E chi se lo aspettava un Ben Affleck così? Sia chiaro: non parliamo solo dell'aspetto fisico, di come Ben appare in questo Argo. Certo, quell'espressione controllata, sempre sull'orlo della malinconia, incorniciata con barbetta d'altri tempi (ma sta tornando di moda) e con capello lungo da bravo ragazzo, ci regala una maschera nuova dell'attore che tutti conosciamo. Tuttavia, ci piace soffermarci più che altro sul regista Affleck; anzi, considerando che il film è a tutti gli effetti suo (lo ha prodotto insieme a George Clooney e Grant Heslov), diremmo sull'autore Affleck.
Ciò che conta nel cinema, come nella vita, è la continuità, la non episodicità, la capacità di mantenere uno standard elevato nel proprio lavoro. Per la serie: vincere è difficile, ma lo è ancor di più ripetersi. Ora, dal momento che il nostro, a quarant'anni, è giunto alla terza fatica dietro la macchina da presa e che le sue capacità di scrittura sono acclarate dai tempi di Will Hunting, non si può fare a meno di guardarlo con un serio occhio monografico. Dopo Gone Baby Gone e The Town, Affleck era atteso dalla verifica del "non c'è due senza tre". Non ha deluso. Di più: ha dato prova di sapersi muovere tra diversi registri e di poter fare un cinema di impegno ma di intrattenimento, "di pubblico" ma di "di critica". Si è insomma iscritto all'elitaria università del cinema classico made in USA, dove, per intenderci, sono passati gli Hawks e i Wilder, gli Eastwood e i Clooney. Solo il tempo dirà se anche Ben riuscirà a portare a casa la laurea. Per ora, godiamocelo in quest'opera, basata su una storia vera, che ha ottenuto eccellenti incassi in America e che potrebbe dire la sua anche nella corsa all'Oscar. Siamo alla fine degli anni Settanta, nel periodo di maggior tensione tra Stati Uniti e Iran. All'indomani della Rivoluzione di Khomeini, l'ambasciata americana di Teheran viene assaltata dai militanti islamici, che, tra i tanti prigionieri, si fanno sfuggire mezza dozzina di funzionari. I sei diplomatici riparano presso la residenza dell'ambasciatore canadese, ma, ovviamente, non possono mettere il naso fuori dalla porta. Come fare a recuperarli? Un blitz della Delta Force? Un'irruzione dei Navy Seals? Macchè. Meglio un finto film. Il giovane agente della CIA, Tony Mendez (Affleck), partorisce la clamorosa idea, poi approvata dai suoi superiori: far credere agli iraniani che i sei dell'ambasciata siano i componenti di una troupe canadese in visita a Teheran per girare un film. Il tutto deve essere fatto a regola d'arte: prima ottenendo la copertura di Hollywood, poi coinvolgendo l'ignara stampa per fare pubblicità al film; infine, mandando in Iran lo stesso Mendez a portare a termine la missione, imbarcandoli su un aereo Swiss Air. Una pazzia? Più o meno. Però, come afferma il protagonista, "è la migliore delle cattive idee". A Los Angeles, Mendez ha l'appoggio di due professionisti: John Chambers (John Goodman), il creatore delle scimmie parlanti de Il pianeta delle scimmie, e Lester Siegel (Alan Arkin), un vecchio produttore abilissimo a muoversi nella Fabbrica dei Sogni. Tra le tante sceneggiature circolanti per Hollywood, salta fuori quella di Argo, discutibile film di fantascienza con tanto di storyboard. È fatta: basta organizzare il party per i media e dare il via alla vera e propria operazione di intelligence. E non è difficile immaginarsi quale ne sarà l'esito.
Argo non si colloca propriamente nel filone del film politico americano nato negli anni Settanta. E non è nemmeno un film storico: infatti, nonostante i fatti siano veri, mancano quegli approfondimenti e quelle contestualizzazioni indispensabili per chi non sa abbastanza sulla vicenda USA-Iran (inoltre, in un film storico, certi anacronismi non sarebbero ammissibili: l'insegna di Hollywood mezza distrutta, come appare agli occhi di Affleck prima di sbarcare a Los Angeles, era in realtà stata ristrutturata nel 1978, un anno prima della crisi degli ostaggi in Iran; la bandiera dell'Iraq mostrata verso la fine del film è sbagliata: quel vessillo sarebbe entrato in vigore solo nel 1991, all'epoca di Saddam). Argo, dunque, è più che altro un thriller, non privo di elementi di commedia. È girato con un'ottima gestione del ritmo, tutto proteso al raggiungimento del climax finale. La pellicola sembra, a dirla tutta, una storia inventata, raccontata come reale. Anche Affleck ne è consapevole, tanto che sceglie di accompagnare i titoli di coda con foto vere, sistemate accanto alla loro fedele ricostruzione su cellulosa. Non è una mossa casuale, ma serve per dire allo spettatore: "guarda, era tutto vero, proprio tutto!" (oltre a "guarda quanto sono stati bravi il direttore della fotografia, i truccatori, gli scenografi e i responsabili degli effetti speciali..."). Colpisce dunque questa sovrapposizione tra "realmente accaduto" e "ricostruito in pellicola". Se si tratti di un punto di forza del film o di una sua debolezza, è ampiamente opinabile. A nostro avviso, è un elemento di forza, perchè dimostra una verità indiscutibile: il cinema, anche con semplicità, persino con la pedissequa riproduzione del reale (pedissequa non è mai, perchè ogni autore ha il proprio sguardo), riesce a portare nello stomaco ciò che passa attraverso la testa. Alla fine, lo spettatore si è emozionato, anche se, a conti fatti, si è dovuto confrontare con delle circostanze storiche nude e crude.
Argo è quindi la magia della Fabbrica dei Sogni, la (auto)celebrazione di Hollywood. Là, dove la creazione si impone su tutto, basta una storiella di fantascienza e due sgangherati organizzatori per risolvere una questione diplomatica. "Anche una scimmia può diventare regista in un giorno!", esclama il produttore Siegel, riferendosi al ruolo di Mendez. Non è vero, e Affleck lo sa bene, frequentando l'università di cui sopra. Ma, laddove tutto è illusione, pure a una scimmia è concesso di risolvere una crisi internazionale. Lo spread è avvertito: altro che professori...
Titolo originale: Argo; Regia: Ben Affleck; Sceneggiatura: Chris Terrio; Fotografia: Rodrigo Prieto; Montaggio: William Goldenberg; Scenografia: Sharon Seymour; Costumi: Jacqueline West; Musiche: Alexandre Desplat; Produzione: Warner Bros. Pictures, GK Films, Smoke House; Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia; Durata: 120 min.; Origine: USA, 2012
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