L’Italia è una Repubblica “affondata“ sul lavoro. “Pronto sono Luca, in cosa posso esserle utile?”. Parte dall’incipit del testo costituzionale e finisce con il punto interrogativo, velato di frustrata cortesia, di un operatore telefonico, la strada che porta dritta al porto dove sta ancorato il Titanic zeppo di passeggeri precari in attesa dell’appuntamento con l’iceberg fatale. Ascanio Celestini, attore “de Roma”, ci fa su un documentario sulla questione call center, emblema e simbolo della flessibilità italiana. Su di essa avevano già speso parole Aldo Nove (Mi chiamo Roberta, ho 40 anni, guadagno 250 euro al mese...) e Michela Murgia (Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria) che, con i loro scritti, aprivano la strada all’equazione precariato uguale telefonista. Parole sante sposta un poco il tiro: alla sequela ormai nota delle infami condizioni di lavoro del sub-mondo call center affianca il racconto della resistenza dei ragazzi che lì dentro ci lavorano, o meglio, ci lavoravano, dato che al momento alcuni di loro si ritrovano con un avviso di garanzia in più e un lavoro in meno. “Piccolo manuale di resistenza” l’ha definito qualcuno, perché dentro ci trovate gli scioperi degli operatori, i picchetti fuori dal palazzo dell’Atesia (questo il nome dell’impresa che forniva servizi di assistenza per conto di Telecom), le riunioni, l’istituzione dei comitati, gli esposti all’ispettorato del lavoro, gioie e dolori di chi si è ricordato di essere un lavoratore e non un collaboratore a tempo determinato. Si procede per piani stretti e storie folli che però sono normali, tanto da dare a Celestini materia per piccole recite di sotto fondo. L’attore riprende le parole degli intervistati e ne fa narrazione, senza cambiare nemmeno una virgola, senza drammatizzarne i toni. Basta ripetere: 300.000 telefonate al giorno, 4000 lavoratori e nessun dipendente, tre settimane di inserimento non retribuite, mouse fissati ai pc con i lucchetti, lavoro a cottimo, 500 euro al mese, liberatorie in cambio del rinnovo contrattuale, finanziarie sana debiti, sindacati conniventi… Shakespeare prende appunti nella sua tomba e maledice le notti a distillare dolori, che per tirar fuori una tragedia dovevi sempre metterci il morto. Celestini fa a meno del cadavere perché non ne ha bisogno. Il documentario, come dice lui stesso, gli viene un po’ loffio, ma è solo questione di tempo. Basta aspettare, come il signore qualunque del monologo finale che, a casa davanti al lavandino che perde, si domanda quanto ci metteranno le gocce che si tuffano fuori dal tubo di ferro a inondare tutto il palazzo. “Ma no, vedrai che una soluzione si trova - pensa l’uomo qualunque -, in fondo è solo una goccia”. Giusto, per carità, però un dubbio gli viene: "visti da lontano gli iceberg non sembrano solo piccoli pezzi di ghiaccio?". TITOLO ORIGINALE: Parole sante; REGIA: Ascanio Celestini; SCENEGGIATURA: Ascanio Celestini; FOTOGRAFIA: Gherardo Gossi; MONTAGGIO: Alessandro Pantano; MUSICA: Ascanio Celestini, Roberto Boarini, Matteo D’Agostino, Gianluca Casadei; PRODUZIONE: Italia; ANNO: 2007; DURATA: 75 min.
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