Nel paese delle creature selvagge PDF 
Matteo Demichelis   

Il mondo dei sogni di Spike Jonze è un mondo reale, a tratti quasi documentario. Le sue creature fantastiche non sono plasmate in computer graphic, ma si muovono all’interno di set naturali, vagano in mezzo al deserto, si ricoprono di sabbia in riva al mare, si abbracciano. Il regista che ha debuttato con i videoclip (Sonic Youth, Bjork) e ha diretto due lungometraggi (Essere John Malkovich e Il ladro di orchidee), ha impiegato sette anni per riuscire ad adattare il racconto illustrato di Maurice Sandek in uno stile sorprendentemente non convenzionale, nel genere dei film fantastici. Il libro è un classico della letteratura americana per ragazzi e contiene in tutto una decina di frasi. Le sue tavole illustrate sono piuttosto inusuali, ma è impensabile, oggi, attribuirgli un contenuto di violenza come invece accadde dopo la sua uscita, negli anni Sessanta.

La storia del libro è quella di un ragazzino ribelle, Max, che viene cacciato a letto senza cena. La stanza si trasforma con la sua fantasia e Max si ritrova su una barca in mezzo al mare, che lo trasporta sulle sponde di una terra abitata da gigantesche e ostili creature. Il ragazzo riesce a  sottometterle al suo volere, i mostri lo incoronano loro re e insieme danzano al chiaro di luna. Quando Max cade in preda alla solitudine, le creature selvagge minacciano di mangiarlo, ma il giovane protagonista si oppone allontanandosi sorridente sulla sua barca e ritorna a casa, finendo l’avventura e il brevissimo racconto. Quello che più colpisce, di tutte le illustrazioni, è quel ballo notturno con i mostri. Max si mischia in mezzo a loro indossando il suo costume da lupo e danza con gli occhi chiusi, la bocca spalancata in un urlo, nell’abbandono più totale. Lo spirito di questa immagine attraversa anche il film, una sorta di disordine, un caos che esprime il disagio di un ragazzino privo delle dovute attenzioni, con una sorella maggiore incurante di lui quando viene cooptata dagli amici e un madre che frequenta un compagno che intravediamo appena. Ma d’altra parte è un caos liberatorio, rigenerativo, uno slancio d’amore per conquistare una possibile armonia con gli altri esseri viventi. Il sogno delle creature selvagge è una vita comunitaria priva di contrasti, dove si possa dormire ammucchiati, per dirla come il mostro Carol, dietro ad una cortina invalicabile. E il re bambino, per garantirsi un posto nel paese delle creature, deve provvedere alla realizzazione di questo sogno. Purtroppo, l’ideale non si concretizzerà nemmeno nelle fantasie di Max.

Dovendo sopperire all’esile narrazione del libro, la pellicola lavora sulla psicologia delle creature fantastiche, ognuna delle quali è la proiezione di un’emozione o di un ruolo sociale nell’universo di questo ragazzino americano piuttosto ordinario, che non abita una casa californiana da fiaba in stile Craftsman a cui ci hanno sovente abituato i film fantastici. Anche la fotografia toglie volutamente la patina e le musiche di Karen O (Yeah Yeah Yeahs) imprimono uno stile decisamente indie. La madre, a tratti, riappare nel mostro femminile K.K. (“tu non ti controlli”, K.K. pronuncia questa stessa frase che aveva rivolto la madre a Max, subito prima della sua fuga). Carol, invece, è la persona che ha più autorità nel gruppo (il padre assente), ma c’è anche posto per una coppia noiosa e pedante come Judith e Ira. Sandek, per disegnare i mostri, aveva tratto ispirazione da alcuni suoi parenti arrivati dall’Europa. E un’operazione simile è stata seguita dal regista e dal co-sceneggiatore (Dave Eggers) per definire i caratteri delle loro creature (un indizio evidente è il naso esagerato, e molto umano, di Ira). Gli attori che hanno prestato la voce ai mostri nella versione originale, tra i quali ci sono Forest Whitaker e Paul Dano, si sono messi all’opera con il doppiaggio prima dell’inizio delle riprese. A partire da queste precise caratterizzazioni sonore, sono stati successivamente indossati i costumi da parte dei performer e quindi inventati i movimenti delle creature, recitando sul set reale insieme a Max, nelle locations australiane. Gli interventi finali in computer graphic, limitati esclusivamente all’elaborazione delle espressioni dei volti, hanno prodotto così una straordinaria naturalezza delle interazioni con il protagonista.

Decisamente riuscito dal punto vista visivo, il film ha dei limiti che fanno soffrire parecchio, in mezzo a tanta bellezza delle immagini. Limiti dovuti alla scelta azzardata di non elaborare una narrazione classica, con il risultato di mettere in scena un pesante psicodramma tra i mostri e Max, che fatica a riempire lo spazio di un lungometraggio. La sceneggiatura, infatti, sviluppa unicamente due temi portanti: la gelosia di Carol nei confronti dei nuovi amici di K.K., fonte di continue tensioni e andirivieni attraverso deserti e foreste, e il ruolo destabilizzante di Max, impegnato a sostenere i suoi poteri immaginari per conquistarsi un ruolo in quel mondo selvaggio. Ma questi temi non sono stati sufficienti per godere appieno del film, di quello slancio verso il caos promesso inizialmente, un gioco che ci sarebbe piaciuto veder progredire. È mancata, in definitiva, quella stupefacente inventiva della sua prima opera, sceneggiata dal talento di Charlie Kaufman. Ma qui Jonze ha voluto sia dirigere che scrivere.

TITOLO ORIGINALE: Where the Wild Things Are; REGIA: Spike Jonze; SCENEGGIATURA: Dave Eggers, Michael Goldenberg, Spike Jonze; FOTOGRAFIA: Lance Acord; MONTAGGIO: James Haygood, Eric Zumbrunnen; MUSICA: Carter Burwell, Karen Orzolek; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2009; DURATA: 101 min.

 


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