Le conseguenze dell’amore è il secondo film del regista partenopeo Paolo Sorrentino, autore che aveva già attirato le attenzioni favorevoli della critica nel 2001 con L’uomo in più, sua opera prima che ha conquistato numerosi premi internazionali, fra cui il Nastro d’argento come Miglior regista esordiente. Se il suo film d’esordio si è distinto per l’ottima direzione degli attori e una sceneggiatura interessante basata su una ricercata costruzione della storia, che vede intrecciarsi per caso le vite di due uomini con lo stesso nome, Le conseguenze dell’amore rappresenta tuttavia l’opera della maturità stilistica e narrativa. Al centro del film c’è la storia della vita del cinquantenne Titta Di Girolamo (Toni Servillo), che vive la sua esistenza sospesa rinchiuso in una routine morbosa e schiacciante. Un’esistenza bloccata la sua, costretta a proseguire in solitudine in un albergo del Canton Ticino, in cui per passare il tempo l’uomo osserva in modo distaccato e cinico il mondo circostante e coloro che lo popolano. Per proteggere il suo segreto inconfessabile, l’uomo evita infatti di parlare di sé con chiunque, fino a quando decide di regalarsi un attimo di vita cedendo al fascino di Sofia (Olivia Magnani), la giovane barista che lavora nel suo albergo. È in quel momento che Titta, anima in inverno da tanti anni, decide di scaldare il proprio cuore, verificando sulla sua pelle l’importanza di sottovalutare le conseguenze di ogni cosa, anche dell’amore.

Col suo secondo film, Sorrentino si riconferma autore di grande talento, mostrando di possedere uno stile curato e raffinato sia dal punto di vista registico che da quello narrativo. Le conseguenze dell’amore unisce alla perfezione formale delle inquadrature (sicuramente frutto di una loro minuziosa composizione da parte dello stesso autore e di una completa sinergia di quest’ultimo col direttore della fotografia Luca Bigazzi e il montatore Giogiò Franchini) una grande originalità narrativa, con un racconto che procede in modo ellittico, ma che non manca di regalare allo spettatore emozioni intense. Difficilmente cadrà presto nell’oblio l’immagine di Toni Servillo avvolto nel fumo della sua sigaretta e che osserva con sguardo distaccato fuori dalla finestra un funerale oppure il modo in cui riesce ad essere solo tra tanti. Uno dei punti di forza del film risiede infatti sicuramente nell’intensa interpretazione del suo protagonista, ma la vera rivelazione del film è lo stesso Sorrentino, che dà prova di aver compiuto un significativo percorso di maturazione. Impossibile non riconoscere nel suo stile l’influsso di tanto cinema degli anni ’60-’70, con particolare riferimento ai registi francesi della Nouvelle Vague o ai Movie Brats americani: i suoi virtuosi ed elaborati movimenti di macchina e nella sinergia completa fra colonna sonora e colonna visiva sono infatti testimonianza di una lezione appresa in pieno e rielaborata con successo in chiave personale.