Michael Clayton PDF 
Davide Vanni   

ImageKewer Bach Leedem è un importante studio legale di New York che si trova invischiato nella difesa di una potente multinazionale, la U North, produttrice di un diserbante ritenuto tossico per l’uomo. Dopo anni di lavoro nel tentativo di “coprire” e tenere saldi gli interessi della U North, Arthur (Tom Wilkinson) decide di passare dalla parte degli agricoltori che chiedono a gran voce giustizia. Lo studio legale, fortemente preoccupato del comportamento del proprio socio, affida a colui che è considerato lo specialista in fatto di “pulizie” il compito di riportarlo alla ragione. Michael Clayton (George Clooney) tenterà invano di far cambiare idea all’amico scatenando l’azione decisa degli uomini della U North che uccideranno Arthur simulandone un suicidio. A poco a poco Michael intuisce e ricostruisce la verità e le ragioni dell’amico, finendo anch’egli nel mirino della multinazionale.

ImageRumore di chiavi e di cancelli che si chiudono e una voce che inizia a supplicare. Una voce che sembra sprigionarsi dall’interno di una prigione fatta di sbarre e spazi vuoti. Una supplica indirizzata a Michael che parte dall’interno di un grattacielo, di uffici deserti in cui, come fantasmi, si aggirano gli uomini delle pulizie. Chi parla? Chi sogna? Chi delira? La sequenza iniziale di Michael Clayton avvicina/introduce la storia allo spettatore con un fascino e una delicatezza degni di nota, con un tono tra il desolante e il paranoico che rimarrà coerente fino alla fine. La voce cessa la sua supplica, Michael è seduto al tavolo da gioco di una bisca clandestina, nel cuore della notte è chiamato a risolvere l’ennesima situazione problematica, “a fare pulizie”: un importante cliente di un amico ha investito una persona non prestandole soccorso ed ora ha bisogno di un consiglio legale. È l’alba, l’auto di Michael imbocca una strada sterrata in piena campagna, tre cavalli fermi sulla sommità di una collina attirano la sua attenzione, l’auto si ferma, Michael si avvicina e accarezza uno dei cavalli, l’auto esplode...

ImageLa storia inizia con un grande salto temporale in avanti ed è logico che ci si trovi disorientati. Ma ecco che la storia riparte dal giusto inizio, torna indietro di quattro giorni nel momento in cui Arthur, uno dei soci dello studio legale dove Michael lavora, manifesta la sua presa di posizione contro la multinazionale che sta difendendo, e lo fa denudandosi in pubblico in una sala di deposizione. In poco tempo tutto è chiaro, fin troppo chiaro e prevedibile. La solita storia di ingiustizia: un diserbante letale prodotto dalla solita potente/prepotente multinazionale difesa da un intero studio legale di New York; la solita storia dei buoni che cercano di fare giustizia e dei cattivi che tentano fino all’ultimo di vincere la partita anche con mezzi illegali. Già, tutto questo è vero, se da un lato inizialmente eravamo stati spiazzati dall’andamento degli eventi dall’altro dopo pochi minuti abbiamo già la consapevolezza di come andranno le cose. E si trova proprio qui, in questo punto, l’enorme pregio e merito della pellicola di Gilroy, che con intelligenza ed eleganza è in grado di portare avanti una storia banale e prevedibile giocando non tanto sugli eventi ma sugli stati d’animo, sulla psicologia e sulla trasformazione dei due personaggi baricentro, Arthur e Michael, due grandissime interpretazioni. Michael è un uomo circondato da fallimenti: un divorzio, un figlio che vede di tanto in tanto, un fratello alcolizzato, un bar ceduto all’asta. La sola sicurezza che lo fa andare avanti è rappresentata dalla freddezza con cui riesce a risolvere le situazioni problematiche, a pulire le strade dagli errori umani, “meno casino c’è e più faccio in fretta” sarà una delle sue prime battute. Un uomo che ha sofferto di fronte alla vita e che ha deciso di conseguenza di rifugiarsi nella freddezza e nella rigorosità nascondendo il proprio cuore ferito, assopito e allontanato dalle passioni. Arthur è l’amico che soffre di “instabilità chimiche”, che gli altri non tardano a chiamare follia per giustificare le sue azioni. La sua instabilità, l’atto di protesta dopo anni di sottomissione è l’evento chiave che apre la storia e innesca il meccanismo del cambiamento, una frattura decisiva oltre la quale è possibile una nuova presa di coscienza.

ImageTutto è prevedibile si è detto, ma tutta la prevedibilità è circondata da un’atmosfera grigia, fredda, bloccata così dalla colonna sonora come dai dialoghi fatti di poche parole e mai serrati, come dai colori cupi, dalle inquadrature che si soffermano lentamente penetrando fin dentro le carni dei personaggi, un’atmosfera non per questo indifferente e indolore se pensiamo alla spietata e incruenta uccisione di Arthur. La medesima atmosfera investe il mondo dei cattivi impersonificato dal personaggio di Karen (Tilda Swinton), la rappresentante legale della U North. Una donna spietata e decisa sul da farsi, ma nello stesso tempo logorata dal male interno che trasuda copioso dal suo corpo bloccandone i gesti, le parole come in uno stato di paura. Tempo sospeso in un’attesa di un risveglio, una rinascita più o meno simbolica: “bisogna superare la prova del tempo! Il tempo è ora” dirà Arthur nel suo delirante monologo iniziale. I due eroi si trovano proprio come i personaggi del libro letto e consigliato da Henry, il figlio di Michael. In Regno e conquista si narra di un regno dove ognuno lotta per sé e di disertori che hanno abbandonato l’esercito per rifugiarsi nella solitudine del bosco. Arthur, senza pensarci, fa suo il significato del libro, mentre Michael, più inconsapevolmente, si affida ad una delle illustrazioni del testo, quella in cui tre cavalli stanno fermi in cima ad una collina, per “morire”, “perdersi nel bosco” e “ritornare alla vita”.

C’è da dire anche che l’equilibrio del film (prodotto tra gli altri dallo stesso Pollack e da Soderbergh) non è minimamente intaccato dai cliché hollywoodiani, non c’è azione dirompente, non c’è una storia d’amore, ma tutto segue una straordinaria coerenza stilistica fino alla resa dei conti, al momento catartico spogliato da “grida e applausi”, da una gioia concreta, da un’esultare giustificato. Alla catarsi segue la semplicità di una corsa in taxi senza una metà, una corsa in cui lo sguardo dell’eccezionale Clooney è completamente rivolto al proprio mondo interiore, finalmente ritrovato.

 

SCHEDA FILM

TITOLO ORIGINALE: Michael Clayton REGIA: Tony Gilroy SCENEGGIATURA: Tony Gilroy FOTOGRAFIA: Robert Elswit MONTAGGIO: John Gilroy MUSICA: James Newton Howard PRODUZIONE: USA ANNO: 2007 DURATA: 119 min.

 


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