Post Mortem PDF 
Francesca Druidi   

Giunto al terzo film, dopo Fuga e l’acclamato Tony Manero, il regista cileno Pablo Larrain si sta imponendo come una delle rivelazioni più promettenti del panorama cinematografico internazionale. Lo conferma anche Post Mortem, riconosciuto come una delle opere migliori del concorso ufficiale alla 67esima edizione del Festival di Venezia, rimasto alla fine escluso dal palmares.

Nel settembre cileno del 1973, Mario Cornejo (Alfredo Castro) è un funzionario pubblico impiegato presso l’obitorio, dove si occupa di dattilografare le autopsie effettuate dai medici. Mario conduce un’esistenza impassibile e vuota, in uno stato di pressoché costante straniamento nei confronti della realtà che lo circonda. A (s)muovere e indirizzare in qualche modo le sue azioni è soltanto l’amore ossessivo per Nancy (Antonia Zegers), sua vicina di casa, una donna problematica che fa la ballerina in un locale di infima categoria, il cabaret Bim Bam Bum. Nancy non disdegna le attenzioni di Mario, ma più per il male di vivere che sente accomunarli e per convenienza che non per un reale interesse. Le loro solitudini sembrano comunque arrivare a sfiorarsi quando a irrompere sulla scena è il golpe dei militari di Pinochet che destituiscono il presidente in carica Salvador Allende. Mario, che fino a quel momento aveva vissuto ai margini della società, e degli avvenimenti politici che insanguineranno il paese, si ritrova, non senza una punta di compiacimento, ad accettare la retorica militare che lo fa credere importante e assumere quindi un ruolo attivo nel dipanarsi delle prime, drammatiche, fasi del colpo di stato. Dalla sua posizione tutto sommato privilegiata, Mario cerca di aiutare Nancy, la cui abitazione è stata devastata e la famiglia, vicina alle posizioni di Allende, trascinata via. Ma gli eventi prenderanno una piega inaspettata.

Come già in Tony Manero (stesso team di lavoro, stesso protagonista, ambientato durante la dittatura di Pinochet), il quadro storico e politico filtra a partire dal punto di vista personale e psicologico del protagonista, per il quale il regista si è ispirato a un articolo giornalistico di cronaca: Mario Cornejo, infatti, è esistito davvero e ha partecipato realmente all’autopsia di Salvador Allende, che costituisce la scena cardine della pellicola perché fa entrare in rotta di collisione la storia con la s minuscola e la grande “Storia”. Larrain focalizza il suo sguardo su vicende e corpi individuali, ma che scorrono in modo emblematico attraverso le pagine più significative della storia del Cile, in questo caso l’11 settembre (data evidentemente tragica) del colpo di stato e dei primi successivi momenti. Da una parte, Post Mortem racconta il passaggio traumatico tra il sogno politico di Allende e il golpe: nel fallimento dell’utopia amorosa di Mario nei confronti di Nancy non può che rispecchiarsi anche la debacle di un paese. Questa è una ferita ancora ben lontana dal rimarginarsi, come indica con chiarezza l’opera di un giovane filmmaker di 34 anni come Larrain, che nell’autopsia di Allende ricostruisce metaforicamente una sorta di scena madre per il popolo cileno, rileggendo il passato non senza un punto di contatto con il presente. Dall’altra, la pellicola è una lucida, quasi spietata, esemplificazione della banalità del male, dell’amoralità che si appropria o che semplicemente emerge dall’essere umano, rendendolo di volta in volta artefice, testimone oppure complice silenzioso e “impotente” di azioni spietate e violente, dove la morte prende il sopravvento sulla vita quasi in modo asettico, meccanico, e per questo ancor più doloroso.

A restituire dal punto di vista estetico e stilistico l’assurdità di questo aspetto è una messa in scena raggelata e livida, che si sviluppa in senso orizzontale per convogliare lo smarrimento di una nazione e la definitiva mancanza di speranza. Non esistono vie di fuga o di uscita, la macchina da presa si colloca in un punto cieco, inerte, “come se il mondo si estendesse verso i lati, senza cielo, senza Dio né terra”, ha dichiarato lo stesso Larrain. Impiegando un flashforward iniziale e un piano sequenza finale di notevole efficacia narrativa e cinematografica, il regista cileno ci consegna una pellicola difficile da digerire per la visione disturbante dell’umanità che veicola. Un’umanità incarnata da Mario Cornejo: un uomo invisibile e insignificante, ma non per questo meno emblematico o decisivo, che nulla fa per opporsi alla morte, che sia fisica o spirituale, di ideali o di valori.

TITOLO ORIGINALE: Post Mortem; REGIA: Pablo Larrain; SCENEGGIATURA: Mateo Iribarren, Pablo Larrain; FOTOGRAFIA: Sergio Armstrong; MONTAGGIO: Andrea Chignoli; PRODUZIONE: Germania/Messico/Cile; ANNO: 2010; DURATA: 98 min.

 


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