All'indomani del clamoroso successo di Get Leo, Chili Palmer (John Travolta) è un famoso produttore hollywoodiano. Ma dopo la sonora sconfitta al botteghino del sequel Get Lost ha perso stimoli e interessi per il mondo del cinema e vuole ora dedicarsi a quello della musica per l'ennesima scommessa vincente della sua vita: quella di portare una semisconosciuta cantante nera, Linda Moon (Christian Milian), al vertice delle classifiche di vendita. Dovrà fare i conti con i russi che lo vogliono morto in quanto testimone della morte del marito di Edie Athens (Uma Thurman), agente della NTL Records, la quale aiuterà Chili nell'impresa. A complicare ulteriormente le cose ci saranno il rapper Sin LaSalle (Cedric the Entertainer) ancora creditore di un sacco di verdoni proprio dalla casa discografica di Edie, e Nick Carr (Harvey Keitel), manager depositario del contratto di Linda, che con il nevrotico compare Raji (Vince Vaughn) assolderà un killer per eliminare Palmer nella corsa verso un nuovo successo personale.

Elmore Leonard secondo il cinema o il cinema secondo Elmore Leonard? Sin dalle prime battute di questo seguito tardivo di Get Shorty (1995), il quesito sembra attanagliare lo spettatore più attento per intrappolarlo nel gioco che i protagonisti stessi del film vorrebbero evitare: la truffa. Già, perché se per lunghi tratti della pellicola di Gray si ha l'impressione che la vicenda possa decollare, l'illusione si trasforma spesso e (mal)volentieri in una prova cinematografica quasi anamorfica. Leonard, autore del romanzo da cui è stato tratto questa anticipazione di leggerezza estiva, ad avviso di chi scrive, fa spesso emergere una scrittura carente quanto le vicende che intavola (e Get Shorty rappresenta un momento più unico che raro nella sua produzione), ma paradossalmente i risultati sono a livello di un divertissement cinematografico gradevole. Premesso che il doppiaggio italiano debilita notevolmente le situazioni al limite del grottesco in cui si muovono i protagonisti, bisogna altresì constatare quanto i dialoghi brillanti e witty (notevole quello su Pat Garrett & Billy the Kid) manchino di una solida struttura a cui fare riferimento. La carenza più evidente sta proprio nel plot debole che spesso perde di vista il perno della vicenda (quasi un pretesto per proporre più personaggi strambi possibile) e, conseguentemente, il punto di arrivo. Tanto quanto per il romanzo di Leonard, anche qui ci si trova dinanzi a un'imbarazzante latitanza di idee che già iconograficamente richiama nel pubblico le ombre di un déjà-vu: quello di tante commedie noir che si sono stancamente susseguite sugli schermi dopo la prima fase post-tarantiniana, sorgente inesauribile tanto da proporre anche in questo film l'ennesimo ma comunque piacevole numero di ballo tra Travolta e Thurman (rovinato, ahimé, dal pessimo accompagnamento sonoro dei Black-Eyed Peas), estremamente pericolosa nel dare parvenza di diamante a volgari patacche di vetro. Non che non ci si diverta: questo anzi è uno degli innegabili pregi del film, merito certamente di un affiatatissimo cast all star, quasi una riunione di classe tra vecchi compagni della Pulp Fiction high school. Ma la pellicola ha il fiato corto ed è troppo poco per essere davvero cool.

In conclusione, una lieta segnalazione: il wrestler The Rock si impone sorprendentemente come attore comico mai sopra le righe e dotato di ottimi tempi di recitazione, come raramente capita in casi cinematografici come questo. Un piccolo miracolo in un film facilmente trascurabile.