In Italia come nel resto del mondo il dibattito sulla liberalizzazione o meno delle droghe leggere sta proseguendo da diversi anni, riproponendosi in maniera insistente e con una certa regolarità. Paladino indiscusso dell'antiproibizionismo è stato - ed è tuttora - il partito radicale, capeggiato dall'instancabile Marco Pannella, che fin dagli anni settanta continua la sua lotta contro leggi più o meno penalizzanti varate dai diversi partiti che si sono alternati al governo.
L'erba proibita, scritto e prodotto da Daniele Mazzocca e Cristiano Bortone, affronta in maniera sistematica e rigorosa questo spinoso argomento cercando di fare il punto della situazione e fornendo alcuni dati essenziali per comprendere un fenomeno spesso manipolato, per combattere i luoghi comuni e i facili moralismi che prontamente s'incontrano sul cammino della canapa.
Quest'ultima è pertanto la vera protagonista, la pianta della discordia che, se da una parte risulta motivo di un traffico criminale e mafioso, dall'altra si propone come coltivazione del futuro, fonte inesauribile di materia prima per l'industria, che sia edile, tessile o farmaceutica. E ancora risorsa naturale per la produzione di combustibili, vera e propria alternativa al disastroso consumo petrolifero.
Questa dicotomia non può non causare una certa confusione, trasformando una questione semplice in qualcosa di oscuro e tortuoso. I due registi affrontano in maniera coraggiosa questo "viaggio" scegliendo come Caronte un Paolo Rossi maliziosamente ingenuo. Alle sue facili e, perché no, scontate domande loro rispondono con testimonianze provenienti da tutto il mondo, passando dalle mete olandesi e svizzere, e facendo intrecciare il giudizio del medico con quello dello storico, del consumatore con il produttore, del proibizionista con le vittime del proibizionismo stesso.
Il messaggio che si vuol dare è fin troppo chiaro e s'inserisce in una corrente che investe il mondo artistico e culturale in tutte le sue maggiori espressioni. Non è un caso che la colonna sonora sia firmata da gruppi della scena nostrana che hanno fatto dell'antiproibizionismo il loro cavallo di battaglia. Le note di Radici nel cemento, 99 Posse, Sud Sound System, Reggae National Ticket, solo per citarne alcuni, scandiscono il tempo di questa piccola opera che vanta un ritmo incalzante, sostenuto da un montaggio veloce e accattivante.
Ma ciò che più colpisce è proprio la sua profonda sincerità, la volontà esplicita di indagare un tema scottante in maniera libera e smaliziata rimanendo sempre sopra le righe. Il film si muove in modo elegante su quella sottile linea che separa la corretta espressione di un pensiero dalla facile retorica all'incontrario. Benché gli autori siano a favore della liberalizzazione non sono reticenti ad affrontare il proprio "studio" con uno sguardo d'insieme che va ad abbracciare anche i pareri contrari e sconvenienti. Le componenti storiche, politiche e di costume sono indagate singolarmente e miscelate in maniera sapiente, riuscendo in questo modo a fornire un quadro d'insieme stimolante ed esaustivo.
L'erba proibita si presenta quindi come un vero e proprio prontuario della canapa, un piccolo documento visivo indirizzato allo spettatore per fargli sapere una volta per tutte, parafrasando il sottotitolo, "tutto quello che non gli hanno mai detto".
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