Maria (Margherita Buy) ha 42 anni, è single e vive a Napoli, dove insegna in una scuola serale per adulti. Nevrotica, solitaria, incontra in un cinema un uomo (Pietro) con cui ha una storia occasionale e rimane incinta. Non è pronta a diventare madre, tanto più che Pietro ha già un figlio molto piccolo. Partorisce al sesto mese di gravidanza una bimba prematura, che viene messa in incubatrice nel reparto di terapia intensiva neonatale. Inizia il periodo dell'attesa negli ambienti asettici dell'ospedale, in compagnia di altre mamme di bambini prematuri, tra drammi e speranze. Finché la figlia di Maria, Irene, supera il periodo di osservazione e viene restituita alle braccia della mamma.
Si capisce già da questa sinossi come Lo spazio bianco affronti un tema di estrema delicatezza, tanto che in questi casi viene da chiedersi se il cinema abbia davvero strumenti sufficientemente maturi e sofisticati per addentrarsi su terreni così intimi e apparentemente refrattari ad ogni forma di rappresentazione. Gli autori hanno certamente tenuto conto di questa complessa e naturale irriducibilità del soggetto (ricavato dall'omonimo romanzo di Valeria Parrella) e hanno studiato una messa in scena assai castigata e depurata da facili sentimentalismi. Non a caso la bambina prematura resta per quasi tutto il film sostanzialmente fuori campo, come un oggetto da rispettare, a cui basta alludere ai fini delle esigenze del racconto. Sul minimalismo realistico di fondo, la regista tenta un innesto, forse non del tutto riuscito, di elementi lirici e surreali, (ravvisabili ad esempio nella scena della danza delle madri nel reparto di terapia intensiva), come a cercare una lievitazione del tono del racconto in chiave simbolica. Dal punto di vista stilistico, l'aspetto più interessante del film è certamente dato dalla frantumazione della struttura drammaturgica, costituita da un intreccio di salti temporali e flashback con i quali la Comencini ricostruisce il tempo interiore non lineare della protagonista, alle prese con i processi di rimozione e riemersione del dolore e con la ricerca faticosa di una maternità psicologica, oltre che biologica. Può sorprendere, ad esempio, che la scena che avrebbe potuto costituire il baricentro drammatico e sentimentale del film – e che forse avrebbe pagato di più, in termini di facile successo presso il pubblico –, vale a dire quella in cui la protagonista Maria cade per terra in mezzo alla strada e viene portata in ospedale dove partorisce prematuramente, viene mostrata solo alla fine del film, in forma di flashback, alternata alla sequenza in cui la stessa Maria torna in ospedale per assistere alla dimissione della bambina, che ha ormai trascorso il periodo critico. La nascita prematura viene rivissuta solo nel momento in cui viene superata dalla “seconda nascita” della bambina. La critica si è espressa in modo quasi totalmente unanime nei confronti dei film, forse per una sorta di riverenza verso il tema affrontato. Si ha comunque l'impressione, dopo la visione in sala, che alla fine questa materia così difficile rimanga comunque come qualcosa di enorme e spropositato rispetto alle potenzialità del racconto cinematografico. Persino la Buy, pur brava, sembra troppo consumata e caratterizzata come attrice per essere credibile nei panni della protagonista.
Il titolo allude a una battuta del film, in una delle scene finali. Maria presenzia agli esami di fine anno dei suoi allievi. Uno di questi le chiede un aiuto: sta scrivendo il tema, ma si è arenato su una frase. Maria gli suggerisce di lasciare uno spazio bianco e iniziare da capo con una frase nuova. In quel momento Maria viene chiamata dall'ospedale, che le annuncia che la bambina verrà dimessa: anche Maria può quindi lasciare – secondo l'intuizione simbolica del film – uno spazio bianco e cominciare da capo.
TITOLO ORIGINALE: Lo spazio bianco; REGIA: Cristina Comencini; SCENEGGIATURA: Francesca Comencini, Federica Pontremoli; FOTOGRAFIA: Luca Bigazzi; MONTAGGIO: Massimo Fiocchi; MUSICA: Nicola Tescari; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2009; DURATA: 96 min.
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