La tigre e il dragone - Ang Lee PDF 
di Lorenzo De Nicola   

Non è facile descrivere l'avventura, e in questo caso non esiste parola più appropriata, di Ang Lee.
Per farlo bisogna guardare indietro, a che cosa si riferisce direttamente il suo lavoro. La tigre e il Dragone (il titolo originale sarebbe "La tigre in agguato e il dragone nascosto") appartiene a quel genere, esistente in Cina da circa vent'anni, denominato wu xia pian. Ciò che volgarmente chiamiamo il cappa e spada (etimologicamente significa marziale-cavaliere errante-film), trova le sue radici in una lunga tradizione letteraria basata su autori come Wang du Lu (dal cui romanzo, Wo hu zang long, è tratto il film). Come abbiamo detto a questo genere letterario ne corrisponde un omonimo cinematografico, i cui esponenti principali prendono i nomi di King Hu, Tsui Hark e Ann Hui.

Si può quindi affermare che sia un ritorno alle origini per il regista nato a Taiwan e adottato dagli Studios Hollywoodiani. Un ritorno alle origini senza dubbio grandioso. Il progetto nasce direttamente da un'idea del cineasta e, alla sua realizzazione, partecipano le maggiori case di produzione indipendenti di Hong Kong: il budget rimane incredibilmente basso nonostante la pretenziosità del progetto. In un secondo momento si aggiunge all'operazione la Columbia Sony che ne garantisce la distribuzione. Infine, come per aumentarne il prestigio, Ang Lee può vantare la collaborazione del coreografo Yuen Wo Ping (autore degli spettacolari duelli di Matrix) che in quest'opera mette a frutto la sua esperienza per creare scene d'azione veramente fuori del comune.
Ma attenzione, La tigre e il dragone con Matrix non c'entra assolutamente niente!

Anzi, a parte qualche riferimento concettuale, i due film si possono considerare agli antipodi.
La vicenda si svolge nel medioevo cinese, affabulato da storie incredibili tanto quanto i personaggi che le vivono. E questi sono proprio cavalieri erranti in cerca della pace interiore, incredibili eroine mosse dall'amore, temibili streghe, banditi alla ricerca di stelle. Tutti dotati di poteri particolari derivanti dalla sublime conoscenza delle tecniche delle arti marziali, di armi forgiate per essere indistruttibili, di segreti occulti, di verità secolari.

Li Mu Bai è un guerriero e maestro di arti marziali che decide di abbandonare la sua spada (il Destino Verde) per dedicarsi alla meditazione e, in parte, anche all'amore. Abbandona così l'iniziale intento di vendicare la morte del suo migliore amico, deceduto per mano di Volpe di Giada. E affida proprio alla sua amata (con la quale ha fino a questo momento intrattenuto una relazione prettamente platonica), Yu Shu Lien, il compito di portarla in città per regalarla ad un amico di famiglia. E sarà proprio intorno a questa spada, che tutti bramano, che si svilupperà la storia e si muoveranno i restanti protagonisti, come la figlia del governatore, Jen Yu, qua interpretata da Zhang Zi Yi conosciuta dal grande pubblico per La strada verso casa di Zhang Yimou.

Ang Lee tratta, come sempre, questa vicenda con uno stile tutto personale. Avendo pienamente sotto controllo il linguaggio cinematografico, alterna primi piani a campi lunghi, sfrenate carrellate a inquadrature fisse, creando un ritmo visivo inconfondibile. Ma questa produzione si differenzia per la grande spettacolarità di alcune scene d'azione (molte poche rispetto a quello che la campagna promozionale ha voluto far credere). E anche in questo caso il regista si mette in evidenza avvicinando i suoi personaggi, seguendoli nelle innumerevoli evoluzioni, al fine di evidenziare le funamboliche coreografie del suo collega. La macchina da presa ha dei movimenti profondamente calibrati che seguono, in totale armonia e compenetrazione, quelli degli attori. Non ci sono sbavature, né eccessi.

In ogni caso bisogna avvertire coloro che sono completamente a digiuno sia di wu xia pian, sia di cultura zen; infatti per questi il film potrà risultare ostico o banale. Ma proprio per evitare una simile reazione, e per avvicinare la cultura asiatica al mondo occidentale, il regista si avvale dell'espediente dell'umorismo, giocando proprio su quei codici così incomprensibili per la nostra mentalità. Molte sono le battute che sdrammatizzano o minimizzano alcuni passaggi e che aumentano il valore di quest'opera mostrandone l'insita modernità e lungimiranza.
Dopo aver vinto due Golden Globe (Miglior regia e miglior film straniero), La tigre e il dragone si è aggiudicato anche quattro premi Oscar.

 


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