Lumière 2010: Grand Lyon Film Festival PDF 
Giulia Palmieri   

Appagato della bagarre che i parterre di Venezia, Cannes e Los Angeles scatenano ogni anno sui media e sul pubblico televisivo, lo show business sembrava aver ormai posto le condizioni affinché un Film Festival potesse considerarsi degno di tal nome: tappeti rossi, abiti griffati, lotta all’ultimo flash e VIP a cascata. Intanto, il cinema si perdeva per strada, citato superficialmente nei programmi, come fosse un imbucato o un ospite scomodo. Le città di Torino e di Lione, gemellate a livello istituzionale, hanno saputo ritrovarsi anche nella gestione dei loro, personalissimi eventi. Sebbene il Festival Lumière sia solo alla sua seconda edizione e resti ancora sconosciuto oltralpe, non è un azzardo ipotizzare che presto possa arrivare a replicare il successo relativamente recente del suo alter ego piemontese. Ad accomunare queste due metropoli vi è infatti un elemento fondamentale che alle altre manca: un passato fortemente impregnato dell’odore della celluloide. Perché è a Lione che i fratelli Lumière hanno inventato il cinema. Una magia che ancora oggi si respira lungo la Rue du Premier Film.

Già dalla cerimonia di apertura è chiaro che il pubblico non è chiamato semplicemente ad assistere, quanto piuttosto a partecipare: le 5000 persone che affollano la Halle Tony Garnier, il 4 ottobre, si mescolano coi divi, senza panico e schiamazzi. Juliette Binoche, avvolta nel suo completo rosso è a un passo da me, mentre Kad Merad fa il giullare davanti ai giornalisti. Roschdy Zem compare con un chiodo degno dei T-Birds, mentre, tra gli “azzurri”, riconosco Dario Argento, Marco Tullio Giordana, Matteo Garrone, Aurelio De Laurentiis e Roberto Ciccuto. Intanto Marjane Satrapi e Danièle Thompson scambiano due parole con i fan, finché in sala non entra Stanley Donen e scrosciano gli applausi. È infatti la versione restaurata di Singing in the Rain la pellicola scelta per aprire il Film Festival da Bertrand Tavernier e Thierry Frémaux, rispettivamente il presidente e il direttore dell’Institut Lumière, organizzatore della manifestazione. La standing ovation che segue la scritta “The End” è avvisaglia di un calore che in Italia, spesso, possiamo solo sognare.

Il resto della settimana è un’abbuffata di prelibatezze: 88 film, 175 proiezioni affiancate da una scaletta off ricca di mostre fotografiche (come quella dedicata ad Anthony Quinn, la cui moglie è ospite d’onore), incontri e premi speciali (Prix Bernard Chardère per il miglior articolo di cinema dell’anno e Prix Raimond Chirat al miglior scrittore, ricercatore o critico di cinema dell’anno). Al centro della scena i protagonisti indiscussi della storia, con un ampio omaggio al neorealismo italiano: la violenza e la passione di Luchino Visconti, riportata alla luce grazie al restauro di Senso e del Gattopardo, rispettivamente a cura di StudioCanal e della Cineteca di Bologna, con la collaborazione di L'Immagine Ritrovata, Film Foundation, Pathé, Fondation Jérôme Seydoux, Twentieth Century Fox e il Centro Sperimentale di Cinematografia della Cineteca Nazionale di Roma. Cronologia di un mito con Ossessione, La terra trema, Bellissima, Le notti bianche, Rocco e i suoi fratelli, Vaghe stelle dell’Orsa, Lo straniero, La caduta degli dei, Morte a Venezia, Ludwig, L’innocente e Gruppo di famiglia in un interno, con una sorpresa finale: il cortometraggio inedito Appunti su un fatto di cronaca realizzato da Visconti per i Documenti Mensili di Cesare Zavattini, con il contributo speciale dello scrittore Vasco Pratolini.

Rimanendo nello Stivale, ma saltando a livello spazio-tempo verso un altro genere, un’ampia parentesi viene aperta sull’horror d’autore: Dario Argento è presente alla proiezione di Tenebrae il 5 ottobre, mentre il giorno successivo introduce quel Phenomena in cui vediamo una giovanissima Jennifer Connelly muovere i suoi primi passi sul grande schermo, dopo l’avventura di C’era una volta in America. Contemplabili in alta definizione anche L’uccello dalle piume di cristallo, Il gatto a nove code e Suspiria, lasciando da parte l’ormai pluricitato Profondo rosso. Dall’Italia alla Francia, omaggio al cinema dimenticato di Raymond Bernard, regista di stampo teatrale che ha vissuto il passaggio dal muto al parlato regalando capolavori quali Miracle des loups e Les Croix de Bois. Testimone della Belle Époque parigina, ma anche delle due guerre, ha avuto una carriera altalenante, senza mai riuscire ad ottenere i riconoscimenti che invece avrebbe meritato. Una retrospettiva resa possibile grazie agli archivi del CNC e della Cinémathèque Française, supportata da un’intervista-documentario tra il cineasta e il critico Jean José Marchand, che ha compensato l’assenza dell’opera Les Misérables, eliminata dal programma per problemi tecnici. Interessante, inoltre, l’inedita versione originale e non ridotta di Les Otages, puntuale e rigoroso ritratto della Francia occupata durante il periodo nazionalsocialista.

Il grande protagonista del Festival Lumière resta però Milos Forman, a cui viene consegnato il premio che l’anno scorso si aggiudicò Clint Eastwood. Visibilmente commosso dai quindici minuti di applausi che hanno accompagnato i titoli di coda della versione Director’s Cut di Amadeus, il regista di origine ceca viene lodato da Bertrand Tavernier per aver trasmesso un’idea nuova di libertà, riuscendo a sfuggire agli stucchevoli canoni hollywoodiani, pur producendo i suoi ultimi lavori negli Stati Uniti. C’è spazio per tutta l’evoluzione creativa di Forman: dalle opere che lo hanno messo in luce (Konkurs, L’asso di picche, Al fuoco, Pompieri! e Gli amori di una bionda, che gli valse la nomination all’Oscar come miglior film straniero), alla consacrazione americana con Taking Off, Hair, Ragtime e soprattutto Qualcuno volò sul nido del cuculo, che vinse cinque premi Oscar tra cui miglior regia e miglior attore protagonista, grazie alla straordinaria interpretazione di Jack Nicholson. Contribuiscono a replicare il successo di Forman i successivi Valmont, liberamente ispirato a Le relazioni pericolose di Laclos, Larry Flint, prodotto da Oliver Stone, Man on the Moon e il più recente L’ultimo inquisitore con Javier Bardem e Natalie Portman.

Numerose altre sezioni tematiche individuano micromondi da esplorare con la supervisione di alcuni ospiti d’eccellenza (Costa Gavras e Claudia Cardinale, per citarne alcuni): le “rarità americane degli anni ’70” (Cinque pezzi facili, Punto Zero, Per cento chili di droga, Lo spaccacuori, Rolling Thunder, Vittorie perdute, Rapsodia per un killer), i cicli “già classici” (Z, I santissimi, Una donna e una canaglia, Dossier 51, Che cavolo mi combini, papà?!!) e “di ritorno sul grande schermo” (La classe operaia va in paradiso, Lenny, Duello mortale, Viaggio allucinante, Rosemary’s Baby), oltre che la raccolta “Best of Restaurations 2010”, che ha messo insieme alcuni dei film meglio rimasterizzati degli ultimi anni (Confucius, 317 Battaglione d’assalto, Roma, Psycho, Justin de Marseille, Boudu salvato dalle acque, Amici miei, Il tamburo di latta).

L’uscita dei cofanetti di Frank Borzage in DVD e Blu Ray è poi il pretesto per immergersi in quell’atmosfera un po’ nostalgica che solo il cinema muto sa regalare. Il Conservatorio di Lione accompagna le proiezioni di Settimo cielo, L’angelo della strada e La stella della fortuna, mentre la serata del 6 è sigillata da una perfetta simbiosi tra le immagini de Il cameraman (di Edward Sedgwick e Buster Keaton) e l’Orchestra Nazionale di Lione, diretta dal maestro Timothy Brock. Un occhio di riguardo anche per i più piccoli con il lungometraggio animato Le Roi et l’Oiseau di Paul Grimault, nato dalla fantasia di Jacques Prévert. Mentre per i meno propensi alle riflessioni filosofiche resta la “Notte della Commedia Americana”, con i suoi spassosissimi Ricomincio da capo, Il Grande Lebowski, Ten e Tropic Thunder. Un Festival completo insomma, dai tratti ancora provinciali ma con una visione ampia e minuziosa del panorama cinematografico presente e passato. Un’occasione che il pubblico ha saputo cogliere affettuosamente, come dimostra l’altissima presenza alla serata conclusiva della manifestazione che si è svolta domenica 10 a bordo della péniche La Plateforme, attraccata lungo le sponde del Rodano.

 


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