Casablanca PDF 
Paolo Fossati   

Le visioni sono esperienze di vita, e il ricordo di ogni film sedimenta nel tempo insieme alle nostre memorie personali. Marc Augé prosegue la sua ricerca antropologica sugli universi che si aprono all’interno della contemporaneità, e in Casablanca non indaga luoghi né non-luoghi: focalizza l’attenzione sulle esperienze interiori. Si mette in gioco personalmente, avviando un’autoanalisi volta a sezionare il proprio passato di spettatore cinematografico, irrimediabilmente inscindibile da quella vita fatta di azioni concrete che di solito crediamo e definiamo più “reale”. Il cinema, con le sue immagini così impalpabili ed effimere, si insinua nell’archivio del vissuto. Abbaglia, stupisce, regala la possibilità di immedesimarsi in storie che mai vivremo di persona e per questo sembra appartenere al regno del fantastico e dell’irreale. Ma i fotogrammi visti ci appartengono, costituiscono uno dopo l’altro un patrimonio di codici di rappresentazione che inconsciamente iniziamo ad applicare o a rifiutare come schemi dell’agire. Il cinema può essere il collante dei nostri ricordi oppure può lubrificare lo stridere dei nostri pensieri, aiutandoli a fluire come senza modelli non saprebbero fare.

Il film – Casablanca di Michael Curtiz (Usa, 1942) in questo caso –  stimola il risveglio delle memorie, evoca immagini mentali. È visto, dunque, come l’ennesima nuova declinazione di una madeleine proustiana. Un richiamo complesso e sfaccettato ai tempi che furono, sia al contesto spazio-temporale della prima visione, cronotopo imprescindibile che segna la nascita di una specifica esperienza, sia alle successive avvenute nel corso della vita, nonché alle epoche delle quali il film restituisce una descrizione (data di produzione, tempo d’ambientazione). Augé ricorda i piaceri dell’esperienza spettatoriale, a partire dalle sue prime frequentazioni cinematografiche insieme ai genitori durante l’infanzia: “il cinema, o meglio i vecchi film che si vedono nel Quartier Latin mi ispirano un sentimento di «déjà vu» o di «déjà vécu» che duplica la mia gioia perché due piaceri, normalmente incompatibili, vi si fondono: l’aspettativa e il ricordo”. Il nome Casablanca ricorda all’autore uno zio ufficiale di marina che durante la Seconda Guerra Mondiale si trovava proprio in quella città, un giovane sopravvissuto ad avventure mozzafiato e purtroppo rimasto vedovo molto presto: “un bel ragazzo di trentacinque anni, saltato fuori direttamente dalla storia, il cui dolore non era riuscito a soffocare la voglia di vivere; un eroe cinematografico in attesa di sceneggiature, al quale la vita non ne avrebbe più offerte di altrettanto gloriose”.

I film per Marc Augé sono “detonatori di ricordi” e, attraverso successive visioni, si può “misurare la differenza tra l’immagine della memoria, che ha vissuto la propria vita, e quella dello schermo, che non si è mossa”. Il montaggio affascina l’antropologo, che lo osserva come una tecnica attraverso la quale la tecnologia riesce a costruire una narrazione, tagliando gli “ingorghi” della vita quotidiana, lasciandoli fuoricampo e concedendo spazio soprattutto ai momenti decisivi. Le riflessioni sull’essenza del cinema si alternano, nel libro, con i ricordi personali, concorrendo a tessere le trame di una tela resistente, che restituisce ai lettori la capacità dell’autore di essere testimone, al tempo stesso, della propria epoca e della propria vita privata, lasciando che le due non scorrano in parallelo, ma s’intersechino in nodi rappresentati dai film: monumenti immutabili al tempo che fugge, luoghi impossibili da visitare, ma piacevoli da osservare come immensi panorami.

“Il miracolo del cinema sta nel fatto che ci impone l’evidenza fisica di eroi che conservano la loro giovinezza, mentre noi invecchiamo. (…) Ma questa giovinezza preservata non ci ispira nessuna nostalgia. Preserva la nostra, risuscita immagini immutate e ci dà la prova che abbiamo vissuto…”.

TITOLO: Casablanca; AUTORE: Marc Augé; EDITORE: Bollati Boringhieri; ANNO: 2008; PAGINE: 85; PREZZO: 9,00 €

 


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