È un piccolo grande gioiello Sita Sings The Blues, presentato in anteprima italiana al Future Film Festival di Bologna 2009, dopo aver ottenuto importanti riconoscimenti in diverse rassegne internazionali e vincendo il premio come migliore pellicola al Festival di animazione di Annecy. Non è semplice definire l’opera della regista Nina Paley, ma si può suggerire un’idea spiegando come si tratti della geniale trasposizione animata del Ramayana, poema epico dell’antica India, filtrato attraverso l’esperienza personale e la sensibilità femminile dell’indipendente artista americana, che nel 2002 seguì il compagno in India, dove ebbe l’occasione di leggere il Ramayana. Sita Sings The Blues è il suo primo lungometraggio di animazione, prodotto dalla stessa Paley e da lei animato in cinque anni sul suo computer di casa.
Il film è un’opera divertente e certamente innovativa, in virtù della giustapposizione attuata dalla regista di più stili estetici e diversi livelli narrativi. La storia principale ripercorre le gesta della leggenda indiana e in particolare di Sita, devota moglie di Rama, principe di Ayodhya, condannato a un esilio di 17 anni dopo essere stato usurpato del diritto di successione al trono paterno. Sita segue il suo uomo, ma viene rapita dal potente Ravana, che prova a sedurla. Sita però resiste alla corte serrata del re di Lanka e rimane fedele al marito, di cui è profondamente innamorata. Quando però Rama, grazie a un esercito di scimmie, riesce a liberarla, non crede alla parola della donna e per testare la sua purezza la sottopone a una vera e propria prova del fuoco. Sita ne esce illesa e l’uomo sembra riacquistare fiducia. L’esilio è, nel frattempo, terminato. I due coniugi tornano ad Ayodhya, dove Rama viene sbeffeggiato e deriso da tutti perché ritengono improbabile l’ipotesi che Sita, ora per giunta incinta, non sia stata violata da Ravana. L’uomo perciò la bandisce per salvare l’onore e il potere. Rama la ritroverà solo anni dopo, quando i gemelli maschi sono ormai grandi, e metterà ancora in discussione la lealtà di Sita. Alla donna non resterà che una sola cosa da fare...
Nina Paley re-interpreta i nodi cruciali della storia attraverso splendide performance musicali e coreografiche create in stile cartoon, alternandole alla narrazione vera e propria. In questi numeri, Sita è una sorta di Betty Boop ma con la voce di Annette Hanshaw, grande interprete jazz degli anni Venti e Trenta, le cui canzoni fanno da contraltare naturale alle peripezie sentimentali della protagonista. A incarnare il ruolo di narratori extradiegetici sono tre ombre di burattini indonesiani, che ironicamente cercano di ricostruire i dettagli della storia, generando più confusione che altro. Lo stile dell’animazione varia ancora in questi segmenti, perché sfrutta le potenzialità della tecnica del collage con personaggi stilizzati in acquarello e immagini che sembrano ritagliate dai giornali rievocando in qualche modo la cultura Hindu. Parallelamente al Ramayana, si dipana la storia fortemente autobiografica della regista, raccontata mediante un’estetica fumettistica. Anche in questo caso si tratta della storia di un abbandono, della fine di una relazione. Nina e Dave vivono a San Francisco insieme al loro gatto Lexi, quando Dave è chiamato per un lavoro in India dove inizialmente deve trattenersi solo qualche mese, che poi diventa un anno. Nina allora lo raggiunge, ma Dave è freddo e distante. La donna deve recarsi a New York e Dave coglie l’occasione per lasciarla, tramite e-mail, dicendole di non tornare da lui in India. Il colpo per Nina è duro da metabolizzare. Il dolore e l’umiliazione paiono insopportabili. Ma la vita sa riprendere il suo corso e la lettura del Ramayana segna un punto di svolta, rivelando al contempo allo spettatore l’origine, e l’anima, del film.
Lavoro frizzante e leggero, ma non di certo banale, Sita Sings The Blues merita di essere recuperato non solo per il suggestivo soundtrack e per i colorati disegni, ma anche per l’intelligente riflessione che innesca sul genere femminile, sul rapporto di coppia e sul sempre attuale trauma da abbandono.
TITOLO ORIGINALE: Sita Sings the Blues; REGIA: Nina Paley; SCENEGGIATURA: Nina Paley; MUSICA: Todd Michaelsen; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2008; DURATA: 82 min.
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