La première étoile, ovvero la commedia ai tempi della crisi. Lucien Jean-Baptiste, celebre attore cine-televisivo francese, decide d’esordire dietro la macchina da presa mosso da nobili intenti, che sono quelli di voler affrontare con affetto e garbata leggerezza una vicenda di quotidiana indigenza. Per l’esattezza quella degli Elisabeth, famiglia franco-antillana che vive nella periferia di Créteil, a pochi chilometri a sud di Parigi. È Suzy, la madre, a caricarsi sulle spalle l’intero sostentamento economico della famiglia, perché il marito Jean-Gabriel, originario delle Antille, arrivato in Francia negli anni Sessanta in seguito alle ondate migratorie sostenute dalla politica di De Gaulle, preferisce investire le proprie giornate e i pochi guadagni almanaccando su inconcludenti giocate ai cavalli che spera possano riuscire a risolvere il futuro suo e della sua famiglia. A rischiare di compromettere in modo preoccupante il già precario equilibrio finanziario è la decisione del padre di regalare ai tre figli la loro prima settimana bianca. Per una volta non sostenuto dalla moglie, Jean-Gabriel si trova costretto a chiedere alla madre di accompagnarlo nell’improvvisata vacanza invernale.
In questa fase iniziale il film funziona. Jean-Baptiste riesce a dare spessore ai personaggi in modo credibile, evitando facili stereotipizzazioni caratteriali, raccontando le difficoltà economiche della famiglia senza patetismi. È interessante come il regista si concentri sugli aspetti di auto-ghettizzazione radicati all’interno della comunità di immigrati: basti pensare alla sequenza nel colorato salone della coiffeuse guadalupese, dove, un po’ sopra le righe, le clienti creole di diversa provenienza discutono animatamente se sia il caso che una donna di colore, nello specifico la mamma di Jean-Gabriel, trascorra una settimana sulla neve, una situazione di svago sostanzialmente estranea alla loro cultura. Finché il regista gioca su questi contrasti interni, sulla difficoltosa elaborazione di una propria identità da parte dei migranti di diverse generazioni, riesce a rendere godibile il proprio lavoro, ma nel momento in cui decide di far cortocircuitare il piccolo mondo della famiglia Elisabeth con l’universo chiuso della comunità montana, allora scade nell’ovvio. La levità di tocco si fa vera e propria inconsistenza e il modo in cui affronta un tema in realtà molto complesso e problematico, come il métissage culturale, è di un’imbarazzante superficialità. Il quintetto di antillani è fatto perfettamente rientrare nel cliché che gli avventori abituali della zona attribuiscono ad ogni nero di bassa estrazione sociale. Così come, a loro volta, gli assidui vacanzieri sono banalmente mostrati come dei boriosi bianchi borghesi. In modo analogo alla caratterizzazione dei personaggi, il film procede lungo traiettorie di sviluppo così rettilinee da essere facilmente prevedibili: nel momento stesso in cui si presenta un ostacolo già s’intuisce il percorso che sarà compiuto per aggirarlo. Ad inficiare ulteriormente l’intera operazione è la volontà di appianare ogni conflitto: scontri affettivi, tensioni razziali, problemi finanziari, tutto trova una sua felice risoluzione. Magari con una risata e una cantata …
Il film di Lucien Jean-Baptiste, in definitiva, è un lavoro ben poco ispirato, con molte lacune strutturali e parti di racconto infelicemente risolte. Sebbene l’intento del regista sia quello di approcciarsi alla materia trattata con leggerezza, il risultato è un umorismo totalmente innocuo e mai graffiante, che stempera la portata del confronto culturale in una prosaica querelle.
TITOLO ORIGINALE: La première étoile; REGIA: Lucien Jean-Baptiste; SCENEGGIATURA: Lucien Jean-Baptiste, Marie-Castille Mention-Schaar; FOTOGRAFIA: Myriam Vinocour; MONTAGGIO: Hugues Darmois; MUSICA: Erwann Kermorvant; PRODUZIONE: Francia; ANNO: 2009; DURATA: 95 min.
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