Una famiglia torinese - Olga (Margherita Buy), il marito Mario (Luca Zingaretti) e i due figli - sta trascorrendo la domenica in gita lungo il Po. I bambini scorgono un corpo che galleggia sulle acque, trascinato dalla corrente. È il cadavere di un cavallo, sostengono. Quando il corpo si avvicina a riva, il mistero si svela: è un mucchio di detriti dalla forma bizzarra, conclude Olga tranquillizzata.
Questo curioso aneddoto, posto in apertura de I giorni dell'abbandono di Roberto Faenza, rischia di passare inosservato e invece fornisce da subito la chiave di lettura di tutto il film, che racconta la perdita del senso di realtà e la regressione infantile di una donna sposata, completamente assorbita dal suo ruolo di moglie e di madre, nel momento in cui viene abbandonata dal marito che si è innamorato di una ragazza più giovane di lei.
Faenza ha tradotto questa condizione psicologica con una serie di soluzioni abbastanza insolite per il cinema italiano, ricorrendo a un surrealismo psicologico venato di un sottile umorismo noir, evidente ad esempio nelle sequenze in cui la casa della donna è invasa da strani animali (il ramarro verde su tutti) e insetti, oppure nella scena dell'avvelenamento del cane. Senza mai scivolare tuttavia nel terreno del fantastico puro e rimanendo sempre ancorato alla nostra tradizione realistica. Dando vita insomma a un nuovo impasto stilistico in cui su un fondo sostanzialmente realistico – in cui è riconoscibile una città ben definita (Torino, con le sue architetture e le sue piazze), un milieu sociale (borghese) descritto con precisione e un tema di vita vissuta (la separazione coniugale) – si innestano elementi centrifughi, destabilizzanti e soggettivi, sottolineati dalla bella colonna sonora di Goran Bregovic (1). In questo senso I giorni dell'abbandono rappresenta un film assai composito, in cui convivono e si equilibrano componenti molto diverse, naturalismo e magia, dramma psicologico e commento ironico, rappresentazione sociale ed evasione bohémienne.
Spiace che la critica, avara di comprensione - come spesso accade - nei confronti del cinema italiano, non abbia colto appieno questi elementi di novità in un film che forse soffre di qualche squilibro nella sceneggiatura – tratta dall'omonimo romanzo di Elena Ferrante (2) – ma che è sorretto da una regia sicura e da un'interpretazione di altissimo livello da parte degli attori, in particolare di Margherita Buy, capace di assecondare le variazioni di tono del racconto e di passare con grande bravura dal dramma alla commedia. Alcuni giudizi letti sui giornali paiono grossolani già nella loro formulazione verbale, soprattutto non riconoscendo a questo regista – di cui andrebbe finalmente definito con maggiore precisione il ruolo nel panorama del nostro cinema – il rigore e l'umiltà con cui sa riformulare le proprie soluzioni stilistiche in funzione dell'oggetto del racconto.
Note:
(1) La colonna sonora è costituita da musiche originali di Bregovic, compresa la canzone di chiusura interpretata da Carmen Consoli. Bregovic nel film interpreta anche il musicista che fa la corte a Olga.
(2) E. FERRANTE, I giorni dell'abbandono, E/O Editrice. La sceneggiatura del film è pubblicata da Marsilio: R. FAENZA, I giorni dell'abbandono, Marsilio.
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