È evidente come la candidatura a nove premi Oscar fosse un po' troppo sopra le righe (l'aggiudicazione di una sola statuetta a Jennifer Lawrence come miglior attrice ha poi dato conferma che ci si era fatti prendere la mano), ma Il lato positivo di David O. Russell, per quanto non si possa definire un capolavoro, è una piccola delizia. Una sorta di fiaba moderna, un po' meno banale delle tante che si trovano in circolazione, ma che forse avrebbe potuto spingersi oltre per superare la barriera della convenzionalità, cinematografica e letteraria (la pellicola è tratta dal romanzo di Matthew Quick L'orlo argenteo delle nuvole). Certo, affrontare il tema del disagio psichico, l'ossessione, l'amore, la gelosia, in modo così leggero come ha fatto Russel non è impresa semplice. Si deve riconoscere all'autore la capacità di aver costruito bene i personaggi e le manie che li contraddistinguono. Benché sia solo Pat (il protagonista, interpretato da uno straordinario Bradley Cooper) ad essere stato in un centro di riabilitazione psichiatrica, chiunque lo circondi indossa le vesti del disagio esistenziale: dalla madre, così dolce da accettare anche le percosse del figlio, al padre, un maniaco compulsivo ossessionato dalle proprie teorie sulla buona e cattiva sorte.
Pat, ex insegnante di storia delle superiori, è stato appena dimesso da un istituto per malattie mentali, in cui ha soggiornato per ben otto mesi. Uscito, Pat si arma di tutte le più buone intenzioni per raggiungere un obiettivo principe: riconciliarsi con l'ex moglie, rifiutando l'idea che la loro sia una separazione definitiva. È così, nonostante la sua “pazzia” sia stata determinata dall'aver sorpreso la moglie con un altro uomo, comincia il suo percorso per arrivare ad essere l'uomo che la moglie ha sempre desiderato: comincia a fare jogging ogni giorno (la moglie lo voleva più magro), a leggere i libri che lei propinava ai suoi alunni, e si impegna a controllare i propri sbalzi di umore sforzandosi di trovare sempre “il lato positivo delle cose”. Ed è in questo percorso che si imbatte in una bella e altrettanto problematica vicina di casa, Tiffany (vedova di un poliziotto morto poco prima, dolore che la costringe anch'essa a cure psichiatriche; così bella da non poter controllare il rapporto con la propria libido, segno tangibile di un disagio mentale), che, promettendogli di consegnare all'ex moglie di Pat una sua lettera, lo coinvolge come partner di ballo per un concorso a cui, di lì a poco, avrebbero dovuto partecipare. Ed è qui che si consuma il “miracolo”: Pat sente l'impegno come il sintomo di un rigore che aveva perso e ritrova se stesso, persino il rapporto con il padre, quel dolce ed appassionato Robert De Niro, che meglio non poteva fare in quel ruolo.
Insomma Il lato positivo è tale se così lo si vuole prendere. Potrebbe essere un affronto per i più rigorosi, che si troverebbero sul grande schermo una pellicola che lancia un messaggio fuorviante, che sminuisce l'importanza di una tema quale la malattia psichiatrica. Ma dall'altro lato è piacevole osservare come la pesantezza dell'esistenza possa stemperarsi sotto la leggerezza di un semplice amore: quello tra due giovani, ma anche quello per un padre. Il finale è scontato, lapalissiano: lui abbandona l'idea di riconciliarsi con l'ex moglie e corre tra le braccia di Tiffany. Ma non è questo il vero epilogo della pellicola, è quel punteggio finale registrato dai due nella gara di ballo: solo 5, sufficiente, tuttavia, per far vincere al padre di Pat la scommessa che gli donerà i soldi sufficienti per aprire un ristorante. Un 5, ma non per questo sinonimo di mediocrità.
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