Vi sono opere che, nel voler mettere a nudo realtà sociali particolarmente scomode, adottano uno stile duro e “realista”, che cerchi di rispettare i temi trattati. Illégal rappresenta un tentativo, in parte fallito, di questo metodo ormai fortemente diffuso in certo cinema di carattere “sociale”. Fallito perché il voler condensare uno stile di regia scarno con momenti di eccessiva spettacolarizzazione rende il film incostante, spesso eccessivamente ideologico.
Eppure non stupisce che la nuova pellicola del giovane regista Olivier Masset-Depasse stia facendo incetta di premi (vincitore dell’ultima Quinzaine des Réalisateurs al Festival di Cannes e probabile candidato all'Oscar 2011 per il Miglior Film Straniero), probabilmente proprio per l’attualità del tema affrontato, quello della clandestinità. Il duro plot di Illégal, pur nella sua specificità narrativa (il film si svolge in Belgio), è specchio di una situazione universale. Quella di Tanya (una convincente Anne Coesens) è una storia come tante: una donna di origini russe che lavora in Belgio come maestra, una cittadina non regolarizzata il cui unico interesse risiede nel benessere del figlio Ivan. Fin dal principio intuiamo che il destino di Tanya sarà quello di perdere queste sole certezze che, con fatica e dedizione, è riuscita a costruirsi lontano dalla madre patria. Infatti, per una sfortunata coincidenza, un giorno sul bus le vengono richiesti i documenti di identificazione. Per permettere al figlio di fuggire dalla polizia belga, la donna dovrà farsi arrestare e, una volta rinchiusa in un centro di permanenza temporanea, affrontare una lunga lotta per poterlo rivedere, cercando contemporaneamente di non farsi espellere dal Belgio. Dentro al centro Tanya conoscerà altre donne, vittime anch’esse dello spietato (e inquietante) sistema burocratico belga, mentre, fuori dal carcere, Ivan dovrà affrontare, con l’aiuto di una parente di Tanya, la mafia russa, che minaccia le comunità irregolari presenti nella città.
Quello che mostra Masset-Depasse è uno spettacolo desolante. Un sistema che non riesce – o che semplicemente non vuole – integrare “il diverso”. E in cui, parallelamente, il clandestino si trova costantemente minacciato dai soprusi dei poteri forti che intendono sfruttarne la vulnerabile condizione di precarietà. La mafia, certo, ma anche le forze dell’ordine, contraddistinte da un’indifferenza assolutamente inquietante. Spesso e volentieri, infatti, la regia sottolinea la violenza fisica e psicologica cui vengono sottoposte le donne nel centro di permanenza proprio da coloro che dovrebbero invece tutelarne i diritti. E non basta l’inserimento della figura del “poliziotto redento” – che decide di abbandonare una volta per tutte quel mondo violento – per alleviare la tensione di questa drammatica rappresentazione. Un vero e proprio carcere. Ma anche un freddo sistema burocratico, le cui regole, con un po’ di astuzia, possono essere eluse (pensiamo alla storia dell’amica di Tanya), ma che, sempre e comunque, si risolvono in sconfitta. E a tanta brutalità non si può che rispondere con altrettanta ferocia: Tanya, in extremis, per non farsi identificare, si brucerà i polpastrelli. E la regia di Masset-Depasse non manca di sottolineare questo particolare scabroso.
A non convincere pienamente in Illégal, allora, è proprio questa eccessiva spettacolarizzazione dei momenti più avvilenti della storia. Un’enfatizzazione che fa sospettare un tentativo da parte di Masset-Depasse di voler cercare a tutti i costi la “lacrima facile”. A Illégal sembra invece mancare una spinta “lirica” – o, semplicemente, meno retorica –, che sicuramente avrebbe maggiormente giovato ad un film con questi intenti sociali. Il pensiero non può che correre ai più importanti esponenti del cinema belga contemporaneo, i fratelli Dardenne, veri “numi tutelari” di questa pellicola, tanto è scontata la somiglianza tematica e stilistica tra il film di Masset-Depasse e l’opera dardenniana. Somiglianza leggibile, oltre che nell’utilizzo della camera a mano, vero e proprio marchio di fabbrica della coppia di registi belga, nell’interesse verso il “sociale”. Ma il registro ideologico, nel caso di Masset-Depasse, appare certamente più forzato, sottolineato, andando così ad inficiare quella naturalezza, quasi trascendente, riscontrabile invece nell’opera dardenniana.
Illégal insomma è un discreto film di denuncia, che corre su terreni già battuti, senza perdere l’occasione di buttare un occhio ai più interessanti lidi autoriali del genere sociale (oltre ai già citati Dardenne, ricordiamo anche il dotato Lukas Moodysson). Discreto, ma ancora immaturo, a tratti anonimo.
TITOLO ORIGINALE: Illegal; REGIA: Olivier Masset-Depasse; SCENEGGIATURA: Olivier Masset-Depasse; FOTOGRAFIA: Tommaso Fiorilli; MONTAGGIO: Damien Keyeux; MUSICA: André Dziezuk, Lingo, Marc Mergen; PRODUZIONE: Francia/Belgio/Lussemburgo; ANNO: 2010; DURATA: 95 min.
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