Serpico PDF 
Marco Capriata   

Image“Sai a chi hanno sparato? A Serpico... E chi è stato? Un poliziotto? C’erano almeno sei colleghi pronti a farlo...” In questo scarno dialogo tra poliziotti Lumet riversa con repentina secchezza il dramma straniante di cui è vittima il protagonista Frank Serpico (Al Pacino), e ne delinea il ruolo nell’intera vicenda con poche ed essenziali battute. Serpico pare porsi come un noir mediante l’impiego di un linguaggio cinematografico tipico del genere e con dialoghi asciutti, attraverso i quali lo spettatore viene subito introdotto in medias res nella concitazione del dramma inatteso per poi essere edotto sulle sue cause primigenie, grazie ad una lunga prolessi narrativa che ci riconduce agli esordi della carriera di Frank Serpico, giovane recluta della Polizia metropolitana di New York che si ritrova progressivamente a fare i conti con una realtà meno nobile ed edulcorata di quanto si aspettasse, dove dalle piccole bassezze e lacune del sistema si passa ben presto al dramma della corruzione endemica dei tutori dell’ordine.

Lumet costruisce su un impianto poliziesco uno dei suoi più noti e riusciti film di denuncia sul potere e le sue aberrazioni, utilizzando la vera storia di Frank Serpico e il suo dramma personale di poliziotto integerrimo alieno a un contesto generale di corruzione. Un'alterità resa evidente fin dalla sua estetica hippie, che si manifesta quale segno iconografico della propria alienazione umana e morale contrapposta all’apparente ordine esteriore e formalmente borghese dei suoi colleghi, dietro la cui facciata perbenista si cela un senso dell’illegalità ormai consolidato e tale da travolgere anche coloro che a questo sistema parrebbero volersi ribellare. Lo stile di vita borderline di Serpico diviene subito fonte di sospetti e facili ironie, nonché di fraintendimenti da parte dei suoi colleghi, che lo riducono a un isolamento progressivo, opponendogli pastoie burocratiche dietro cui camuffare malamente il proprio lassismo e una profonda indifferenza verso il proprio ruolo di tutori dell’ordine costituito. Serpico diviene così agli occhi altrui una macchietta, una sorta di Don Chisciotte in lotta contro i mulini a vento, da tutti schernito e considerato folle perché contrario ad accettare un sistema di corruzione ormai consueto e consolidato, quindi accettato come normale, come pare ricordare con una certa evidenza metaforica la favola raccontatagli del Re ritenuto pazzo dai suoi sudditi perché l’unico a non essersi abbeverato alla fonte maledetta. Il protagonista si ritrova così a lottare contro pregiudizi e muri di gomma abilmente edificati dagli stessi vertici della Polizia, incarnati da un mellifluo e pingue burocrate saldamente ancorato, non solo fisicamente, alla propria poltrona, che non esita a nascondere la propria avversione nei confronti del nostro eroe – e a rifiutargli il tanto agognato distintivo da investigatore –, il quale si vede sempre più blandito e schernito da quel Potere che dovrebbe giudicare se stesso. Con quali esiti è facile presagirlo.

ImageLumet descrive con estrema lucidità una realtà corrotta nel profondo e ormai incurabile, nonostante le promesse di epurazione e pulizia sbandierate sotto il naso del protagonista, che si ritrova col passare del tempo progressivamente isolato e abbandonato anche negli affetti, quale contrappasso inevitabile per chi ha scelto di seguire la morale e la giustizia. E che Lumet sintetizza perfettamente nell’inquadratura finale in cui il senso di solitudine di Serpico viene ribadito attraverso una carrellata ottica a precedere, che ci trasmette il senso di opprimente abbandono cui è stato ridotto un uomo troppo alieno a un contesto sociale così distante dai suoi principi.


TITOLO ORIGINALE: Serpico; REGIA: Sidney Lumet; SCENEGGIATURA: Norman Wexler, Waldo Salt; FOTOGRAFIA: Arthur J. Ornitz; MONTAGGIO: Dede Allen, Richard Marks; MUSICA: Mikis Theodorakis; PRODUZIONE: USA; ANNO: 1973; DURATA: 129 min.

 


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