Le avventure acquatiche di Steve Zissou PDF 
Viviana Eramo   

ImagePrendete Moby Dick, unitelo allo slancio da documentarista del generale Cousteau, colorate il tutto con toni accesi e una fotografia nitida, quasi plastica, e otterrete la quarta fatica di Wes Anderson: Le avventure acquatiche di Steve Zissou.

Dopo Un colpo da dilettanti, Rushmore e I Tenenbaum, il regista di origine texane si diletta in una storia scritta a quattro mani con Noah Baumbach. Un documentarista bizzarro (Bill Murray) e la sua scalcagnata troupe partono per una nuova missione: stanare lo “squalo giaguaro” che nella precedente spedizione ha ucciso un loro collega. Ovviamente il tutto dovrà diventare un film, con la speranza di recuperare il favore del pubblico, che dopo averli tanto amati, sembra non apprezzarli più come una volta. Partecipano a questa avventura pure la moglie di Steve Zissou (una fantastica e imbronciata Anjelica Huston), il presunto figlio di Steve (Owen Wilson) e una giornalista (Cate Blanchett) che dovrà scrivere un pezzo sulla lavorazione del film. Wes Anderson conferma anche qui le cifre distintive del suo personalissimo stile che gli hanno conferito, da più parti, lo scettro di esponente di quella che potremmo chiamare, con qualche libertà, la “Nuova New Hollywood”. In particolare qui il regista si diverte a estremizzare quello che aveva già sperimentato ne I Tenenbaum. Così ripropone la commedia degli affetti, gioca con la fotografia, che in Steve Zissou però è più accesa, fosforescente, cartoonesca, ripulita dai toni malinconici, e mette insieme personaggi strambi giocando sulla sottile linea di confine che divide il demenziale dall’ironico. Tuttavia, le differenze tra i due film sono evidenti. C’è qualcosa in più ne Le avventure acquatiche di Steve Zissou, o meglio, in meno.

ImageAnderson riprende a raccontarci le dinamiche familiari/amicali con al centro un padre immaturo, soprattutto nel suo rapporto con il figlio (presunto), che cerca di recuperare una sconfitta. Qui però sembra tutto come prosciugato, tirato a lucido sì, ma prima disseccato. Le avventure acquatiche di Steve Zissou non si impegna per nulla a raccontarci i personaggi, come invece faceva I Tenenbaum, che con tutta la forza delle saghe familiari ci introduceva in un mondo tanto bizzarro quanto disadattato. Qui i personaggi sono come evanescenti, dai contorni mal definiti, in contrasto con una fotografia che invece li modella come sculture e li staglia in un mondo strambo, fatto di set ricreati in studio e animali improbabili animati con lo stop motion. E l’artificio viene fuori in tutta il suo immaginifico potenziale, ma anche nella sua indisponente affettazione. Per questo i documentaristi non documentano, ma distorcono il reale a loro uso e costume e, si va in cerca di qualcosa che lo spettatore non ha ancora mai visto, qualcosa che forse non esiste. Si ha l’impressione che Anderson si impegni molto nel costruire quelle sue inquadrature spigolose, in cui tutto è rigidamente calcolato e sistemato come nel modellino della sezione di una barca, ma che, al contempo, rinunci a raccontare. Il regista ci tiene a distanza dal suo teatrino ben architettato, freddo involucro di una storia che aspettiamo cominci a carburare, ma invano. Ecco perchè Owen Wilson risponde “Cercherò di immaginarla!”, quando la Blanchett gli chiede se deve riassumergli la storia del romanzo che sta per leggere. Così vediamo scalpitare e sbuffare questi personaggi che non riusciamo ad identificare, che si cimentano in strambe azioni in altrettanto bislacchi luoghi, come figurine di un tempo fuori dal tempo, diegeticamente scandito dagli intermezzi musicali di Seu Jorge che spunta qua e là schitarrando divinamente motivi di David Bowie.

Il problema è che qui lo stranimento/straniamento non è funzionale al film, non ingolosisce lo spettatore, piuttosto lo relega su una banchina, mentre la nave va. Ecco perchè l’unica parte del film che funziona è quella finale, in cui lo spettatore è chiamato a partecipare finalmente all’incanto della scoperta, al disvelamento del mistero nel fondale dell’ignoto, summa del viaggio intrapreso da Bill Murray come dal suo antesignano capitano Achab. Noi continuiamo a preferire l’Anderson de I Tenebaum – col quel suo equilibrio perfetto tra stile e storia, tra ironia e intellettualismo, tra stranezze e malinconie – a questa versione estrema in cui il regista sembra chiudersi su se stesso e sul proprio stile, nel tentativo di (non) raccontarci il tempo presente inenarrabile.


TITOLO ORIGINALE: The Life Acquatic with Steve Zissou; REGIA: Wes Anderson; SCENEGGIATURA: Wes Anderson, Noah Baumbach; FOTOGRAFIA: Robert D. Yeoman; MONTAGGIO: David Moritz; MUSICA: Mark Mothersbaugh; PRODUZIONE: USA; ANNO: 2004; DURATA: 118 min.

 


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