Breaking News PDF 
Fabio Fulfaro   

Johnnie To va a Hollywood? Vedendo Breaking News nell'anno di grazia 2004 la domanda  sarebbe stata  legittima perchè i richiami a certo cinema spettacolare (viene in mente un titolo su tutti: il primo Die Hard di John Mc Tiernan) sono molto evidenti e la stessa costruzione della storia è un puro pretesto per organizzare scene d'azione adrenaliniche tralasciando motivazioni sociologiche e spessore caratteriali dei personaggi. Eppure (e siamo ormai nel 2010), Johnnie To il gran salto non l'ha ancora fatto, forse spaventato dal destino dei suoi predecessori John Woo e Tsui Hark, forse timoroso di perdere l'autonomia decisionale sulla sceneggiatura e, soprattutto, sul final cut. O forse è solo questione di tempo.

In una Hong Kong claustrofobica, attraversata da scorribande di malviventi che sparano all'impazzata sotto l'occhio terrorizzato dei passanti, la polizia cerca di acquistare credibilità nei confronti dell'opinione pubblica organizzando una messa in scena mediatica su una caccia all'uomo all'interno di un labirintico appartamento nel centro di Hong Kong. La regista di questo reality show propagandistico è l'algida poliziotta Rebecca (Kelly Chen, già vista in Infernal Affairs), che nel corso dell'azione vede moltiplicarsi i malviventi cui dà la caccia (se ne contano in tutto sei) e imbastisce un duello narcisistico con il capo di una della bande, faccia d'angelo Yuen (Richie Ren, che rivedremo in un altro film di To, Exiled), naturalmente attratto dalla giovane tenente. Nel gioco del doppio si inserisce anche il luogotenente Nick Cheung, che tende a disobbedire agli ordini del suo capo Rebecca e con il suo comportamento anarchico tende a farle saltare i piani ipertecnologici e calcolati.

Insomma niente di nuovo sotto il sole, ma Johnnie To, pur non avendo molto da dire, lo dice benissimo. A cominciare dal piano sequenza di oltre sette minuti che apre il film, in cui la macchina da presa svolazza per vie ascendenti e discendenti, ruotando continuamente e cambiando il punto di vista, spiando da finestre o schivando le pallottole per strada. Per proseguire con le riprese tachicardiche delle sparatorie condotte con una perizia tecnica al livello dei colleghi americani (vengono in mente le scene delle rapine di Michael Mann in The Heat e Public Enemies), gli split screen depalmiani (come depalmiano è il long shot iniziale), la macchina da presa lanciata in stretti corridoi che richiamano labirinti di kubrickiana memoria, l'immancabile ralenti dell'epilogo (un omaggio al grande John Woo, suo vero nume tutelare). È un peccato che a questo talento visionario e a tanta dimestichezza a maneggiare i ferri del mestiere non corrispondano altrettanta profondità tematica e narrativa. Certi personaggi sembrano davvero monodimensionali, quasi robotici nelle loro azioni, poco riflessivi e molto prevedibili. L'unico personaggio in cui è abbozzato un timido tentativo di motivazione psicologica è quello del giovane Delon (Alain Delon è uno dei miti di Johnnie To e, non a caso, avrebbe dovuto essere il protagonista di Vendicami, poi la parte è andata a Johnny Hallyday), Richie Ren -Yuen, la cui doppia anima di sbirro/malvivente rimane confinata nel segreto di una fotografia che grida vendetta e che vola via sulla strada come il foglio di giornale all'inizio del film.

Mentre la giovane tenente prova a manipolare l'opinione pubblica montando i filmati ad arte e proponendo interviste strappalacrime con i familiari dei deceduti, i fuggiaschi approfittano di internet per far pervenire il loro punto di vista su quello che accade, sabotando il plagio del sistema massmediatico. Non importa quello che accade veramente, esiste solo quello che si vede in TV, e questa lezione l'abbiamo ormai imparata a memoria con il bellissimo (e boicottatissimo) Redacted di Brian De Palma. Nella guerriglia urbana che trasforma Hong Kong in una specie di Beirut asiatica la propaganda si nutre di proclami fascistoidi e continue lobotomie attraverso il mezzo televisivo, nel tentativo di fare schierare lo spettatore medio dalla parte delle forze dell'ordine. Johnnie To sembra invece schierarsi tra le fila delle forze del disordine, e questo è reso più evidente dalle scene dentro l'appartamento assediato, nel quale si crea una specie di complicità tra sequestratori e ostaggi, con tanto di pranzetto conviviale. L'ironia e il sarcasmo vengono concentrati nella figura del goffo Lam Suet (inconfondibile volto del cinema hongkonghese e presenza fissa dei noir firmati Milkyway), padre di famiglia che con il suo comportamento  irresponsabile mette a dura prova la pazienza dei due capi banda, che nel frattempo si sfidano tra i fornelli.

Tra l'Anticrimine, l'Antimafia e i Servizi Segreti (televisivi?) la confusione è massima e l'inseguimento ai cattivi si perde nei rivoli dei conflitti di competenza e della burocrazia. Nonostante l'epilogo apparentemente classico, il cinismo di fondo sembra confermarsi nel fatto oggettivo che rapine e violenze continueranno e una città come Hong Kong non potrà mai veramente dirsi sicura. Qualche soffio occidentale appare a sprazzi durante il film (il poster di David Beckham, il cuscino di Nemo, le lattine di Coca Cola) e Breaking News tende in realtà alla globalizzazione di certi comportamenti, all'imitazione della spettacolarizzazione, soprattutto della notizia. Insomma è la stampa, bellezza ... Resta comunque il marchio di fabbrica Milkyway e la capacità di tirare fuori il meglio anche da piccoli budget, una cura particolare della fotografia (sempre del sontuoso Cheng Siu) e della colonna sonora extradiegetica autoctona (di Ben Cheung, Chung Chi-Wing), che scorre tra gli interni e gli esterni di una Hong Kong livida e crepitante di violenza.

TITOLO ORIGINALE: Dai si gin; REGIA: Johnnie To; SCENEGGIATURA: Chan Hing Kai, Ip Tin Shing; FOTOGRAFIA: Cheng Siu Keung; MONTAGGIO: David Richardson; MUSICA: Ben Cheung, Chung Chi Wing; PRODUZIONE: Hong Kong/Cina; ANNO: 2004; DURATA: 90 min.

 


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