Mulholland drive PDF 
di Enrico Bisi   

Dopo aver percorso insieme ad Alvin i sentieri di una straight-story, David Lynch torna a un modello di cinema facilmente accostabile a quello di Fire Walks With Me o di Lost Highway, all'interno del quale le strade da percorrere sono certamente più tortuose.

Provare a far tornare tutti gli elementi, le storie e i personaggi che coesistono in Mulholland Drive è un'impresa non solo da rompicapo, ma soprattutto inutile.
Lynch parla di un sogno seguendo esattamente i meccanismi propri dei sogni, all'interno dei quali non sempre tutto è spiegabile razionalmente, nei quali alcuni personaggi si deformano, altri si trasformano e alcuni, persino, scompaiono.

Subito dopo i coloratissimi titoli di testa, il cineasta offre allo spettatore la chiave (probabile) per leggere il film: prima la macchina da presa sprofonda in un cuscino (non si sa di chi sia lo sguardo che coincide con essa) e solo successivamente si fisserà immobile e glaciale sul volto scuro e bellissimo di Laura Hemming all'interno di una Cadillac.
È proprio in questa prima brevissima sequenza che può nascondersi il segreto dell'ultimo film di David Lynch. È il cinema stesso nel suo farsi che per più di due ore racconta l'esperienza (e non tanto gli avvenimenti) di un sogno, o, se preferite, di un incubo.

Credo sia legittimo vedere in Lost Highway il padre di quest'ultima opera del cineasta: Mulholland Drive non è nient'altro che una delle tante strade perdute all'interno delle quali si muovono i personaggi creati dal regista, una strada sulle colline di Hollywood che ingloba in sé i personaggi invece che lasciarsi percorrere.

Le nobili origini però non sono sempre garanzia di qualità, e ritengo dunque altrettanto legittimo evidenziare il fatto che talvolta il film pare scappare dalle mani dello stesso autore per instradarsi su territori irrazionali che portano a giustificare qualsiasi scelta all'interno dell'opera. Mulholland Drive è certamente molto più affascinante che "bello": Lynch possiede un talento visivo e visionario che cattura lo spettatore al di là della coerenza complessiva del film, tanto che paradossalmente possono essere sufficienti un paio di sequenze per amare o per odiare la pellicola.

Il fatto che l'opera sia nata come pilot di una serie televisiva giustifica solo in parte la sua inconcludenza, che apre continuamente percorsi che portano a nulla (e non al Nulla, come accadeva nei migliori film dell'autore), e che non possiede la concretezza dei territori metafisicamente sperduti di Lost Highway.
I due blocchi che dividono il film (ovvero prima e dopo l'escamotage della chiave blu) hanno personaggi, storie e ambienti che si intrecciano e si sovrappongono creando nello spettatore non solo un forte senso di smarrimento, ma soprattutto una sensazione di impotenza nel tentativo di ricostruzione logica della narrazione. Anche noi così rischiamo di entrare a far parte di quel "club del silenzio" nel quale le due brave protagoniste assistono a uno spettacolo assolutamente ed esplicitamente artificiale.

Mulholland Drive ha la capacità di emozionare e di lasciar senza parole nonostante sia un film un po' sfilacciato e di maniera, certamente lontano dai vertici del precedente capolavoro lynchiano The Straight Story. Per un'ora abbondante il cineasta riesce comunque a mettere in scena un cinema "puro", perturbante, trasognato e al contempo estremamente concreto e sensuale, che diventa, nella seconda parte, poco più di un esercizio di stile che si disfa nel suo stesso farsi. Lo humour nero costantemente presente nel tessuto del film non basta a temperare il tono di un'opera nella quale l'autore sembra prendere troppo sul serio se stesso e i propri deliri.

Non è sufficiente fare un'ora di vero cinema per completare un film (un po' come era accaduto, in modo speculare però, ad Abel Ferrara con New Rose Hotel) e di fatto Mulholland Drive non mantiene completamente le promesse e le premesse.

Rimane il fascino indiscutibile di un grande autore che ci regala momenti bellissimi ma dal quale ci si aspetta legittimamente di più, visti i precedenti percorsi visionari che possedevano, comunque, una coerenza formale e strutturale indubbia, a partire, non a caso, da Eraserhead.

 


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