La scuola, nei suoi diversi gradi e declinazioni, è un contesto privilegiato dal cinema per raccontare storie di formazione, di identità, di incontri e di scontri. Luogo di deflagrazione di tensioni individuali, familiari, sociali e politiche, amplificatore di dinamiche emotive universali, il contesto scolastico è al centro di molti - diversissimi - film, da L’attimo fuggente di Peter Weir a L’onda di Dennis Gansel, da La classe – Entre les murs di Laurent Cantet a Precious di Lee Daniels, passando per Elephant di Gus Van Sant e Detachment di Tony Kaye, solo per citare alcuni titoli in cui la scuola riveste un ruolo di primo piano e non di mero palcoscenico delle vicende.
In Monsieur Lazhar, film basato sull’adattamento dell’opera teatrale Bachir Lazhar di Evelyne De La Chenelière, il regista canadese, e francofono, Philippe Falardeau sceglie di concentrarsi su una scuola elementare di Montréal. Bachir Lazhar (Mohamed Fellag) è un immigrato algerino che si presenta dalla responsabile dell’istituto per chiedere di essere assunto come sostituto supplente in una classe che non ha più la sua maestra, morta suicida. La traumatica scomparsa della donna, ritrovata impiccata al soffitto della sua aula dallo studente Simon (Émilien Néron), ha lasciato i giovani studenti angosciati e confusi. Il mondo degli adulti, genitori in primis, non sembra però trovare gli strumenti giusti per aiutare gli allievi a metabolizzare quanto è accaduto. Temi come la morte, la rabbia, il lutto, sono affrontati solo in qualche sporadica ora con la psicologa, non è concesso siano sviscerati in classe, lasciando che l’inquietudine, il senso di colpa e l’incomprensione continuino ad albergare, irrisolti, nell’animo dei bambini. Bachir Lazhar, con i suoi modi compassati ma eleganti, severi ma non rigidi, con il suo metodo di insegnamento vecchio stile, riesce - dopo le iniziali incomprensioni - a instaurare un rapporto sincero e profondo con i bambini, soprattutto con Alice (Sophie Nélisse), la più segnata, insieme a Simon, dalla morte della maestra. Durante i mesi di insegnamento di Lazhar, nessuno sospetta che, in realtà, anche l’uomo è stato colpito da un tremendo lutto personale. Una storia che il personaggio non svelerà mai agli altri, nemmeno alla collega Claire (Brigitte Poupart), con la quale entra maggiormente in confidenza. Falardeau mette in scena con essenzialità, ma anche con grande efficacia e sensibilità, senza pedanterie o retorica, un processo di guarigione e di metabolizzazione del lutto strettamente intimo ma anche collettivo, che passa dalla passione per l’insegnamento (che si scoprirà essere stato il lavoro della moglie ma non il suo), dall’amore di Bachir per la lingua francese e, in definitiva, dal confronto tra Bachir stesso e l’altro da sé, ossia la scuola canadese e, in particolare, la sua classe. Sarà l’interazione tra questi due microcosmi, disposti nello scambio a mettere in gioco qualcosa di sé, a rendere possibili il superamento del dolore, il cambiamento e la speranza di riconquistare la serenità.
Offrendo un punto di vista inedito sul tema dell’integrazione e della realtà di una società multiculturale, Monsieur Lazhar restituisce uno spaccato non propriamente conciliante di due entità fondamentali come la scuola e la famiglia. Denuncia, infatti, l’ipocrisia degli adulti - insegnanti, dirigenti, genitori - che buttano la testa sotto la sabbia e che, pur di non affrontare apertamente, insieme ai bambini, i loro disagi e problemi, preferiscono il silenzio o la polemica, delegando il tutto a un agente esterno (la psicologa). Non mancano poi genitori pronti a sconfessare l’autorità dell’insegnante pur di difendere a oltranza il figlio, o genitori che restano sostanzialmente indifferenti rispetto ai turbamenti dei loro bambini. Falardeau tocca, inoltre, nel film la delicata questione del divieto di contatto fisico tra allievo e insegnante. Il regolamento, infatti, impedisce gesti di rimprovero così come di affetto e sostegno, persino semplici aiuti negli esercizi fisici in palestra. La distanza fisica, se portata all’estremo, rischia però di tramutarsi in distanza affettiva, in rigidità emotiva e intellettuale, che non rappresentano mai il modo migliore per rapportarsi con il mondo, sebbene questo possa essere spesso assai crudele e tentatore. Uscire ogni tanto e in modo sano dagli schemi precostituiti, nel processo educativo così come nella vita, può fare la differenza.
Titolo originale: Monsieur Lazhar; Regia: Philippe Falardeau; Sceneggiatura: Philippe Falardeau; Fotografia: Ronald Plante; Montaggio: Stéphane Lafleur; Scenografia: Emmanuel Frechette; Costumi: Francesca Chamberland; Musiche: Martin Léon; Produzione: micro_scope; Distribuzione: Officine UBU; Durata: 94 min.; Origine: Canada, 2011
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