Già il primo capitolo di Shrek aveva finalmente rotto un incantesimo, svecchiando e sbeffeggiando il tradizionale mondo delle favole e conquistando i bambini con comicità irriverente e personaggi memorabili e gli adulti con una satira cinica e un inesauribile gioco di citazioni. Con l'ulteriore pregio di utilizzare le più avanzate tecnologie dell'animazione senza mai farle prevalere sulla storia, mettendole invece sempre al servizio di una sceneggiatura brillante e intelligente. Progetto politicamente scorretto, perché si prende gioco di tutto e tutti, e, al contempo, politicamente corretto, perché fa trionfare la morale dell'accettazione e della bellezza della diversità. Almeno fino a un certo punto…
Il finale di Shrek, insinua, infatti un sospetto. L'amore tra l'orco e la principessa vince, ma la principessa decide di rinunciare al suo aspetto per uniformarsi alla bruttezza dell'orco, lasciando forse da parte le implicazioni più interessanti e realmente rivoluzionarie che sarebbero derivate dal trionfo della coppia mista, che si materializza solo nella stramba storia d'amore tra Ciuchino e la draghessa.
Shrek 2 va avanti a giocare con i concetti di genere e di diversità. Ha la grande forza di inserire per la prima volta in un film d'animazione per bambini lo sfavillante mondo gay: il Principe Azzurro ha il lucidalabbra e la voce di Rupert Everett, Pinocchio indossa un tanga, la sorellastra di Cenerentola è un travestito e alla fine del ballo finale sulle note di Livin' la vida loca di Ricky Martin scapperà col Principe Azzurro.
Il film è costellato dalle trasformazioni esteriori, in un continuo passaggio da bruttezza a bellezza. Ma quando Shrek rinuncia alla sua "orcosità" diventando un bel fusto, ecco che l'incantesimo si ripercuote sulla sua dolce metà che ritorna ad essere la bella Fiona. Alla fine i due belli rinunceranno al loro aspetto tornando di nuovo orchi. E se da un lato decidono di sottrarsi all'apparenza e ai lussi sfrenati da star hollywoodiane, dall'altro affermano nuovamente il concetto di similis cum simile.
Il trionfo dell'amore tra diversi è comunque presente, ma riguarda per ora le figure che circondano i protagonisti, non i protagonisti, ed è relegato al finale. Nell'ultima scena il re viene trasformato in rospo dalla Fata Madrina, e la regina, che lo tiene in mano, gli confesserà di non averlo mai amato come in quel momento. E nella deliziosa scena regalata a chi non ha la smania di abbandonare la sala durante i titoli di coda, l'affermazione dell'amore "interrazziale" è affidato ancora una volta – come nel primo capitolo di Shrek – al personaggio di Ciuchino. La draghessa piomba da lui con il frutto del loro amore: dei figlioletti mutanti, metà draghi e metà asini, orrendamente teneri.
C'è comunque da scommettere che l'inevitabile Shrek 3 continuerà a infrangere le regole e spingerà fino in fondo il discorso sulla diversità, coinvolgendo i due protagonisti nei meccanismi che finora hanno caratterizzato i personaggi di contorno e facendo trionfare definitivamente e inequivocabilmente il concetto per cui diverso è bello.
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