Super size me PDF 
di Claudio Cinus   

Forse, non troppo tempo fa, le vicissitudini quotidiane di un ragazzotto americano che decide di fare colazione, pranzo e cena da McDonald's per un mese intero, tanto per vedere l'effetto che fa, non avrebbero interessato nessuno. I tempi, evidentemente, sono cambiati. Chiamiamolo pure "effetto Michael Moore", ma questo modo di fare documentari al cinema, in cui i cineasti occupano "militarmente" lo schermo - correndo il rischio a volte di essere tacciati di faziosità e sovraesposizione -, ha un suo fascino, soprattutto se portato avanti con una certa ironia, una documentazione il più possibile rigorosa, e magari scansando anche i pericoli di una regia piatta e monotona attraverso il ricorso a un patchwork di stili che vanno dall'uso della macchina da presa a mano, alle classiche interviste fino al divertito inserimento di "pezzi animati".

Morgan Spurlock, regista-attore-factotum del bizzarro Super size me, non si fa mancare niente. Il suo è un film bulimico, costruito sull'accumulazione di cibi, di corpi sovrabbondanti, di notizie, di momenti privati. Perché quest'uomo abbia voluto sperimentare su di sé una dieta a base dei cibi della più imponente catena di ristorazione del mondo globalizzato è un bel mistero. Ma non contano le motivazioni, quanto le conseguenze. Devastanti. Spurlock, uomo in perfetta forma, dopo l'esperimento si ritrova ingrassato, col fegato distrutto, la salute peggiorata. Ma filmando interventi di personaggi qualificati o di altri bizzarri figuri, e integrando con dati e statistiche, si ritrova anche con un film bell'e fatto. Lo spunto prevede la presenza continua del regista sullo schermo, mentre si ingozza, si fa visitare dai medici, e poi si ingozza di nuovo per farsi nuovamente visitare. Un test rigoroso questo che serve per spazzare via ogni preconcetto con una dimostrazione pratica, i cui risultati sono esattamente quelli che ci si aspettava, forse peggiori.

Ma non manca anche una parte più prettamente d'inchiesta sulla cultura del cibo negli Stati Uniti. L'autore ha girato i McDonald's di mezza America, ma è entrato anche nelle scuole - con un'invadenza "alla Moore" appunto - per far luce sul fatto che la diseducazione alimentare, per gli statunitensi, comincia da giovani e porta agli esiti che il film mostra abbondantemente, più con senso dell'orrido che di umana comprensione: ovunque corpi obesi, smisurati, affetti da un sofferente gigantismo. L'inchiesta è sacrosanta. L'esperienza personale di Spurlock, cocciutamente sordo ai ripetuti appelli da parte dei medici, della fidanzata vegetariana e persino di mammà, un po' meno. La sua ostinazione, il desiderio di finire a tutti i costi la prova per donarne al pubblico gli esiti in maniera completa e incontrovertibile, non sono forse esagerati? Eppure, un uomo che immola il proprio corpo per il bene dell'umanità, con tutti quei brandelli di carne poi, non ricorda a tratti La passione di Cristo di Mel Gibson? In fondo, c'è lo stesso compiacimento fastidioso e ricattatorio nel mostrare il deterioramento di un corpo, la coazione al suo danneggiamento (là con la frusta, qui con l'hamburger), e, perché no, la stessa volontà di esagerare con la pretesa di essere documento, rischiando al contrario lo sconfinamento nell'iperrealismo.

Una versione liberal del film reazionario, integralista e senza speranza di Gibson? Se il tentativo di atterrire la platea sembra simile, la vera differenza sta dopo il film: al termine di Super size me, lo spettatore può scegliere dove andare a mangiare. In questo piccolo spiraglio, che a differenza del film di Gibson lascia al malcapitato spettatore ancora una possibilità di salvezza, sta forse la sostanziale differenza tra due operazioni altrimenti inquietantemente assimilabili.

 


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