21 grammi PDF 
di Fabio Suanno   

Dopo una delle opere prime più folgoranti della stagione 2000-2001, Iñárritu lascia il Messico per approdare negli USA. Il passaggio non è diretto: avviene (quasi come in dissolvenza incrociata) in un modo non tanto più unico che raro quanto unico-e-basta (sic), partecipando all'opera collettiva 11 settembre 2001, che, al di là dei tragici eventi del World Trade Center, sembra in qualche modo anticipare alcune delle tematiche di 21 grammi. Ciò che colpisce maggiormente lo spettatore però, nel primo film americano di Iñárritu, più che l'aspetto di espiazione/redenzione è il metodo con il quale presenta tale aspetto: giunto al secondo lungometraggio, infatti, ci conferma come, nel suo cinema, la tecnica sia posta al servizio dello stile. Naturalmente ciò che lo coinvolge maggiormente è la scelta di montaggio.

Con Amores perros costruisce un film a episodi dominato da un montaggio incrociato che, come in tanto cinema postmoderno, da Pulp Fiction a Lock&Stock, permette ai personaggi dei diversi episodi di incontrarsi, e in alcuni casi interagire, nei limiti dello spazio. Nel film messicano, l'anello di congiunzione tra le tre vicende legate all'amore (?) per i cani è l'incidente d'auto: il tempo viene di conseguenza subordinato allo spazio, poiché da quell'incontro dipende la necessità di andare avanti e indietro nel tempo; scelta motivata dalla volontà di mostrarci in parallelo quanto avviene nelle diverse (e indipendenti) storie.

In 21 grammi, invece, la scelta di usare il tempo in modo del tutto arbitrario è presa a priori: per quanto esistano tre "famiglie" di personaggi, e per quanto vengano presentate in parallelo, esse non fanno parte di tre storie diverse che si incontrano nei limiti di uno spazio (ovvero evento), ma sono piuttosto tre situazioni facenti parte del medesimo progetto narrativo. In modo significativo anche qui è un incidente d'auto a fare da turning point, però, a differenza di Amores perros, non è anello di congiunzione per passare da una storia all'altra ma punto di convergenza. Se consideriamo la fabula possiamo notare come le vite di Paul, Christine e Jack, indipendenti prima dell'incidente, dopo quest'evento si incontrano. E non solo: da questo momento in poi sembrano addirittura costrette a dipendere l'una dall'altra. E' da questa situazione che la particolare tecnica di montaggio appare funzionale a quanto viene raccontato.

Esattamente come le vite dei tre protagonisti, spezzate e riassemblate, anche il film (leggi pellicola) subisce la stessa sorte. Per essere precisi: Paul sta per morire, ha bisogno di un cuore nuovo e a darglielo sarà il marito di Christine, morto a causa di Jack. E' da questo evento che ha inizio il taglia&cuci non solo dell'intreccio, ma anche delle loro esistenze.

Paul, dopo l'intervento, inizia una nuova vita, "diventa" l'uomo che Christine amava (e quest'ultimo vive per la seconda volta in lui). Christine riparte da zero: le viene tolta interamente quella famiglia che, in un certo senso, era già la sua seconda vita, visto che ci è dato modo di conoscerne il passato (nel quale sembra ripiombare), e ne ricomincia un'altra, al fianco di Paul/suo marito. Anche Jack, ex galeotto che ora vive nell'estremo rispetto delle leggi di Dio, subisce una seconda svolta dopo l'incidente. Ancora Christine, infine, dopo la morte definitiva del suo amore, porta in grembo una nuova vita (di Paul o del marito? Ovvero: il seme dell'uomo nasce dal cuore?).

Film costruito come un puzzle tecnicamente perfetto, 21 grammi lascia allo spettatore la possibilità di riflettere, a fine visione, sulla storia appena "vissuta" senza lasciare alcun dubbio sulla concatenazione degli eventi: tutto torna e viene spiegato (come ad esempio - il più volutamente evidente, in quanto esercizio di stile - il tanto atteso, e bellissimo, controcampo del dito medio in piscina, del quale già conoscevamo la reazione di Christine con un sorriso).

Per quanto riguarda il tema proposto, credo che ogni spettatore debba guidare la propria personale riflessione; e a crederlo, forse, è anche Iñárritu che, quando genera distacco attraverso una tecnica di montaggio straniante, ma anche quando indugia sui primissimi piani dei suoi personaggi, sembra volerci introdurre il più possibile nella vicenda, dandoci però possibilità di meditazione soltanto a film finito.

 


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