali e quelle pulsioni democratiche che l’avevano tradizionalmente caratterizzata. Dinanzi alle ragioni del denaro di Pechino, anche i vertici delle organizzazioni segrete hongkonghesi devono chinare il capo e rassegnarsi ad un ruolo subalterno. Non è cosa da poco, visto che il loro potere nell’ex colonia era praticamente assoluto, superiore persino a quello delle autorità costituite. Significative, a tal proposito, risultano le sequenze degli arresti compiuti dalla polizia in Election: le retate sono del tutto inutili, visto che i criminali vengono rilasciati in breve tempo. Non solo. La polizia, chiaramente controllata dalla mafia, non gode nemmeno di appeal dinanzi al popolo: al momento dell’arresto di Big D e di altri membri della Triade, dopo circa mezz’ora di film, la gente assiepata dietro alcune transenne pare tutt’altro che entusiasta. Anzi, Big D ordina ai fotografi di scattare molte istantanee per documentare la brutalità delle forze dell’ordine.

Con quest’opera, dunque, Johnnie To si dimostra uno dei più acuti osservatori della sua stessa personale realtà, e conferma, anche attraverso una padronanza assoluta dei movimenti di macchina, la sua capacità di descrivere ambienti e situazioni tipici del noir orientale, di cui è oggi uno dei maestri riconosciuti (mentre inferiore risulta l’attenzione per le sue opere più leggere). In Occidente, dove la fortuna di To è stata tardiva, la pellicola ha ottenuto un discreto successo: venne vista in America (Festival di Toronto e New York), in Italia (Festival di Torino) e, soprattutto, si conquistò un posto nella competizione più importante del mondo, il Festival di Cannes. Arrivò anche un premio (da affiancare ai numerosi altri ottenuti nei festival “di casa”, come gli Hong Kong Film Award e i Golden Horse Award): Election vinse al Festival di Sitges, in Spagna per la miglior regìa. Il premio fu consegnato nelle mani di To da uno dei suoi più accaniti, e celebri, sostenitori: Quentin Tarantino.  

TITOLO ORIGINALE: Hak se wui; REGIA: Johnnie To; SCENEGGIATURA: Yau Nai Hoi, Yip Tin Shing; FOTOGRAFIA: Cheng Siu Keung; MONTAGGIO: Patrick Tam; MUSICA: Lo Tayu; PRODUZIONE: Hong Kong; ANNO: 2005; DURATA: 101 min.

 


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