Si è svolto nei giorni del 16 e del 17 dicembre a Pisa (cinema Arsenale) il Congresso nazionale dell'UCCA (Unione Circoli Cinematografici Arci) all'insegna del "come usare il cinema per educare".
Educare attraverso il cinema e non educare al cinema, dunque: ottica particolarmente delicata se si considera che la conoscenza del cinema (sia a livello di produzione-tecnica del film, sia di storia del cinema, sia anche di capacità critica) è ancora a livelli piuttosto scarsi nelle scuole italiane. Chiara Ottaviano nel suo intervento su cinema e storia ha sottolineato come sempre più spesso si insegni la storia con il cinema (cosa utile e rispettabile a livello di stimolo), anche se questo non basta: il passo ulteriore può essere quello di studiare la storia con il cinema, studiando anche i problemi storico-filologici che il film (inteso come pellicola, nella sua materialità, pensiamo al problema che pone un restauro) è in grado di far nascere.
Ma aldilà del dibattito (notevole l'impegno dell'UCCA anche nel voler proporre un tema socialmente importante come quello dell'insegnamento dell'italiano a stranieri – sempre con un occhio di riguardo all'uso che del cinema si può fare), il convegno ha anche ospitato la proiezione di Prigioneri della guerra, film fra i più profondi della coppia di cineasti Gianikian-Ricci Lucchi. Il convegno pone così l'occasione per parlare di questo film, splendido nella sua desolante e semplice bellezza.
Il film è composto da materiali cinematografici della Prima Guerra Mondiale, raccolti negli archivi dei grandi imperi che si fronteggiarono, in prevalenza zarista e austro-ungarico. Attraverso un montaggio filologicamente scrupoloso rispetto ai tempi della Storia, lo spettatore si trova immerso in immagini virate (rosso, blu, giallo) appositamente rallentate. Di fronte a noi passano gli sguardi, i sorrisi e il dolore di persone ormai scomparse che vivono sullo schermo come di vita propria. Prigionieri della guerra è un grido sordo e forte dinanzi alla violenza sempre così attuale della guerra, un poema fatto di immagini e suoni che incanta per l'umanità, la forza, la pietà e la disperazione. I gesti impenetrabili dei soldati e dei prigionieri, vinti e vincitori, rimandano all'enigma del cinema, al mistero delle proiezioni del precinema, mentre la musica arcana (la colonna sonora è di Giovanna Marini) ci costringe a prendere parte a questo viaggio funebre necessario. I cineasti presenti alla proiezione hanno sottolineato come il loro lavoro parta da una ricerca filologica delle fonti letterarie e scritte prima ancora che filmiche. Un cinema quindi fatto con il cuore ma soprattutto con la mente, in una precisa ricerca dove tecnica e poesia diventano una cosa sola: il cinema è anche questo.
|