Speciale TORINO CITTA' DEL CINEMA - La parola ai festival PDF 
di Fulvio Montano   

Torino città del cinema è ormai diventato un ritornello snervante, quasi ossessivo. Un po' slogan e un po' sintesi d'intenti, un po' timore di rimanere esclusi e un po' nostalgia, sembra in fondo essere l'inevitabile conseguenza del declino della grande industria (FIAT in testa) e del sistema della cosiddetta città-fabbrica. Il terziario come alternativa, insomma, guidato da quel Sistema Cinema di cui parlano gli amministratori all'inaugurazione della nuova sede del Museo Nazionale del Cinema come all'avvio del DAMS, del modernissimo Multimedia Park come delle innumerevoli iniziative volte al rilancio ed alla promozione della città. E alle presentazioni dei festival, naturalmente.

Sì perché girando per Torino si scopre che si tratta della città d'Italia con la più alta concentrazione di festival cinematografici e tutti di ottimo livello.

TORINO FILM FESTIVAL, FESTIVAL DI FILM CON TEMATICHE OMOSESSUALI, FESTIVAL CINEMAMBIENTE, FESTIVAL DEL CINEMA DELLE DONNE, FESTIVAL DEL CINEMA TRASH e manifestazioni uniche in Italia dedicate a generi più specifici come il FESTIVAL DEL CINEMA SPORTIVO, il FESTIVAL SOTTODICIOTTO, ed il neonato TORINO HORROR FILM FESTIVAL, danno la possibilità a cinephilès, appassionati o semplici curiosi di poter fruire di visioni normalmente improponibili nelle sale normali, garantendo così un vero e proprio sistema di circolazione parallelo al circuito mainstream.

Ma Torino è davvero la città del cinema?
Effettonotte ha girato la domanda ai direttori dei festival torinesi che hanno gentilmente accettato di parlarne (unica star introvabile Clara Rivalta, direttrice del Cinema delle Donne) e che hanno saputo individuare, ciascuno a suo modo, la tipicità della realtà torinese e del loro festival in rapporto ad essa.

Sara Cortellazzo, Presidente dell'AIACE Torino e direttrice del Festival Sottodiciotto: "Torino è una città che ha investito molto. Certo c'è ancora da lavorare, ma le basi, i cineclub e l'Università, c'erano già prima e negli ultimi dieci anni la situazione può dirsi cambiata radicalmente."
"Torino è la città del cinema, no. Perché la città del cinema è Roma, punto."
, afferma Gianni Volpi, Presidente dell'AIACE Nazionale e direttore del Festival del Cinema Sportivo. "Tuttavia è una delle città più importanti in cui si produce cinema, tanto da indurmi il sospetto che il cinema conti sempre meno. Come dire, la Telecom da Torino si trasferisce a Milano, la RAI se ne va a Roma e le TV private che contano rimangono a Milano. Perché decentrare il cinema allora?"

Stefano della Casa, Direttore del Torino Film Festival, sembra voler restituire il dovuto merito alle istituzioni: "Utopistico è pensare che Torino diventi un centro produttivo come Roma. Se la Film Commission ha attirato molte produzioni è perché si è dimostrata efficiente, abile e dinamica. È sull'efficienza che si basa la produzione, poi è chiaro che si sviluppa anche un prodotto locale di operatori e tecnici."
Ancora Gianni Volpi, sulle produzioni torinesi: "Che a Torino si girino cento telenovela a me personalmente non frega nulla, ma capisco che questo crea lavoro per una serie di tecnici, pur senza creare professionalità, visto che si tratta semplicemente di applicarla. È come scrivere su ordinazione, ma cosa questo abbia che fare con il cinema, con la possibilità di esprimersi di autori, attori e tecnici non c'entra niente. Nelle fiction c'è bisogno di una professionalità standard, che già esiste."
D'accordo sembra anche Gaetano Capizzi, Direttore del Festival Cinemambiente: "Torino ha dato grandi nomi al cinema nazionale tra cui Daniele Gaglianone, Mimmo Calopresti e Gianluca Tavarelli. Una generazione di autori, che è anche la mia, di cui questi nomi non sono che la punta di un iceberg. Ma dopo? Loro erano degli autori molto personali, che hanno sperimentato e fatto cose nuove senza seguire dei modelli, anche perché non ce n'erano. Sinceramente non vedo un'altra generazione che si stia affacciando dopo questa e mi sembra che le cose uscite ultimamente siano più sul commerciale, come il film di Marco Ponti."

Per Giovanni Spada, Direttore del Festival del Cinema Trash, secondo cui " la diffusione del Windows 95 in Italia ed il successo del film di Tim Burton Ed Wood, sono stati il brodo che ha permesso la nascita di questa kermesse" invece, "Torino non è la città del cinema perché è una città sabauda, troppo metafisica. Come del resto è il cinema in generale, metafisico. L'Italia, purtroppo, ha recepito in modo negativo la lezione di Pier Paolo Pasolini e non essendoci stata la nouvelle vague siamo rimasti ancorati ad una visione rassegnata e decadente del linguaggio, tanto che trent'anni dopo siamo ancora legati ad un certo tipo di pessimismo contemporaneo che non ci permette di godere del linguaggio. Al cinema ci andiamo per piangere e non per ridere."

La sensazione è comunque quella di un gran movimento di idee, anche se non manca chi solleva qualche dubbio. Dice Capizzi di Cinemambiente: "Dal punto di vista culturale mi sembra che siano cresciute realtà già grandi e si siano lasciate perdere realtà più piccole. Se quindici anni fa ti andava di organizzare una rassegna, era facile ottenere delle sovvenzioni, mentre oggi capita che non ci siano più soldi perché li hanno già dati al Cinemambiente. Questo frustra un po' il pluralismo della proposta e ti tocca di accontentarti di quello che c'è."
E conferma il Direttore del Torino Horror Film Festival, Marco Gasparino, giunto quest'anno alla terza edizione: "C'è un festival importante a Torino che è il Torino Film Festival, forse anche il Festival del Cinema Gay, poi gli altri navigano un po' con quello che rimane, anche economicamente, perciò si è sempre molto in difficoltà. Però, insomma, noi ci mettiamo la passione e speriamo anche qualcosa in più da eventuali sponsor."
Ma anche Giovanni Minerba, direttore del Festival del Cinema Gay: "Nonostante tutti gli anni diamo prova che il nostro festival funzioni, oggi, a pochi giorni dall'inizio non so ancora con che budget lavorare. Il futuro resta sempre un punto interrogativo rispetto al nostro festival."

Quindi, nonostante il vostro sia sicuramente tra i più importanti festival a tematica omosessuale al mondo, non vi sentite coinvolti nel rilancio della città?
Minerba: "Segnali precisi non ne ho visti, e se noi siamo coinvolti nel rilancio della città voglio vedere dei segni. Le tematiche che affrontiamo fanno ancora paura, per questo c'è bisogno di più attenzione soprattutto da parte delle istituzioni."

Volpi dell'AIACE Nazionale: "C'è una grande fioritura di autori torinesi che è senz'altro segno di vitalità, ma sono comunque autori che tendono a molta indipendenza, tanto che spesso succede che a Torino facciano i primi film indipendenti e poi se ne vadano a Roma, perché il cinema si fa a Roma.
E poi c'è questa storia dei festival, che hanno tutti un loro prestigio, sono molto curati e non c'è quella cialtroneria che di solito contraddistingue il mondo del cinema, ma nessuno di loro è in grado di lanciare un film, la loro incidenza al di fuori è zero per tutti, nessuno escluso.
I festival son sempre un motivo di vitalità per la circolazione delle idee e importanti per vedere cose che altrimenti non si vedrebbero, tanto che si arriva al paradosso che le istituzioni son più ben disposte a una settimana di festival che ad una rassegna d'essai che duri tutto l'anno."

Replica Della Casa del TOFIFE: "Certo che il festival riesce nella promozione di un film. Se Paul Rocha è riuscito a fare un film in Portogallo, è perché ha portato nel suo Paese il libro che avevamo pubblicato. Chiedetelo a Mimmo Calopresti se non serve venire al festival, chiedetelo ad Abel Ferrara. Lo stesso R'Xmas lo hanno distribuito in Italia perché è passato di qua, e non viceversa. Tutti i documentari presentati lo scorso anno sono stati acquistati dalle pay-tv. (…)Fino a un certo limite un festival è utile perché fa conoscere e fa parlare gli autori, oltre quel limite diventa utile se riesce a trovare anche un mercato. Ci sono tanti mercati oggi, in cui la parte grossa sono le televisioni. Non c'è documentario oggi che non si faccia senza un minimo di impegno da parte di una pay-tv o della Rai o di Mediaset. Un film è di successo se lo acquista una televisione."

Ogni edizione del festival dà comunque la possibilità di visionare grandi quantità di materiale, dai film stranieri non distribuiti in Italia alle produzioni indipendenti che non approdano al grande pubblico. Una posizione privilegiata, quindi, per un'opinione sullo stato del cinema a tematica e non in Italia e sulle peculiarità, se ce ne sono, della produzione italiana nel panorama europeo.
Capizzi di Cinemambiente: "L'Italia è un po' indietro per quanto riguarda le produzioni ambientali. Quando noi facciamo le selezioni accade che arrivi una grossa quantità di film da certe nazioni, come il Canada che ha una grandissima produzione di film a tematica ambientale, e da altre meno. Io ho fatto un teorema su questa cosa, e cioè che dove esiste una cultura ambientale più avanzata e un Paese più attento alle proprie risorse ci sono, in genere, più investimenti, più produzioni e più pubblico. In Italia questo succede poco o nulla."
Spada del TrashFestival: "Il cinema Trash nasce negli USA negli anni settanta e approda in Italia solo negli anni novanta, nel momento in cui la nostra generazione, quella che va dai trenta ai quarant'anni, assimila un certo tipo di icone e si inizia a parlare di trash, di immondizia del linguaggio.
Su 200 autori che partecipano al festival il 90 per cento non è torinese, perché le grandi scene trash dal punto di vista linguistico qui in Italia sono il triveneto, il centro Italia e la Puglia."

Della Casa del TOFIFE
: "La produzione italiana è nello standard. C'è un paese che è la Francia, che è uscito dallo standard grazie a una politica che è ventennale e ad un'onda lunga di investimenti che è riuscita a creare uno star system. Un problema comune nel panorama europeo è l'enorme difficoltà ad uscire fuori dai confini nazionali. E questo è un problema che si risolve solo perseguendo la politica dello star system. Ad esempio la coppia Boldi-De Sica, che personalmente trovo straordinari, sono oggettivamente intraducibili."
Minerba del GayFestival: "Il cinema in Italia rispetto alla tematica omosessuale non è zero, ma, diciamo, uno. Si vede qualche corto, qualche lungo come questo Giorni di Laura Muscardin, che è uscito solo a Roma e che abbiamo deciso di riproporre al festival, e basta. In giro per l'Europa c'è materiale per due festival all'anno, non c'è confronto con l'Italia.
Questo accade perché c'è sempre un punto da tener presente: un film va bene, più di uno potrebbero dare fastidio. A Roma, a un angolo di Roma che ha richiesto determinate leggi, che fornisce determinate indicazioni su come deve essere la vita in Italia e così via."

Tutti hanno comunque costatato un bellissimo rapporto con la città e con il pubblico.
Capizzi di Cinemambiente: "Organizzare un film festival significa contare sulla fiducia del pubblico, che a sua volta si fida degli organizzatori, perché sa che vedrà un prodotti di qualità. Per fare questo c'è bisogno di tempo. (...) Noi copriamo un settore che interessa soprattutto studenti e ambientalisti, ma anche cittadini che si pongono delle domande sull'ambiente in cui vivono, perché le contraddizioni dell'ambiente sono indicative della realtà che viviamo. In particolare siamo molto attenti alla realtà indipendente e alla realtà del documentario, che oggi sono in crescita sia all'estero che in Italia."
Della Casa del TOFIFE: "Essendo l'unico festival italiano che si svolge in una grande città e non in una località turistica, abbiamo puntato sul fatto di coinvolgere il pubblico cittadino e quest'anno col festival abbiamo incassato quasi 200 milioni, che credo sia un record assoluto. Il rapporto con il pubblico è quindi abbastanza buono, si tratta di un pubblico affezionato: quando ha preso fuoco il magazzino, l'anno scorso, abbiamo raccolto 30 milioni di sottoscrizione."
Sara Cortellazzo del Sottodiciotto: "Il nostro festival raccoglie l'eredità del Cinema Giovani rivolgendosi in maniera più radicale ai giovani. La formula è particolare e nulla c'è di analogo in Italia. La cosa che ci si avvicina di più è il Giffoni Film Festival, ma è molto di vetrina. Dal primo anno abbiamo subito avuto buoni risultati sia in programmi, che in affluenza di pubblico, che di stampa."
Spada del TrashFestival: "Il rapporto con la città è ottimo, siamo conosciuti in tutti i locali. Il nostro festival a basso costo lo facciamo nei pub, perché nel pub si può fumare bere e toccarsi e questo fa sì che ci sia un rapporto tattile con la città.
Minerba del GayFestival: "Il rapporto con la città è buono soprattutto per quanto riguarda il pubblico. Con le istituzioni è altrettanto buono anche se non è quello che vorremmo e che il festival merita. Anno per anno hai esigenze maggiori, che dipendono dal successo e dalle aspettative del pubblico, devi per forza dare qualcosa in più e quindi hai bisogno di qualcosa in più."
Se non città del cinema Torino sembra indubbiamente essere la città del pubblico e della critica.
Della Casa del TOFIFE: "Credo che Torino sia sempre stata non tanto la città del cinema quanto la città leader per quello che riguarda il dibattito sul cinema. Si parla sempre del muto e di Cabiria, ma in realtà Torino è stata la prima città che ha promosso un corso universitario di cinema, la città con il maggior numero di riviste di cinema, da Cinema Nuovo a Ombre Rosse, allo Spettatore Cinematografico, e la più grossa tradizione di cineforum e cineclub. Il Movieclub da cui veniamo io e Turigliatto era il più grosso cineclub d'Italia."
Spada del TrashFestival: "Questa non è la città del trash, perché non è una città del cinema. Hollywood è cinema, Torino è la città della cultura che nasce dall'alto, della cultura di regime che ha in Gianni Vattimo la sua sintesi. Il trash è un linguaggio universale che appartiene a tutti, da Los Angeles a Hong Kong, da Torino a Londra."

L'ultima parola a Gaetano Capizzi di Cinemambiente: "Torino è una grossa realtà nel cinema nazionale, ma non è Roma né Milano. Torino ha però un'importante tradizione cinematografica, ha il DAMS e una vocazione che si sta sforzando di ricreare, ma soprattutto un pubblico colto su cui può contare. Insomma direi che sì, Torino può diventare la città del cinema."
E a Spada del TrashFestival: "Un saluto a Effettonotte".

 


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