A History of Violence: la violenza targata Cronenberg PDF 
Andrea Bernardini   

A History of Violence depista uno spettatore abituato ad un certo cinema contemporaneo. A seconda del lato da cui si guardi la storia di Tom Stall (Viggo Mortensen) il film cambia radicalmente. Ad un prima (disattenta) visione la storia di questo killer redento ci appare quanto mai scontata, scialba e poco incisiva. Ma Cronenberg è un maestro, ce lo ha dimostrato più di una volta, non possiamo farci illudere dalle apparenze e per questo bisogna saper vedere oltre. Oltre quella finta patina mainstream per scoprire un film a tratti meraviglioso.Un bravissimo Viggo Mortensen è un padre affettuoso di una normale famiglia di provincia, ma quando uccide due malviventi nella sua tavola calda, la sua vita cambia radicalmente. Diventa un eroe nazionale, insieme agli immancabili media tornano vecchie ombre (o presunte tali) a minare la sua vita e quella dei suoi cari.

Il plot è semplice, lo sviluppo è prevedibile. A distinguerlo dalla media dei film in circolazione sono: un cast di attori in stato di grazia (una menzione speciale ai cattivi Ed Harris e William Hurt) e il modo in cui Cronenberg filtra tutto attraverso il suo occhio attento e critico. Il regista canadese modella questo universo narrativo, facendo rinascere letteralmente un film che in mano altrui sarebbe stato da cestinare al volo. Impresa ardua quella di partire da una sceneggiatura (per la prima volta non sua) tratta da una graphic novel, cadere nel tranello della trasposizione da fumetto a cinema era facile, soprattutto visti gli illustri precendenti. Vedi Sin City o V per vendetta. In un film dove il tema principale è la violenza, il pulp tarantinato è lontano anni luce. L’incipit è chiaro: i veri assassini uccidono. Una violenza nuda e cruda, senza sconti ne effetti. Non ci sono movimenti coreografici e stilizzati, ogni azione è fredda e cruda nelle sue conseguenze.

A Cronenberg interessa l’America e i suoi difetti, con A History of Violence fa i conti con la sua natura di nazione. Una violenza, intrisa nella storia di uno stato che è quanto mai disperso nei suoi principi guida e le sue contraddizioni, motore di questo dramma familiare. Dramma che viene dispiegato attraverso, in una rilettura moderna, quei generi che fecero grande Hollywood nel mondo. I due assassini entrano nella tavola calda del protagonista e ordinano un caffè; una volta erano banditi in un saloon e bevevano whisky, niente colt ma armati di semiautomatiche pronti a scontrarsi con l’eroe di turno. Il western caro a ogni buon regista è servito. Di lì a poco si passa all’altro grande genere americano doc, il noir. Un Ed Harris sfregiato ed inquietante, arriva portando un po’ di nero (macchina e vestiti) in una fin troppo grigia cittadina. Nessun gioco di luci ed ombre, ma un passato oscuro che ritorna, per ricordare a Tom Stall e tutti noi, che chi siamo stati lo saremo sempre nel bene o nel male. Infine il melodramma, quella che era una famiglia felice crolla come un castello di carte nelle sue fondamenta. Un figlio che affronta il mondo con rabbia e non più con le semplici parole, una moglie che non guarda più il marito con gli stessi occhi, e quei tre estranei morti in giardino che ti impediscono di nascondere verità mai raccontate. Tutto da ricostruire. L’obiettivo diventa ritornare a quella anonima e ripetitiva, ma forse felice, vita di prima. Questo il fine, la violenza il mezzo. Vero modus operandi, tipicamente americano, di raggiungere i propri scopi. Scappare non è contemplato e neppure chiedere pietà, ma continuare a macchiarsi quelle mani già intrise di sangue da generazioni e generazioni, sì questo è possibile.

Non basta chiudere la porta di casa per lasciarsi tutto alle spalle, la violenza è la fuori e tornerà a bussare anche se abiti nella più sperduta provincia americana. Unica scelta affrontarla, e dopo la tempesta, sperare di poter lavar via i propri peccati con l’acqua di un freddo lago all’alba di un nuovo giorno.

 


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