Il fantasma in Vertigo e Mullholland Drive PDF 
Carlo Antonicelli   

Ci proponiamo nelle prossime pagine di individuare l’avverarsi in due film molto distanti e molto diversi, una figura letteraria, filosofica, psicologica e psicoanalitica: il fantasma.  È nostra intenzione vivisezionare due sequenze, una tratta da Vertigo, la donna che visse due volte (Vertigo, A.Hitchcock, 1958, USA) e l’altra da Mulholland Drive (id. D. Lynch, 2001, Francia, Usa) per scovare quale funzione svolga la figura del fantasma nell’economia narrativa dei due film, come lavori nei meccanismi di veridizione/falsificazione del proposta enunciativa e cosa rappresenta nella poetica dei due autori. La nostra analisi verrà supportata e coadiuvata da un articolo della filosofa Cristina Allegretti, “Il fantasma” di cui ho citato la fonte nelle note.

Etimologia
Dal greco phàntasma: "apparizione". Viene spesso indicato come "ombra, spettro, soprannaturale di solito malefico, immaginato dalla fantasia popolare", oppure: "immagine non corrispondente a realtà, simulacro ingannatore, cosa inesistente, illusione, puro prodotto di fantasia." Se con la fantasia si può volare, per quanto riguarda il fantasma, nell'immaginario collettivo, è solo lui a volare e a spaventarci (1). Questo punto di partenza rappresenta di per sé una potente (quanto abusata) metafora del cinema. Il simulacro, l’immagine cinematografica, che sorge ai nostri occhi quando il referente è ormai scomparso. Il cinema, fonte di luce che riproduce solo ombre, presenze (assenze), ingannatrici, come insegna il filosofo. Qui però ci interessa non tanto il fantasma come metafora gnoseologica o filosofica del cinema, ma quanto tale figura della narrazione produca diversi testi e contesti simbolici. Aggiungiamo soltanto che entrambi i film si caricano di una significazione metacinematografica, usando quindi la sponda narrativa come supporto ad un enunciazione autoriflessiva (2) più generale. Un primo dato: il fantasma è indubbiamente legato a doppio filo con il sogno/incubo. Ampliando il nostro orizzonte epistemologico, e facendoci aiutare dalla filosofia, possiamo trovare uno degli indici di senso che ci servirà nella nostra ricerca. La dimensione del fantasma è il luogo del rischio mortale che corrono i grandi sogni dell'umanità, quando essa, non riuscendo ad affidarsi a se stessa, preferisce brancolare nel buio della propria istintualità conservativa. Il fantasma è una metafora che l'uomo ha creato con la sua fantasia per evocare realtà interiori e soprasensibili, dove il gioco tra realtà e apparenza tocca corde profondissime che coinvolgono il senso dell'esistenza e la mancanza di sicurezze (2). Che la comparsa del fantasma sia effettivamente un rischio mortale, lo troviamo confermato sia nel film di Hitchcock, che in quello di Lynch. Infatti è proprio il potere che il fantasma esercita sulle vite dei viventi (degli esseri cosiddetti “reali”, anche se ci riferiamo sempre a immagini che vivono sullo schermo) a provocarne la morte, quasi che un richiamo all’essenza della riproduzione cinematografica, come creatore di ombre, sancisca anche la fine della diegesi. 

Scottie (in Vertigo), irretito in una passione castrata, porta a compimento un processo di necrofilia, alla ricerca proprio del fantasma del suo desiderio (o del suo desiderio fantasmatico) è destinato allo scacco. Per quanto riguarda Diane, si può invece affermare che «Il fantasma è […] l'espediente attraverso cui l'inconscio non ci permette di dimenticare la scissione che nel nostro quotidiano operiamo tra la vita e la morte» . Entrambi inoltre condividono un’ossessione: la colpa, un topos classico dell’arte, che nelle opere dei due registi americani tende inevitabilmente verso Thanatos, la pulsione di morte. Sino a qui abbiamo trovato dei punti di contatto nelle due opere. Cerchiamo ora di avvicinarci ad un analisi più perspicua che renderà invece chiare le discontinuità nei due testi: il fantasma è l'invisibile consapevole di sé e della propria invisibilità; simboleggia i diversi livelli in cui l'uomo può vivere la propria esistenza e l'impossibilità di trovarsi con l'altro nella relazione, contemporaneamente allo stesso livello o nello stesso registro concreto, simbolico, metasimbolico. Il fantasma interessa dunque la relazione, ha a che fare con la proiezione ed interessa l'orizzonte clinico, quello psicologico e quello spirituale (4).

Vediamo quindi come la figura del fantasma si articoli all’interno di queste due grandi opere, analizzando due sequenze chiave all’interno dei film in questione. Partiamo dal film di Hitchcock, quintessenza del cinema classico e testo denso di stratificazioni simboliche e psicologiche.

Vertigo, Il fantasma dell’Edipo
Premessa. Ci troviamo nella stanza d’albergo dove alloggia July Barton. Scottie Fitzgerald la sta aspettando. È ansioso. July sta tornando dal parrucchiere dove doveva avere corso l’ultima e definitiva trasformazione in Madeline secondo le ferree raccomandazioni di Scottie.

Tempo 1h 47’ 01’’
Inq\Descrizione inq\Movimento mdp\Sonoro(verbalizzato dove necessario all'analisi)
1) Scottie legge il giornale, vicino allo specchio;sente un rumore e si avvicina alla finestra. S. ritorna vicino allo specchio. S. si avvicina di nuovo alla finestra e guarda fuori\MEZZO PRIMO PIANO\Oggettiva\La mdp panoramica a dx e sx\Musica in crescendo
2) Scottie guarda fuori dalla finestra.Scottie si volta a sinistra e si dirige verso la porta\PRIMO PIANO\Oggettiva\Mdp panoramica a dx.
3) Scottie apre la porta\MEZZO PRIMO PIANO\Oggettiva-fissa
4) Scottie guarda in corridoio\MEZZO PRIMO PIANO\Soggettiva S.- fissa
5) Scottie è sul ciglio della porta. Turbato. Si guarda intorno finché non sente il rumore dell’ascensore\MEZZO PRIMO PIANO\Oggettiva-fissa\Rumore ascensore.
6) July esce dall’ascensore e cammina verso S.\FIGURA INTERA\Soggettiva Scottie–fissa.
7) Scottie sul ciglio della porta guarda J.\MEZZO PRIMO PIANO\Oggettiva-fissa.
8) July avanza verso S.\Da FIGURA INTERA a PIANO AMERICANO\Soggettiva S.-fissa.
9) Scottie guarda July incerto\MEZZO PRIMO PIANO\Oggettiva-fissa
10) July entra nell’appartamento mentre Scottie è sempre fermo sul ciglio della porta\MEZZO PRIMO PIANO\Oggettiva(?)
11) July entra e posa la borsa sul comò vicino allo specchio. Scottie chiude la porta e mentre le parla si posiziona dietro di lei. Sono entrambi di fronte allo specchio. July Si pettina i capelli. Scottie cerca di toccarla. July Arretra spaventata. Scottie le parla. Lei abbassa il capo e si dirige verso il bagno. Scottie si volta e si dirige verso la finestra. Scottie si volta verso a porta del bagno\Oggettiva.
12) La porta del bagno immersa nella luce verde del neon esterno\CAMPO MEDIO\Oggettiva.
13) Scottie si volta di nuovo verso la finestra e si siede sulla poltrona di fronte alla finestra. S. si volta e guarda July\Da MEZZO PRIMO PIANO a PRIMO PIANO\Oggettiva\Rumore della porta.
14) July esce dal bagno immersa in una luce verde che la fa apparire diafana\FIGURA INTERA\Soggettiva Scottie.
15) Scottie la guarda\PRIMO PIANO\Oggettiva .
16) July avanza verso Scottie La trasparenza scompare\Da FIGURA INTERA a PIANO AMERICANO\Soggettiva-Scottie .
17) Scottie guarda July\PRIMO PIANO\Oggettiva.
18) July guarda Scottie(il tempo di durata di questa inquadratura è maggiore del primo piano di Scottie) e incede verso di lui\Da PRIMO PIANO a MEZZO PRIMO PIANO\Soggettiva-Scottie.
19) Scottie guarda July\PRIMO PIANO STRETTO\Oggettiva.
20) July guarda Scottie e incede verso di lui\PRIMO PIANO\Soggettiva-Scottie.
21) Scottie guarda July E si avvicina a lei\PRIMO PIANO\Oggettiva\Scottie esce a sx dell’inquadratura.
22) Scottie e July si baciano.Scottie ha un flashback del momento in cui ha baciato Madeline vicino alla chiesa spagnola\PRIMO PIANO\Oggettiva- panoramica a 360˚.
STACCO SUL NERO

Come succede spesso nei film di Hitchcock la donna è continuamente oggetto dello sguardo dell’uomo. In tutta la sequenza infatti alle soggettive di Scottie corrispondono costantemente le oggettive del suo primo piano (v. inq. 14-20). Tuttavia è proprio il flashback della donna a concedere allo spettatore la possibilità, negata a Scottie, di accedere alla verità. Come accade anche in [i]Uccelli[/i] (Birds, 1963) è la donna colei che muove la prima pedina nello scacchiere narrativo, tuttavia lo sguardo diretto le viene negato (ma non la facoltà del ricordo, Judy infatti rievoca la vera dinamica della morte di Madeline Elster).

Lo sguardo negato
La privazione della possibilità di guardare, segno di potere, specialmente quando è facoltà univoca (cfr. Foucault, Sorvegliare e Punire, Einaudi, 1975) si affianca alla violenza interna al racconto: la perversione necrofila di Scottie costringe July ad assumere le fattezze di una morta, Madeline, per eccitare in Scottie il Desiderio (sessuale o amoroso che sia). Nel doppio legame che co-stringe i due amanti la perversione viene perseguita anche dalla vittima, che assume la violenza subita come una strategia per conquistare Scottie. Questi da parte sua assume un comportamento psicologicamente patologico, ma riconvertendo la psicosi in tattica di veridizione porterà al successo la sua ricerca di verità (successo momentaneo, in quanto la scoperta della verità decreta la morte e della sua relazione e della July stessa). Concentriamoci sull’inq 14. È questo il momento in cui Scottie ha dinanzi a sé due persone, July/Madeline che sono in realtà la stessa persona. Il fantasma che appare qui è sì un essere immaginario, perché la vera Madeline è morta, tuttavia, il referente reale è la donna di cui Scottie si era davvero innamorato nella prima parte del film, pur vivendo nella menzogna della trappola tesagli dal suo amico Elster. Nella inq 14 sembra ricomporsi una frattura, ma si tratta solo e sempre di maquillage. Se Scottie e July sembrano accettare di buon grado la menzogna in cui si apprestano a vivere (Scottie ama July solo in quanto simulacro di un morto, e July riceve un desiderio riflesso), la dirimente rottura, quella della Legge, segna il passo poche inquadrature dopo. Scottie vede la collana al collo di Judy e inizia a comprendere il piano di cui è stato vittima. Allorché la verità emerge sotto la spinta del pungolo investigativo di Scottie, il principio di realtà non lascia scampo al piacere (in fondo Scottie aveva sempre e solo amato July, anche credendola Madeline: l’oggetto del suo desiderio “reale” è veramente identico prima e dopo la morte di Madeline, quello del fantasma invece è differito e negato. July da parte sua è sempre stata sinceramente innamorata di Scottie, prova ne è la violenza a cui si è sottoposta per blandirlo). La Legge infine distrugge il Desiderio decretando la morte della donna.

Quale fantasma per Vertigo
Il fantasma che qui ci troviamo ad analizzare è quindi la visione di un soggetto perverso, psicotico, che tuttavia non manca di denunciare un referente apparentemente “reale”. Significante e significato hanno un loro corrispettivo diegetico dentro l’inq 14 (July Barton travestita da Madeline Elster che in realtà è sempre stata July Barton). Tuttavia ciò che non viene mai reso visibile è proprio questo primo referente che il travestimento sembra occultare. Infatti sin dall’inizio è July Barton a prendere le vesti di Madeline Elster, quindi lo spettatore non vede nient’altro che un copia differenziale di un originale di cui non si ha traccia: abbiamo di fronte una «immagine simulacro» “creato” da un atto performativo maschile dentro un più ampio contesto metalinguistico e metacinematografico (5). È il regista a creare questa mise en abyme che dal lato formale rappresenta un riflessione sulle modalità delle possibilità del cinema stesso, dall’altro, persegue una strategia di controllo della donna, funzionale alla costruzione del soggetto pieno maschile, che non si accontenta di un godimento estemporaneo, ma alla luce della verità rivelata, persegue nel suo percorso di ricerca sino alla distruzione totale del desiderio e alla morte della donna. La storia di Scottie sarebbe un caso classico della psicoanalisi: un soggetto scisso, dilaniato dalla ferita narcisistica di un desiderio perduto che tuttavia egli (non) riesce a ritrovare, o meglio, a ri-creare. Assistiamo ad uno spostamento, un movimento psicotico consueto del soggetto scisso. Il protagonista è dilaniato dal dualismo Desiderio-Legge, coppia che rappresenta un capitale fondamentale nell’economia poetico-narrativa di Hitchcock, rintracciabile quasi ovunque nella filmografia del grande regista (7). Il fantasma che se ne genera è quindi un fantasma dell’ Edipo e della castrazione, che deve appunto annientare la donna per giungere a incorporare l’Edipo e diventare Soggetto. Vedremo più avanti, in un confronto serrato con il lavoro di Lynch, quali sono le conseguenze di questa economia libidinale per la costruzione diegetica e simbolica del lavoro di Hitchcock.

Mulholland Drive, il fantasma della colpa
Premessa. Appena chiusa la vorticosa “sequenza del cubo”, densa di mistero (con ben tre dissolvenze sul nero), dove compaiono, senza nessuna apparente giustificazione logico-diegetica, la zia di Betty/Diane e il Cowboy, vero e proprio Anfitrione della narrazione di Mulholland Drive, nonché alter ego del regista, Deus ex machina, e personaggio quanto mai lynchiano, che pronuncia le fatidiche parole (“svegliati bella ragazza, è ora di alzarsi”) che danno inizio alla seconda parte del film. Parole pronunciate con lo sguardo in macchina (anche se il Cowboy potrebbe anche stare rivolgendosi soltanto a Betty/Diane che dorme), quasi fossero una retorica esortazione dell’enunciatore, diretta a chi guarda, ad aspettarsi l’inizio di una nuova storia.
Cosa che infatti avviene.

Tempo 1h 31’04’’
Schermo Nero, musica d’archi tesa che denota un passaggio, un momento di cerniera tra il prima e il dopo. O anche tra sonno e veglia. Com’è noto, poco dopo la metà del film, le due protagoniste, assumono una diversa identità e anche due nomi nuovi: Betty Elms diventa Diane Selwyn e Rita diventa Camilla Rhodes. Per comodità d’analisi chiameremo le due protagoniste Diane e Camilla laddove non vi sia la necessità di esplicitare l’ambiguità.

Inq\Descrizione inq\Movimento mdp\Sonoro(verbalizzato dove necessario all'analisi)
1) Un donna, Diane, dorme sul letto. Il rumore della porta la sveglia. Si gira. Si mette seduta e infila una vestaglia. Si alza e si dirige alla porta.Dissolvenza dal nero\Da FIGURA INTERA a PRIMO PIANO.Oggettiva. mdp CARRELLA e PANORAMICA\Si sente bussare 4 volte(la prima volta sullo schermo ancora nero).
2) Diane si avvicina alla porta guarda spioncino e apre alla Vicina. Le due si parlano. La Vicina recupera le sue cose. Si guarda intorno e vede il suo portacenere a forma di pianoforte. Lo recupera. Sul tavolo accanto al posacenere c’è una chiave blu\TOTALE con due FIGURE INTERE\Oggettiva\Mdp panoramica a dx e sx seguendo Vicina:Carrello sul tavolo con chiave\Voci indistinte.
3) Chiave blu su tavolo\DETTAGLIO\Oggettiva.
4) Diane invita ad uscire la vicina\MEZZO PRIMO PIANO\Oggettiva.
5) Diane e vicina. Vicina si guarda intorno in cerca di suoi oggetti\TOTALE con 2 FIGURE INTERE\Oggettiva.
6) Vicina esce e parla a Diane di due detective che sono passati cercandola\MEZZO PRIMO PIANO\Oggettiva:panoramica a dx.
7) Diane chiude porta e si dirige alla cucina\TOTALE con FIGURA INTERA\Oggettiva:panoramica a dx.
8) Diane è vicino alla cucina (dà le spalle alla mdp) e fa lunghi respiri ansiogeni. Diane si gira e dice “Camilla”\MEZZO PRIMO PIANO di spalle\Oggettiva:lento zoom.
9) Camilla guarda Diane\PRIMO PIANO\Soggettiva-Diane
10) Diane guarda Camilla e dice “sei tornata”. Ma subito cambia espressione\PRIMO PIANO\Oggettiva.
11) (Lì dove c’era Camilla appare) Diane (che) si avvicina al bollitore e prepara il caffè e lo mette nel bollitore\MEZZO PRIMO PIANO\Soggettiva-Diane.
12) Diane prepara il caffé\FIGURA INTERA\Oggettiva.
13) Bollitore prepara caffè. Mano di Diane che prende il bollitore e versa il caffè in una tazza\Da DETTAGLIO a MEZZA FIGURA\Oggettiva:mdp carrella all’indietro\Rumore sibiliante del bollitore.
14) Diane cammina lentamente verso il divano con il caffè in mano.Sul divano appare Camilla con i seni nudi\Da MEZZA FIGURA Diane a MEZZA FIGURA Camilla\Oggettiva: mdp carrella in avanti e si panoramica in alto scavalcando il divano.
15) Diane a seni nudi salta sul divano dove c’è Camilla distesa e poggia sul tavolo un bicchiere di superalcolico accanto al posacenere a forma di pianoforte che poco prima la vicina aveva portato via\Da PIANO AMERICANO a DETTAGLIO\Oggettiva: mdp panoramica leggermente a sx e carrella sul tavolo.
16) Diane accarezza i seni di Camilla\PRIMO PIANO\Oggettiva:mdp posizionata in basso\Musica in sottofondo(country).
17) Camilla sorride e bacia Diane\PRIMO PIANO\Oggettiva:mdp posizionata in alto.
18) Diane a cavalcioni sopra Camilla le fa una domanda\PRIMO PIANO\Oggettiva(v. inq 16).
19) Camilla risponde con parole affettuose\PRIMO PIANO\Oggettiva(v.inq 17).
20) Diane bacia Camilla\PRIMO PIANO\Oggettiva.
21) Camilla cambia espressione e dice “non dovremo farlo più”\PRIMO PIANO\Oggettiva.
22) Diane turbata dalle parole di Camilla dice : “non devi dirlo… Non devi dirlo mai, hai capito?”\PRIMO PIANO\Oggettiva.
23) Camilla resiste all’approccio sessuale di Diane e dice “smettila”. Camilla allontana Diane\PRIMO PIANO\Oggettiva.
24) Diane è fuori di sé. Camilla fuori campo dice: “ho cercato di dirtelo anche prima”. Diane si alza e dice “è per lui vero?”\Da PRIMO PIANO a MEZZA FIGURA\Oggettiva.
STACCO

Trasgressioni
Facciamo un cenno ad una delle divergenze più vistose nell’uso del linguaggio cinematografico nei due film. Il flashback di Vertigo procede attraverso le modalità classiche: lo sguardo in macchina del protagonista e la doppia dissolvenza che introduce dentro un nuovo contesto narrativo. Il flashback di Mulholland Drive è invece assolutamente eretico rispetto al linguaggio classico, in quanto non vi è soluzione di continuità tra presente e passato, ma piuttosto eventi che potremmo definire coni temporali (H. Bergson, Materia e Memoria, Laterza,2004), che si interpolano nel presente. La sequenza si interrompe logicamente nonché cronologicamente all’inquadratura 14 da dove parte un flashback di cui non veniamo avvertiti. Il regista lascia che nella scena restino inalterate le variabili profilmiche della scenografia e senza immettere nessuna delle figure stilistiche che solitamente si adoperano per introdurre un flashback (doppia dissolvenza con primo piano del personaggio che ricorda, ad esempio; vedi ad esempio l’utilizzo del flashback in Vertigo, quando July ricorda come sono davvero andate le cose sulla cima della torre della chiesa spagnola). Lynch, invece, usa un carrello con dolly per introdurci nel flashback di Diane: vediamo Camilla distesa sul divano con i seni nudi. Tuttavia nell’inquadratura successiva il regista ci fornisce un indizio fondamentale per farci comprendere che siamo nello stesso luogo della scena precedente, ma il tempo cambiato: una carrellata in avanti ci mostra il posacenere che poco prima era stato portato via dalla vicina di Diane. Che tutto sia un flashback ci torna chiaro molto tempo dopo, al minuto 52 quando vediamo nuovamente la chiave blu sul tavolo da un angolo diverso rispetta all’inq 3 e con una panoramica passiamo sulla tazza di caffè che Diane stava preparando nelle inquadrature 11, 12 e 13 e che nell’inquadratura 14 essa stessa stava portando sul tavolo. Non solo, che sia passato del tempo lo deduciamo anche dal fatto che adesso fuori è buio e Diane è immersa nella penombra. Da qui in poi il film procede verso la morte di Diane che si suicida sparandosi in bocca, ossessionata dai suoi genitori (o fantasmi o demoni). L’entrata dello sguardo della macchina dentro l’oscurità del cubo blu ci ha introdotto, attraverso passaggi di cui appare oscura la decifrazione, nel ‘vero mondo’ di Diane, che tuttavia non smette di essere percorso dai tratti allucinatori della sua stessa mente.

Analizziamo l’insieme delle inquadrature dalla 8 alla 11. Diane è sconvolta e deduciamo che ciò sia dovuto alla morte di Camilla di cui lei stessa è stata mandante (la conferma è nella chiave blu sul tavolo). Nell’inq. 8 Diane è di spalle si trova in cucina di fronte alla finestra (nell’ inq. 12 la cucina viene mostrata come un lungo ripiano di marmo che scorre da sinistra a destra dell’intera stanza), la mdp le si avvicina (probabilmente con una steady-cam) lentamente fino a che Diane si volta e sul suo viso appare un espressione di gioia mista a disperazione (nel corso di solo 4 inquadrature Naomi Watts è costretta a mutare in un istante il suo stato d’animo passando da un polo positivo ad uno estremamente negativo, operazione che la Watts svolge magistralmente). Nell’inq. 9 vediamo Camilla alla sinistra di Diane nella parte sinistra della cucina (di fronte al bollitore del caffè che Diane userà da lì a poco). Questa inq. è una soggettiva di Diane e dura pochi secondi. Nell’inq. 10 rivediamo Diane, dallo stesso punto di vista da cui l’avevamo lasciata nell’inq. 8. Questa è una Oggettiva, non ci sono dubbi. Camilla non riceve il dono di guardare. Forse proprio perché è un fantasma, un’allucinazione. Nel volto di Diane trasfigurato dalla gioia, appare improvvisamente una linea di terrore puro che passa dalla fronte corrugata all’arco sopraccigliare, e attraverso gli occhi arriva alla bocca. Sta avvenendo qualcosa di incredibile fuori campo, l’immagine sensuale di Camilla che nell’inq 8 aveva trasformato positivamente lo stato d’animo di Diane, fino ad allora abbattuto, si è tramutata in qualcosa di terrificante, quasi orrorifico, a leggere le linee del volto di Diane. Ci aspetteremmo di tutto dall’inquadratura 11. Invece, ciò che vediamo è “semplicemente” se stessa. Diane appunto. Lì dove c’era Camilla adesso compare Diane stessa, attuando un processo di identificazione che era iniziato chiaramente dal ritorno delle due amanti dal Bar Silencio (su questo torneremo più tardi). Le inq 10 11 sono infatti centrali non solo per l’apparizione della figura del fantasma. Costituiscono piuttosto una delle trasgressioni linguistiche più ardite attuate dall’autore. Accostiamo la coppia di inq 10-11 a quella 8-9. Se l’inq 8 è un oggettiva e la 9 una soggettiva di Diane, lo stesso vale per le inquadrature 10-11. Abbiamo quindi questa quartina:
8) Oggettiva (PP Diane)
9) Soggettiva Diane
10) Oggettiva (PP Diane)
11) Soggettiva Diane (PP Diane)

Ci troviamo quindi di fronte a uno sguardo impossibile: la soggettiva di Diane che guarda Diane stessa in primo piano. Tutta l’inquietudine di questa scena nasce proprio dalla “perversione” del linguaggio cinematografico che realizza perfettamente il disegno onirico e visionario del regista. Il cortocircuito di uno sguardo che guarda se stesso è infatti la materializzazione più precisa del concetto di fantasma così com’è stato codificato da Freud in poi: in psicoanalisi fantasma "è un termine […] che indica la scena immaginaria in cui il soggetto è presente come protagonista e come osservatore, in cui si realizza l'appagamento dei suoi desideri inconsci". Intimamente collegato al desiderio (Freud parla di fantasma di desiderio) e al contempo al suo opposto (il divieto), il fantasma è il luogo di processi difensivi per lo più primitivi, come la proiezione e la conversione nell'opposto (7). Diane vive dentro di sé la potenza del desiderio (cfr. la scena della masturbazione) e insieme il divieto e la colpa per un appagamento che non si consumerà mai, per un delitto da lei stessa commesso. Un desiderio tanto intriso di morte genera tale «processo difensivo», il fantasma appunto, che narrativamente apre il segmento del flashback: nell’inq 9 appare il PP di Camilla e nella 14 senza soluzione di continuità siamo dentro il flashback di Diane e ritroviamo Diane in deshabillé stesa sul divano. Sul filo delle parole di Freud, Diane è «protagonista e osservatore» della scena. Siamo esattamente dentro questo meccanismo psicotico, ma c’è di più, il fantasma ci richiede un gesto concreto per sparire, per non inseguirci più, ci richiede di non scindere, di passare ad altra logica rispetto a quella "naturale", come suggeriscono i sogni già da tanto tempo; come pure le usanze primitive australiane ricordate da Freud, in cui i vincitori avevano cura di chiedere scusa al morto, da loro ucciso, per non essere inseguiti dal suo spettro (8). E quindi il percorso che da questa scena in poi Diane dovrà raggiungere sarà proprio questo «gesto concreto», ovvero il suicidio, l’unica maniera per Diane di «chiedere scusa al morto» e quindi allontanarlo, scacciarlo. Da un punto di vista clinico, il sentirsi un fantasma produce l'urlo di dolore che esce dalla bocca di chi viene investito dal vissuto psicotico: è la frantumazione del soggetto come persona, è la sua morte, è l'irrealtà di tutta l'esistenza. […] Il fantasma simboleggia qualcosa di negativo in quanto non ha uno statuto di realtà e in ciò è ingannevole, ciò spaventa proprio perché mette in crisi il nostro bisogno di certezze sensibili. Spaventa simbolicamente perché denuncia il rischio di ogni novità coscienziale che non siamo disposti ad accogliere (9). La nostra protagonista è incapace di accettare l’omicidio da lei indirettamente commesso e la morte del suo oggetto d’amore. Tutta la prima parte del film, fino all’ingresso nell’oscurità del cubo blu sarebbe quindi l’incubo di Diane che non si rassegna ad accettare questa «novità coscienziale» e spinge la sua facoltà immaginativa oltre i limiti della vita stessa, cercando di restituire all’amata compagna quella vita che lei stessa le aveva negata.

Torniamo a Vertigo, all’ inq 14, quando Scottie (ri-)vede July/Madeline, nell’atmosfera diafana della luce al neon. Luce verde e scelta non a caso: il verde è infatti uno dei colori associati alla morte (vedi La Camera Verde, La Chambre verte, 1977 di F. Truffaut). Possiamo notare quanto quello di Hitchcock sia un fantasma gotico, fittizio e di fatti innocuo. E oltretutto quell’apparizione è un momento necessario a che la psicosi di Scottie si trasformi in quella investigazione persecutoria che, pur portando alla netta vittoria della Legge e quindi alla disintegrazione del sogno, del desiderio dell’Altro, sancirà la guarigione del protagonista dalla sua malattia: l’acrofobia, ma soprattutto l’ incontinenza sessuale, la fornicazione e la trasgressione della morale. E in fondo Scottie torna definitivamente “a casa” senza aver perso altro che quello che non poteva raggiungere: un desiderio (o il Desiderio) di un amore non lecito, fedifrago, proibito, con “la donna d’altri”. Ad aspettarlo c’è invece Midge, una donna morigerata, zelante lavoratrice, con cui Scottie potrà concludere un infelice, ma lecito, matrimonio borghese.

Note di stile
Già l’analisi di due figure, quali la soggettiva e il flashback, ci hanno mostrato quali distanze separino lo stile di questi due grandi autori. Autori grandi appunto perché appartenenti al loro tempo e insieme inattuali. Il film di Hitchcock, è grammaticalmente perfetto, come si prescrive ad ogni film di Hollywood, ma accade che il regista di origini inglesi, sovverta un meccanismo classico del film giallo: l’inchiesta. Come accadeva anche in Psycho , la ricerca della verità è votata al fallimento, almeno a livello intradiegetico. Scottie infatti si rivela incapace di svolgere la missione che gli era stata affidata: proteggere Madeline. Ma nell’intera economia del film, l’inchiesta si rivela un escamotage per portarci in tutta un’altra direzione. Hitchcock utilizza molte oggettive in Vertigo, ma tenendo sempre lo spettatore in grado di dominare interamente la scena: solitamente infatti le inquadrature oggettive riprendono dei piani standard (figura intera, piano americano, mezzo busto), che si “mettono al servizio” dello sguardo dello spettatore. Tale grammatica è invece usata in maniera molto più libera da Lynch, che pur non essendo un regista horror, e non eliminando campi e controcampi, genera un continuo senso perturbante utilizzando false soggettive, oggettive irreali da angoli improbabili (ad esempio quelle che riprendono gli anziani che accompagnano Diane/Betty in formato minuscolo), e primissimi piani portati al parossismo (vedi l’occhio piangente di Diane/Betty nell’ultima parte del film).

Infine: il detour di Lynch
Il regista di Velluto blu (ci) concede un’immagine liberatoria, un gesto di pietà (ma non catartico) sul finale. Che sia un sogno di Diane stessa (che nel nostro modo di vedere ha sognato una buona parte della prima parte del film, ma non sicuramente tutta, o forse non da sola; forse, diciamo noi, tutto ciò che deborda dalla narrazione focalizzata su Diane è il sogno di qualcun altro, del regista stesso. Ma questa è solo un’eclettica ipotesi), o un segno arbitrario dell’enunciatore che per tutto il film si è mostrato indipendente dall’ottica dei suoi personaggi. Vediamo Betty e Rita insieme sorridere alle luci della ribalta. Questa immagine fa il paio con quella in cui Betty e Camilla fanno ritorno dal Club Silencio. L’esperienza vissuta in questo luogo crea uno sconvolgimento nella vita delle due donne. Betty infatti decide di tagliarsi i capelli, ovvero di trasformarsi in Camilla. Stando all’ipotesi di molti studiosi, questa parte del film dovrebbe ancora essere parte del “sogno” di Betty. È lei che detta il gioco di forze, quale personaggio narratore. Vediamo quindi davanti ad uno specchio Betty e Camilla, entrambe con i capelli biondi (Camilla ha indossato una parrucca). Soffermiamoci sul possibile significato di questa immagine sulla scorta degli studi di Jaques Lacan. Lacan sosteneva che il soggetto fosse eterofondato. L’io quindi sarebbe una creazione falsata del sé che si costituiva nei primi mesi di vita del bambino attraverso la fase dello specchio. Preso tra il narcisismo dei genitori che vedono in lui un oggetto perfetto, e il narcisismo del bambino stesso, il soggetto si costituisce attraverso due coordinate fondamentali: il corpo della madre e l’immagine del proprio corpo. L’identificazione del bambino ha un potere di plasmazione sul soggetto attraverso queste due direttrici. Ma in realtà questa identificazione è un miraggio, prodotto del narcisismo. L’unificazione del soggetto nella costruzione speculare ideale dell’io è un prodotto sostitutivo del soggetto. Tornando a Diane/Betty possiamo dire che tutto lo sforzo che essa compie sta proprio nel poter raggiungere Rita, che non è nient’altro che un’immagine idealizzata di sé. Diane/Betty vive un’alienazione, che si realizza pienamente nell’immagine di loro due (ma possiamo dire che sono in realtà la stessa persona) davanti allo specchio: Diane vede se stessa ricomposta dentro un quadro (lo specchio), che rappresenta un finto-io che la aliena dalla sua soggettività. Il personaggio di Diane/Betty infatti è molto simile al caso dell’attrice Aimée trattato da Jaques Lacan: la signora Aimée uccide un’attrice sua collega che fino a poco tempo prima lei stesso aveva idealizzato, riconoscendosi addirittura in essa: Aimée colpisce quindi nella sua vittima il proprio ideale esteriorizzato […] Con lo stesso colpo che la colpevolizza davanti alla Legge, ha colpito se stessa. (10)

Postilla
Rimangono, come accade sempre nell’analisi dei film di Lynch, dei residui alla “sistematizzazione” interpretativa. Sono numerosi i personaggi che nascono e muoiono nel giro di una sequenza (i due uomini seduti al bar che parlano di un uomo orribile, probabilmente una figura demoniaca, nascosta sul retro del locale), e i tanti che non offrono alcuna giustificazione logica alla loro esistenza diegetica; ma siamo in un film di David Lynch e ci stupiremmo se potessimo esaurire e perimetrare il suo straordinario mondo con le nostre semplici analisi.

Note:
(1) Cristina Allegretti documento reperibile all’indirizzo http://www.geagea.com/42indi/42_09.htm.
(2) F. Casetti, Dentro lo sguardo, il film e il suo spettatore, Bompiani, Milano, 2001. In particolare vedi p.76 su Vertigo.
Per quanto riguarda Mulholland Drive come opera meta-discorsiva vedi per esempio Mauro Di Donato, Mulholland Drive di D. Lynch, o della compenetrazione dei mondi possibili, «Biblioteca Teatrale» n. 73, 2005.
(3) Cristina Allegretti, Op. Cit.
(4) Idem.
(5) P. Bertetto, Lo specchio e il simulacro, Bompiani, 2007.
(6) R. Bellour, L'analisi del film, Kaplan, 1995.
(7) Cristina Allegretti, Op.Cit.
(8) Idem.
(9) Idem.
(10) J. Lacan, Della psicosi paranoica nei suoi rapporti con la personalità, trad. it., Einaudi, Torino 1982, p. 234

 


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